La ragazza era tornata libera due giorni dopo la morte del padre con l’accusa derubricata da omicidio volontario in eccesso colposo di legittima difesa. Poi la procura, terminate le indagini, aveva chiesto l'archiviazione
Fu legittima difesa. La coltellata con cui uccise il padre, il 19 maggio del 2019, a Monterotondo Scalo alle porte di Roma, dopo l’ennesima lite in famiglia, fu un gesto di protezione contro un padre violento. È quanto stabilito dal giudice delle indagini preliminari di Tivoli che ha archiviato l’indagine a carico di Deborah Sciacquatori, 20 anni, che colpì a morte il padre Lorenzo nel corso di una colluttazione dopo che l’uomo, ubriaco, si era scagliato contro la ragazza, la madre e la nonna.
Era tutto avvenuto un anno fa. L’uomo, aveva inseguito la figlia e la moglie in strada mentre scappavano all’alba per evitare di essere picchiate ancora una volta. Aveva colpito la compagna al volto, fino a che la ragazzina aveva tentato di fermarlo. L’uomo, un ex pugile di 41 anni, nel 2014 era stato denunciato dalla compagna per maltrattamenti e arrestato per resistenza a pubblico ufficiale. La procura di Tivoli aveva disposto l’autopsia del corpo e la ragazza era finita agli arresti domiciliari. I pm immediatamente aveva fatto sapere che avrebbero valutato “l’eventuale esistenza della legittima difesa“.
Sulla base della ricostruzione fatta dagli inquirenti all’epoca, l’uomo era rientrato a casa alle cinque di domenica 19 maggio, ubriaco, “prendendo a calci la porta dell’appartamento per farsi aprire”. Una volta entrato, aveva aggredito e minacciato di morte “la compagna di 42 anni, l’anziana madre in gravi condizioni di salute e la figlia diciannovenne che aveva tentato di proteggere la nonna”. A verbale la ragazza aveva raccontato l’incubo vissuto. “Io e mamma non credevano più nel futuro. Per questo non siamo mai nemmeno andate al pronto soccorso per farci medicare, per questo non abbiamo mai denunciato. La mia vita è stata sempre un inferno, da quando ero bambina. L’unico ricordo bello che ho di mio padre – ha detto nel verbale – è di quando tra i 6 e gli 8 anni andavamo insieme in palestra. L’amore per la boxe è l’unica cosa che mi ha lasciato”. Eppure, subito dopo averlo colpito, quando ha visto che si accasciava a terra, lo ha preso tra le braccia urlando: “Non lasciarmi papà, perdonami. Ti voglio bene”. La ragazza era tornata libera due giorni dopo la morte del padre con l’accusa derubricata da omicidio volontario in eccesso colposo di legittima difesa. Poi la procura, terminate le indagini, aveva chiesto l’archiviazione oggi accolta da giudice.