La ricerca per arginare, combattere, curare e un giorno prevenire Covid 19 prosegue senza sosta. Una “polvere” ottenuta dalle staminali mesenchimali potrebbe contrastare i danni al polmone provocati dalla malattia scatenata dal coronavirus Sars Cov 2. La tecnologia per ottenerla è stata messa a punto e brevettata dall’Università di Pavia e pubblicata sulla rivista Cells, e se gli studi clinici ne confermeranno l’efficacia, già mostrata dai test in laboratorio, potrà consentire una produzione low cost. Quello contenuto nella polvere è il ‘secretoma’, un pool di sostanze prodotto dalle mesenchimali costituito da un cocktail di proteine, lipidi, materiale genetico e altre molecole che, nel loro complesso, mostrano nei test preclinici effetti antinfiammatori, rigenerativi e anti-fibrotici. “Il secretoma che stiamo studiando è prodotto dalle cellule staminali mesenchimali, che si trovano in vari tessuti, fra cui midollo, grasso, cordone ombelicale e anche placenta – spiega Maria Luisa Torre, ideatrice del progetto e responsabile del Cell Delivery System Lab dell’Università di Pavia -. L’Italia è in prima linea nell’impiego clinico di queste cellule nel Covid 19, perché possono avere un effetto terapeutico e una funzione rigenerativa sull’apparato respiratorio colpito da Covid, proprio attraverso il mix di sostanze che producono”.
Se le cellule staminali sono già classificate come un prodotto medicinale, il secretoma non è ancora un farmaco ma, se si confermasse sicuro ed efficace come le cellule staminali da cui deriva, potrebbe diventarlo grazie al processo di trasformazione in polvere frutto della ricerca italiana, che lo rende utilizzabile per somministrazione inalatoria o iniettabile. Il vantaggio è che potrebbe essere prodotto su larga scala a costi accessibili e sarebbe più facilmente disponibile per un elevato numero di pazienti, anche nei paesi in via di sviluppo, dove non ci sono risorse e strutture idonee per la terapia cellulare.
Due studi sono già attivi in Cina su volontari sani o con Covid-19, per valutarne sicurezza, nel primo caso, e l’efficacia nel secondo; e anche in Italia sono state avviate sperimentazioni sull’animale che si spera possano arrivare presto in clinica. “Nonostante le ricerche siano ancora limitate, il secretoma sembrerebbe efficace e soprattutto sicuro: non si sono mai osservati effetti collaterali, anche a dosaggi elevati – riprende Torre – per esempio ha un basso rischio di indurre embolie dopo la somministrazione, non ha indotto la comparsa di tumori, e sembra essere immuno-privilegiato proprio come le cellule staminali da cui deriva. In altri termini, può essere impiegato anche un secretoma ottenuto da un soggetto non istocompatibile senza che si attivi una risposta immunitaria”.
“Il secretoma può essere prodotto in laboratorio e, anche in assenza delle cellule, potrebbe regolare la risposta immunitaria e infiammatoria, stimolare i tessuti e ridurre la fibrosi polmonare che deriva dall’infezione – afferma Elia Bari, ricercatore del Dipartimento di Scienze del farmaco dell’Università di Pavia, ideatore della nuova tecnologia e autore dello studio pubblicato su Cells -, Con la tecnologia tutta italiana che abbiamo messo a punto è possibile anche trasformarlo in una polvere liofilizzata e confezionarlo in fiale come un farmaco. I prototipi di soluzioni iniettabili o inalabili esistono già – aggiunge Elia Bari – ma se il secretoma diventasse farmaco potrebbe essere prodotto su larga scala a costi paragonabili a quelli dei tradizionali farmaci biologici e sarebbe più facilmente disponibile per molti pazienti anche nei Paesi in via di sviluppo dove la terapia cellulare non può essere usata per mancanza di risorse e strutture”.
Intanto StemNet, la Federazione delle associazioni ricerca sulle cellule staminali, si è dichiarata favorevole all’uso clinico di terapie cellulari contro Covid 19. “Non sono completamente chiariti i meccanismi di efficacia e non possiamo affermare con certezza la validità di questo approccio terapeutico, che sembra riconducibile alle attività antinfiammatorie e di protezione del danno ai tessuti – interviene Augusto Pessina, presidente di StemNet e membro del Centro di Ricerca Coordinata StaMeTec dell’Università di Milano – Tuttavia, tenuto conto della notevole sicurezza delle cellule staminali/stromali mesenchimali e dei loro prodotti – aggiunge – secretoma e vescicole extracellulari, è auspicabile valutarne un uso clinico mirato in pazienti gravemente compromessi e a rischio della vita, seguendo necessariamente le attuali normative della sperimentazione clinica di fase I/II o all’interno di usi compassionevoli”.