Promettevano tassi di interesse particolarmente allettanti, anche fino al 40%. Centinaia di risparmiatori in tutta Italia avevano la sensazione di trovarsi davanti a un “mago della finanza” in grado di procurare loro alti guadagni con pochi rischi. In realtà, di fronte, avevano un truffatore e i suoi compari, tutti partecipi a un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Un’organizzazione in grado di far sparire i risparmi delle vittime mediante la vendita di strumenti finanziari fasulli e assicurazioni fittizie.
Su richiesta della Dda di Reggio Calabria, il giudice per le indagini preliminari, Stefania Rachele, ha disposto il sequestro di beni per circa un milione e mezzo di euro: soldi in contanti trovati su conti correnti in Italia e a Tenerife dove il principale indagato, Pasquale Caridi, il 20 febbraio 2018 stava portando 127 oggetti preziosi (tra diamanti, collane, bracciali e Rolex) e 241 monete in argento. Ci sarebbe riuscito se prima dell’imbarco, all’aeroporto di Reggio Calabria, la Guardia di finanza non lo avesse fermato e non avesse sequestrato tutti i gioielli, per un valore di 600mila euro, che lui voleva trasferire nell’isola spagnola.
Gioielli per i quali – è scritto nel provvedimento di sequestro – “il Caridi non è riuscito a giustificare la legittima provenienza, non producendo nessuna documentazione comprovante l’acquisto”. Il comando provinciale delle Fiamme gialle e il Nucleo speciale di polizia valutaria, inoltre, hanno sequestrato alcuni terreni a Reggio Calabria e a Olbia. Oltre a Pasquale Caridi, 50 anni originario di Taranto ma residente in riva allo Stretto, il procuratore Giovanni Bombardieri, l’aggiunto Gerardo Dominijanni e il pm Marco Lojodice hanno iscritto nel registro degli indagati Gabriella Maria Ellade (compagna di Caridi) di 37 anni, Andrea Napoli di 47 anni ed Enrico Surace di 53 anni.
Tranne quest’ultimo, funzionario del Monte dei Paschi in pensione, al quale i pm contestano il reato di truffa, gli altri sono accusati anche di associazione a delinquere. Per tutti, invece, la Procura aveva chiesto l’arresto ma il gip, pur riconoscendo la gravità indiziaria, non lo ha disposto per mancanza di esigenze cautelari. Il giudice per le indagini preliminari ha invece ordinato il sequestro dei beni, finalizzato alla confisca, che rappresenta la “somma complessiva di denaro che è stata raccolta quale profitto dell’attività di abusivismo finanziario e delle provvigioni pagate agli indagati per la sottoscrizione delle finte polizze”.
“Agendo sotto lo schermo della società finanziaria Ifb Financial Service – scrive il gip – si facevano consegnare cospicue somme di denaro prospettando ai malcapitati clienti il loro reinvestimento in fondi di risparmio con percezione di tassi di interesse particolarmente allettanti”. Il sistema era semplice: per rendere più credibile lo schema truffaldino provvedevano al rimborso, ancorché solo parziale delle somme investite, in piccole “tranche” e mediante ricariche su carte prepagate.
Per tranquillizzare i risparmiatori truffati, inoltre, gli indagati facevano stipulare polizze assicurative fittizie a garanzia degli investimenti. Così Caridi e Ellade sarebbero riusciti a intascare altri soldi con falsi piani assicurativi, gestiti da Andrea Napoli attraverso la “Salva SMS”, una società nel padovano di cui era presidente del consiglio di amministrazione. In questo modo, oltre a dare una parvenza di garanzia all’investimento, incoraggiavano i potenziali clienti a stipulare i predetti strumenti finanziari.
Le indagini della Guardia di finanza hanno consentito ai pm di scoprire che gran parte degli investimenti avveniva mediante la stipula di contratti di associazione in partecipazione all’interno di strutture piramidali (i cosiddetti “Multi level marketing”), tra le quali i networks “Adamax”, “Unetenet”, “TelexFree” e “Lirbertagià”, gestiti da Pasquale Caridi che, stando a quanto emerge dal decreto di sequestro, sarebbe riuscito a truffare anche la moglie di un boss della cosca Labate. Quest’ultima, nel 2014, in un solo giorno ha bonificato 95mila euro alla società “Union Business Online Ltd”, e altri 34mila euro a Pasquale Caridi e alla sua compagna Gabriella Maria Ellade.
Il core business dei due indagati era il sistema di pacchetti di affiliazioni e di vendite, tipico del cosiddetto “Schema Ponzi”, che prospettava agli investitori un rendimento proporzionale alla capacità di reclutamento di nuovi sottoscrittori dei piani di investimento. Una sorta di “catena di Sant’Antonio” per il cui inserimento le vittime addirittura pagavano gli indagati che in realtà trattenevano gran parte delle somme investite. Per gli investigatori si tratta di “cifre considerevoli” a dimostrazione del “grosso giro d’affari intrattenuto dal Caridi e del suo ruolo preminente svolto quale promotore dell’associazione da lui messa in piedi”. Il “mago della finanza” disponeva di “considerevoli risorse finanziarie in nero” e operava anche su “conti esteri riconducibili ai network finanziari” come Emgoldex, Adamax e Unetenet”. La stessa Unetet che, nel 2015, era finita al centro di un’inchiesta dell’autorità giudiziaria spagnola per aver frodato 50 milioni di euro ai danni di 50 mila risparmiatori.