Le due associazioni hanno indirizzato una missiva al premier, sollecitando aiuti governativi per il comparto dell'auto messo a dura prova dall'emergenza sanitaria. La riapertura delle concessionarie da sola non basta, c'è bisogno di sussidi per una più ampia platea di consumatori. Altrimenti si rischia sia la perdita di posti di lavoro che il ridimensionamento economico del nostro Paese
L’Unione Industriale di Torino e Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica) hanno scritto una lettera al Premier Giuseppe Conte per chiedere un intervento urgente a sostegno del comparto automotive, messo alla corde dal Covid. La riapertura delle concessionarie, prevedibilmente, non è stata sufficiente a rimettere in moto le vendite di automobili, che fra marzo e aprile si sono praticamente azzerate (e maggio non lascia presagire nulla di buono). “Sollecitare un intervento governativo è vitale per recuperare l’operatività del settore automotive e la sua capacità di sviluppo decisiva per il progresso economico”, scrivono il presidente dell’Unione Industriale di Torino, Dario Gallina, e il presidente di Anfia Paolo Scudieri.
“Il Covid-19 ha impresso una svolta drammatica al settore dell’automotive, determinando una paralisi senza precedenti in termini di domanda e di produzione. Serve modellare una politica di sviluppo industriale in grado di sostenere un lungimirante riavvio del settore automobilistico per garantire una ripresa economica. Purtroppo non abbiamo ritrovato adeguata sensibilità e attenzione per l’automotive nel contesto dei provvedimenti governativi fino ad ora assunti. Esistono misure che possono essere adottate subito e che possono sbloccare lo stallo del mercato dell’auto, che darebbero un rilancio all’intero settore, e avrebbero, tra l’altro, anche un effetto leva per le casse dello Stato, che vedrebbe ripagati gli sforzi temporanei con un incremento di gettito, come sempre garantito da vendita, possesso e utilizzo dei veicoli”, si legge nella missiva.
Pertanto, Unione Industriale e Anfia propongono di stabilire incentivi che, oltre a permettere ai consumatori di sostituire la vettura, consentirebbero “una riduzione delle emissioni generate dal parco circolante e darebbero sostegno alle oltre 300.000 famiglie che vivono grazie al settore automotive, facendole tornare al lavoro e risparmiando anche le tante risorse oggi spese per la cassaintegrazione”. Così, come anche già chiesto da Unrae e Federauto, si fa richiesta di incentivare i veicoli in stock rimasti invenduti nelle concessionare ed estendere l’ecobonus alle vetture con emissioni medie di anidride carbonica comprese fra 61 e 95 g/km, “allargando così la platea dei beneficiari, pur restando in linea con gli obiettivi europei di graduale decarbonizzazione della mobilità”.
I due presidenti, inoltre, chiedono al Presidente del Consiglio “che il governo italiano si faccia promotore di un’istanza di politica industriale a Bruxelles, presso gli organi comunitari, per attuare una politica di raccordo con le istituzioni europee e di pressione sul livello comunitario”, poiché “le filiere produttive dell’auto si stanno ridislocando su basi continentali e se le imprese italiane non saranno coinvolte in maniera determinante, si rischia non solo il ridimensionamento economico dell’Italia, ma una perdita di efficacia dell’industria europea nel suo complesso”.