Il tranviere, ritenuto responsabile di aver ucciso la 19enne con 85 coltellate il 7 febbraio 2018 nel proprio appartamento in via Brioschi, era già stato condannato in primo grado a passare il resto della vita in carcere: all’uomo era stato inflitto anche l’isolamento diurno
Condannato a passare il resto della sua vita in carcere. La Corte d’assise d’appello di Milano ha confermato l’ergastolo con il rito abbreviato per Alessandro Garlaschi, il tranviere accusato dell’omicidio di Jessica Valentina Faoro, la ragazza di 19 anni uccisa con 85 coltellate il 7 febbraio 2018 nell’appartamento dell’uomo in via Brioschi. Collegato in videoconferenza durante il processo a porte chiuse l’uomo ha chiesto “scusa” per quel che ha fatto. E rivolto alla corte ha aggiunto: “Se mi fate uscire e mi fate ritornare a una vita normale, lavorerò e risarcirò il danno“.
La Corte d’assise d’appello ha accolto la richiesta di conferma della condanna già inflitta in primo grado a Garlaschi, ora 41enne, dal sostituto procuratore generale Daniela Meliota nel corso del processo che si è svolto a porte chiuse. I genitori della giovane vittima erano presenti in aula, mentre l’imputato ha assistito dal carcere in videoconferenza ed è proprio in collegamento che l’uomo ha chiesto “scusa” per l’omicidio. Rivolgendosi alla corte il tranviere poi ha aggiunto: “Se mi fate uscire e mi fate ritornare a una vita normale, lavorerò e risarcirò il danno“.
Respinta, invece, la richiesta della difesa di una perizia per accertare la capacità di intendere e volere dell’uomo al momento del fatto e la capacità di stare in giudizio, supportata dalla consulenza con il professor Alessandro Meluzzi, psichiatra e criminologo, che ha sostenuto la seminfermità mentale di Garlaschi. “Riproporremo l’istanza in Cassazione – ha sottolineato l’avvocato difensore Francesco Santini – Impugneremo la sentenza dopo aver letto le motivazioni”. Per la madre della vittima, invece, l’ergastolo per il tranviere non è sufficiente. “È stata fatta giustizia e per questo Jessica almeno potrà stare tranquilla – ha commentato la mamma di Jessica, Anna Maria Natella, presente in aula – Ma nulla potrà ridarmi quel che ho perso”.
La vicenda risale ormai a due anni fa. L’uomo aveva offerto alla ragazza una stanza in casa sua in cambio di lavori domestici. La sera dell’omicidio la giovane si era rifiutata di “intrattenere Garlaschi con giochi erotici da lui pretesi”, aveva spiegato il gup Alessandra Cecchelli nelle motivazioni della sentenza con cui lo aveva condannato all’ergastolo in primo grado. Jessica, tra l’altro, aveva espresso la volontà “anche poche ore prima dell’omicidio di andarsene definitivamente dall’abitazione dell’uomo”, perché “troppo opprimente per le continue richieste di attenzioni e prestazioni sessuali“.
Oltre il carcere, all’uomo era stato inflitto anche l’isolamento diurno – oltre che per omicidio – anche per vilipendio di cadavere, per aver provato a bruciare parti del corpo della giovane, e per sostituzione di persona, per aver fatto credere a Jessica che sua moglie fosse sua sorella. Il giudice aveva anche disposto risarcimenti per 25mila euro ciascuno al padre e la madre della vittima, di 50mila euro per il fratello Andrea e di 10mila euro per il Comune di Milano.