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di Lorenzo Giannotti
È passato più di un mese dalla famosa frase che Giuseppe Conte pronunciò in una delle conferenze stampa da palazzo Chigi: “Questo governo non lavora col favore delle tenebre”. I destinatari di quella affermazione lo accusavano di aver ratificato e chiesto l’aiuto del Mes nottetempo, senza interpellare il Parlamento e una serie di altre fake news (in italiano ‘vaccate’) sciorinate senza senso del pudore alcuno.
“Conte accetta il Mes, vergogna!”, si leggeva sui profili social ufficiali di Lega e Fratelli d’Italia, e via con la solita propaganda fatta dalle stesse quattro striminzite paroline ripetute in maniera martellante. Ma la verità viene sempre a galla, o perlomeno spesso, e la verità è che Conte fu il primo leader europeo a dichiarare apertamente che quello strumento non era adeguato per rispondere a una crisi di queste dimensioni, e a iniziare una battaglia per ambire a qualcosa di nuovo e più efficace.
Non ha mai cambiato idea (caso strano per un politico), anche quando all’interno della maggioranza stessa iniziava a far breccia la voglia di accedere ai 37 miliardi di prestito garantiti dal Meccanismo europeo di stabilità. Ha tirato dritto con coraggio, tenacia e anche un pizzico di testardaggine, senza cedere di un millimetro insieme ad altri capi di stato, facendo l’unica cosa che si può fare quando si discute con altri paesi: trattare, e quindi presentarsi ai tavoli, abitudine sconosciuta al nostro ex ministro dell’Interno.
Un mese e mezzo dopo, ecco la proposta della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: 750 milardi di euro per il Recovery Fund, di cui 172,7 (81,8 a fondo perduto!), la fetta più grossa della torta, sarebbero destinati all’Italia. Ora, io non sono un grande esperto di economia, ma mi sembrano abbastanza più cospicui dei 37 miliardi del fantomatico Mes.
I negoziati non saranno finiti, fanno sapere i riottosi paesi del Nord, dediti all’austerità più forsennata fino a diventare dissennata, e la strada sarà sempre tortuosa. Ma questo primo importante segnale è una vittoria di Giuseppe Conte, che in questi anni ha saputo muoversi con disinvoltura fra i gangli della tecnocrazia europea, sventando anche due procedure d’infrazione ormai date per certe (come no) dagli esperti economici di mezzo Paese.
È la vittoria della serietà, della competenza, della compostezza, dell’impegno per costruire e non per distruggere, della politica sulla comunicazione sguaiata e consapevolmente fuorviante. E sarà anche l’unica via per la vittoria di un’Europa unita che vorrà continuare a essere tale. Non so se questo governo lavori o meno con il favore delle tenebre, ma sul fatto che lavori non nutro il minimo dubbio.