Oltre tremila agenti schierati intorno al Parlamento locale, impegnato nella seconda lettura della contestata legge sul “rispetto dell’inno nazionale” della Cina e di quella sulla sicurezza nazionale in arrivo da Pechino. Fuori dal palazzo i rappresentanti di oltre 30 sindacati e centinaia di studenti che protestano ancora una volta contro Pechino e per la loro libertà. Solo questa mattina circa 300 persone sono finite in manette a Hong Kong, accusate di “sospetta partecipazione a manifestazioni non autorizzate” e gli agenti hanno sparato proiettili urticanti per disperdere gli attivisti. “Vogliamo difendere la nostra libertà di espressione”, ha detto una 22enne al South China Morning Post. “Questa non sarà più Hong Kong – ha aggiunto – diventerà solo un’altra città cinese”. E mentre Donald Trump ribadisce il suo appoggio ai manifestanti, la Cina avverte che “prenderà le necessarie contromisure contro le forze esterne che interferiscono su Hong Kong“.
L’aiuto di Taipei – Date le tensioni, Taiwan – in polemica con Pechino sulla gestione dell’emergenza coronavirus e sulle pressioni delle autorità centrali per escluderla dal vertice Oms – ha deciso che il governo lancerà un piano di assistenza a favore di chi arriverà dall’ex colonia. Il Mainland Affairs Council, l’agenzia dell’isola che cura i rapporti con la Cina continentale, metterà a punto un progetto e lo attuerà dopo il coordinamento coi vari dipartimenti coinvolti, il “prima possibile”. Il governo finanzierà il piano focalizzato su diritto di residenza, accoglienza e cura per gli hongkonger in cerca di rifugio a Taiwan.
Le leggi contestate – In Parlamento si discute il controverso disegno di legge del ‘National Anthem Bill‘ per far rispettare anche nell’ex colonia inglese l’inno nazionale cinese (la ‘Marcia dei Volontari’): ogni abuso o insulto all’inno può essere sanzionato con multe fino a 6.450 dollari e 3 anni di carcere. La votazione dovrebbe avvenire il 4 giugno, giorno della grande veglia a lume di candela a Victoria Park a ricordo del massacro di Piazza Tiananmen del 1989 e della fine delle restrizioni imposte dal governo locale per prevenire il Covid-19. Mentre la legge sulla sicurezza nazionale in discussione a Pechino, che sarà votata giovedì dal Congresso, includerebbe – secondo alcune bozze – un generico “divieto di attività che possano seriamente danneggiare la sicurezza nazionale” a Hong Kong, escludendo i giudici stranieri dell’ex colonia dall’esame dei relativi casi ed alimentando i timori sull’indipendenza del sistema giudiziario in base al modello ‘un Paese, due sistemi’. In pratica il provvedimento prevede di vietare tutte le attività considerate secessioniste e sovversive, nonché interferenze straniere e terrorismo nel territorio semi-autonomo.