La Lega di Serie A vuole a tutti i costi gli ultimi 230 milioni (la gran parte dall'emittente Comcast) previsti dal contratto triennale siglato tra le parti. La scadenza era fissata a inizio maggio, ma da Rogoredo non hanno fatto saper nulla. Quei soldi sono vitali per la sopravvivenza di molti club, specie ora che il virus ha chiuso gli stadi e mette seriamente a rischio la conclusione dei campionati (confermata la quarantena di due settimane per i calciatori). Ma proprio la pandemia è la causa della resistenza di Sky, che non vuole pagare per un prodotto falsato o, quantomeno, vorrebbe uno sconto corposo. La guerra di carte bollate è partita, sullo sfondo c'è il prossimo contratto triennale
Sono sposati da quasi vent’anni, non possono fare a meno l’una dell’altro, ma rischiano di finire in tribunale. Serie A e Sky sono ai ferri corti. Il calcio pretende tutti i soldi dei diritti tv del campionato in corso, anche se non si gioca da oltre due mesi, convinto che il campionato riprenda presto (ma non è detto finisca: il Comitato tecnico scientifico ha confermato la quarantena obbligatoria di 2 settimane in caso di nuovi positivi, altro che riduzione). Di sconti o rinvii, quelli proposti dalla pay-tv, non ne vuole sentir parlare. Così è pronta a fare causa a Sky: la Lega calcio ha deciso di presentare un decreto ingiuntivo per il pagamento dell’ultima tranche della stagione 2019/2020, che scadeva a inizio maggio e per ora non è stata onorata. In ballo tra Sky (e Dazn, il cui ruolo però è più defilato al momento) ci sono circa 230 milioni di euro, 130 solo da Sky. Vitali per i club e tutto il sistema.
Non è la prima volta che tv e pallone si ritrovano a un passo dalla separazione. Era successo nemmeno troppo tempo fa, ai tempi della rivoluzione del canale della Lega e dell’offerta degli spagnoli di MediaPro, dei ricorsi incrociati, fino alla pace sancita dal nuovo contratto che ha legato il calcio e Sky per altri tre anni. Poi però è arrivato il Coronavirus. I club sono con l’acqua alla gola, hanno bisogno di tutti i ricavi possibili per superare la pandemia. Il colosso ex Murdoch ora Comcast non se la passa meglio: senza partite gli ascolti sono crollati, l’emittente ha dovuto offrire ai suoi abbonati (inviperiti) un mini-rimborso per l’offerta più che dimezzata, i conti non tornano. Da nessuna parte.
Il calcio sta facendo i salti mortali per tornare a giocare, per una sola ed unica ragione: è convinto che se la stagione si concluderà, in un modo o nell’altro, incasserà i milioni dei diritti tv e sarà salvo. I contratti dicono questo. In realtà che ciò succeda non è così pacifico: in piena emergenza, già ad aprile, da Sky avevano fatto sommessamente notare che pure in caso di ripresa, trasmettere 12 giornate di un torneo falsato in piena estate ad orari improbabili non sarebbe stata la stessa cosa di un’appassionante corsa scudetto. Hanno chiesto uno sconto, almeno 120-140 milioni di euro, nella migliore delle ipotesi, quella di ripresa. Figuriamoci in caso di annullamento. I termini per il bonifico scadevano a inizio mese ma Sky ha fatto finta di nulla: a pagare non ci pensa nemmeno, almeno fino a quando non sarà chiaro il destino della stagione. Lo stesso Dazn, però loro almeno non hanno chiesto alcuno sconto, per questo per il momento non sono previste azioni legali.
La rottura annunciata adesso si è concretizzata: il Consiglio di Lega “ha confermato, per quanto riguarda il rapporto con i licenziatari dei diritti audiovisivi, la linea del rispetto dei contratti“. Tradotto: i 20 club di Serie A già da domani potrebbero presentare i primi decreti ingiuntivi. In realtà anche su questo in Lega c’erano idee diverse: alcuni club storicamente vicini alla pay-tv (come ad esempio la Juventus) erano più disponibili al confronto, stessa linea caldeggiata dai vertici della Lega. Ma di fronte alla prospettiva delle casse vuote, ha prevalso la linea dura, di chi vuole far rispettare i contratti (che lasciano pochi margini alla pay-tv, soprattutto in caso di ripresa), di chi pretende tutto e subito, a partire da Claudio Lotito, ma anche di Aurelio De Laurentiis, fra i più intransigenti.
In realtà, la trattativa sullo sconto non è altro che il prologo a quella per i diritti tv 2021/2024. All’orizzonte c’è il prossimo bando, per cui il colosso Comcast potrebbe non essere disposto a sborsare più di mezzo miliardo, mentre la Serie A ne pretende il doppio. In ballo c’è il futuro della principale emittente satellitare del Paese, la sopravvivenza del sistema calcio, il piano del famoso canale della Lega acceso e spento in fretta e furia un paio d’estati fa, che ora sarebbe di nuovo d’attualità se non fosse per la pandemia. Ma tutto questo può aspettare: adesso gli avidi presidenti del pallone vogliono solo i soldi dell’ultima parte del campionato, senza cui rischiano di fallire.