La Sardegna e la Sicilia da un lato, il sindaco di Milano dall’altro. In mezzo, i test sierologici che diventano il terreno di scontro in vista della riapertura dei confini regionali a partire dal 3 giugno, una data che resta ancora in bilico in attesa degli ultimi dati in arrivo venerdì. Così mentre Beppe Sala lancia una sorta di anatema nei confronti di quei territori che vogliono imporre la ‘patente’ di immunità ai turisti in arrivo, il governatore sardo Christian Solinas prova a incanalare in un percorso istituzionale ai massimi livelli l’introduzione dei certificati sanitari. Un’apertura totale è avversata anche dal sindaco di Napoli: “Se dovessi decidere adesso, a mio avviso, non ci sono le condizioni per consentire liberamente uno spostamento dalla Lombardia e dal Piemonte verso le altre regioni a meno che non si garantisca la previa acquisizione del tampone negativo che sarebbe la soluzione ottimale perché pure non consentire alle persone di viaggiare dopo tanto tempo è una limitazione forte”. L’ultima parola sulla realizzabilità del ‘passaporto’ spetta al governo, che in questi giorni ha già frenato. Ma la via scelta dalla Sardegna è ormai chiara.
La proposta della Sardegna
Solinas ha intenzione di chiedere un passaggio in Conferenza delle Regioni poi, se ci sarà il via libera, il 29 maggio l’idea arriverà alla Conferenza Stato-Regioni. Un passaggio cruciale per comprendere le intenzioni dell’esecutivo che finora è sempre stato contrario. La proposta della Sardegna finora è appoggiata solo dalla Sicilia, ma ha già provocato la reazione di Sala: “Parlo da cittadino, prima ancora che da sindaco. Quando deciderò dove andare per un weekend o una vacanza me ne ricorderò”, ha avvisato nel quotidiano messaggio su Facebook. Ma la Sardegna è ormai in marcia per la sua battaglia. L’assessore alla Sanità Mario Nieddu ha trasmesso la proposta al coordinatore della commissione Sanità in conferenza delle Regioni, il collega del Piemonte Luigi Icardi, anche lui leghista. Ottenuto l’ok, la proposta dovrebbe entrare sotto forma di ordine del giorno in Conferenza Stato-Regioni entro venerdì 29. L’idea della Regione è quella di inserire questi test nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) per pazienti sintomatici (per i quali sarebbero gratuiti), mentre gli asintomatici pagherebbero l’esame. I tempi, in ogni caso, stringono se si vuole partire già dal primo giorno di mobilità interregionale. In base ai dati che saranno diffusi il 29 maggio, il governo stabilirà se e tra quali Regioni italiane permettere gli spostamenti da quattro giorni più tardi.
La polemica Sala-Solinas
“Vedo che alcuni presidenti di Regione, ad esempio quello della Liguria, Giovanni Toti, dicono che accoglieranno a braccia aperte i milanesi. Altri, non li cito, dicono ‘magari se fanno una patente di immunità’ è meglio. Qui parlo da cittadino, prima ancora che da sindaco. Quando deciderò dove andare per un weekend o una vacanza me ne ricorderò“, è stato il messaggio di Sala. Gelida la risposta di Solinas: “Sala in materia di coronavirus dovrebbe usare la decenza del silenzio, dopo i suoi famigerati aperitivi pubblici in piena epidemia. Nessuno ha chiesto improbabili patenti di immunità, ma un semplice certificato di negatività”. Parole dietro alle quali si nasconde il timore di una Lombardia isolata anche dopo il 3 giugno, mentre il resto d’Italia riprende a viaggiare: “Ne abbiamo necessità e voglia, per andare a trovare un parente, per andare al mare o in montagna – continua il sindaco di Milano – Poi stiamo facendo bene i compiti a casa e, per esempio, la mia ordinanza di ieri va in questa direzione, cioè cercare di contenere la potenziale diffusione del Covid. Quello che il governo deciderà noi lo applicheremo, sia chiaro, però chiedo al governo, in particolare l’ho chiesto ieri al ministro Boccia, che non ce lo dicano il giorno prima, e mi sembra anche naturale, perché molti si devono organizzare”. Tra le principali incognite ci sono soprattutto i parametri che verranno utilizzati per stabilire da quali Regioni ci si potrà spostare dall’inizio del prossimo mese: “Considereranno l’R0 (l’indice di trasmissibilità potenziale del virus, ndr), il numero di tamponi fatti, le persone in terapia intensiva, cosa? – chiede Sala – In fondo, io credo che sia giusto dare questo tipo di informazione, sarebbe anche carino che ce lo dicessero, poi qualcuno deciderà e noi applicheremo. Ma in questa situazione credo che l’essere partecipe di quello che sta succedendo sia fondamentale”.
I parametri di vautazione
Il nodo delle riaperture sarà sciolto solo quando si saprà quali saranno i parametri e gli indici che il governo deciderà di prendere maggiormente in considerazione per scegliere la strategia in vista del 3 giugno. Come riporta il Corriere, la Regione più attenzionata resta la Lombardia che, però, mostra numeri incoraggianti. “L’incremento dei nuovi casi oggi avanza percentualmente sotto l’1% contro le punte del 30% di marzo – si legge -, quando si sono registrati fino a 3.200 nuovi casi in un giorno (l’indice è sceso stabilmente sotto il 10% a fine marzo, e poi al 2-3% ad aprile). I nuovi ricoveri sono inferiori ai dimessi ormai dal 6 aprile, lo stesso avviene per le terapie intensive”. Nel suo ultimo bollettino settimanale, pur invocando prudenza e responsabilità, il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, ha comunque lanciato un messaggio positivo: “Trend in netto calo”, ha detto dopo che l’ultimo Rt, l’indice di trasmissibilità di una persona infetta, si era attestato allo 0,5. Ma da tenere in considerazione sono anche l’indice di rischio netto e l’indice di rischio potenziale, rispettivamente i “nuovi contagi settimanali” e il “numero di malati complessivi” su 10mila abitanti. È anche su questi parametri che si concentrerà l’attenzione degli esperti per decidere il via libera ai movimenti extraregionali. Ad esempio, in base all’ultimo monitoraggio, “la Lombardia ha 2,4 nuovi contagi a settimana ogni 10mila abitanti. Il Veneto e la Toscana 0,4, Sardegna e Sicilia lo 0,1. In sintesi vuole dire che, vivendo in Lombardia, il rischio di sviluppare la malattia nel corso di una settimana è pari a 2,4 casi ogni 10mila abitanti”. In assoluto, conclude il Corriere, visti i 24.477 malati attuali, in Lombardia sono presenti e ancora potenzialmente infettivi 24 soggetti ogni 10mila abitanti, contro la media italiana del 9,2.
Esperti divisi
Proprio tenendo conto di questi parametri, gli esperti intervistati dal Corriere lanciano l’allarme: “Attenzione, i rischi di questa corsa folle verso la normalità sono altissimi. Se la circolazione riparte, la situazione ancora difficile di alcune regioni potrebbe estendersi anche a quelle con zero contagi”. Non è dello stesso avviso, però, il presidente del Consiglio superiore di sanità (Css) e componente del Comitato tecnico scientifico della Protezione civile, Franco Locatelli, che in un’intervista al Messaggero ha detto che “non ci sono allarmi particolari che arrivano dagli indicatori. Io mi auguro che Piemonte e Lombardia siano pronte”. A rafforzare la sua tesi, spiega, c’è anche il fatto che la Lombardia, “tra prima e seconda valutazione, è scesa dal ‘livello 3’ al ‘livello 2’. Entreranno in gioco anche considerazioni differenti che verranno fatte dal governo con i presidenti delle Regioni. Penso che si possa arrivare ad avere un approccio allargato anche a Piemonte e Lombardia. Le condizioni esistono, ma aspettiamo i dati di questi giorni”.