Quando mercoledì sera al Covid Hospital di Civitanova Marche il secondo paziente positivo al coronavirus è entrato nel modulo di degenza a lui destinato di sicuro non c’è stato rischio assembramento. Forzature a parte, nel primo giorno dei “Contagi Zero” per le Marche (1 solo nuovo positivo, proprio in provincia di Macerata) in serata il gruppo di coordinamento del Gores Marche ha confermato l’arrivo nel centro specialistico dell’area Fiera del secondo paziente. Il piano iniziale, però, prevedeva il trasferimento, sempre nella giornata di mercoledì, di un solo paziente dalla terapia intensiva Covid dell’ospedale di Camerino, effettivamente arrivato in giornata e seguito da uno stuolo di operatori sanitari a lui dedicati. Insomma, un ulteriore arrivo tanto per dare un senso a qualcosa che per molti di senso ne ha poco: 82 posti letto di terapia intensiva, costati una fortuna (oltre 8 milioni di euro raccolti grazie alle offerte, si dirà, quindi non sul groppone dei contribuenti), 80 vuoti e soltanto 2 occupati da soggetti colpiti da severe polmoniti interstiziali innescate dal Sars-Cov2.
I vertici sanitari della provincia di Macerata annunciano che entro lunedì, quando l’ospedale Covid di Camerino tornerà ad essere ‘pulito’ come si usa dire in gergo, arriveranno a Civitanova altri 7 pazienti oltre a quelli che verranno racimolati altrove. Nulla di tutto ciò. Oltre ai due già ricordati, uno dalla terapia intensiva e uno dalla semi-intensiva, al massimo ne arriverà un terzo, sempre dalla semi-intensiva di Camerino, secondo fonti sanitarie: “Per attivare quello scatolone semi-vuoto hanno precettato anestesisti dagli ospedali di Camerino e Civitanova che adesso ripartiranno con molta lentezza, viste le già croniche carenze di personale – spiega un medico dell’Area Vasta 3 (quella relativa alla provincia maceratese ndr.) – Senza di loro le sale operatorie non possono funzionare”.
A fine marzo, quando il governatore delle Marche, Luca Ceriscioli, ha annunciato la volontà di realizzare un Covid Hospital dedicato ai casi più gravi, l’obiettivo era il ‘Progetto 100’: solo letti di terapia intensiva e cento, non uno di meno. Le rianimazioni stavano esplodendo, pieni tutti i 220 posti di dotazione regionale. Al tempo una struttura del genere sarebbe servita come il pane: “Il Covid Hospital doveva essere pronto in 20 giorni. Non ci volevano la positività e la degenza di Guido Bertolaso subito dopo il sopralluogo ad Ancona (il 23 marzo scorso, ndr.). Il motore del Covid Hospital – spiega il presidente Ceriscioli – ha bloccato un iter collaudato e ci ha fatto perdere più di un mese. Ho scelto lui per quanto progettato alla Fiera di Milano a favore della Regione Lombardia. Bertolaso uomo della destra è un argomento di cui mi importa poco. A quel tempo sembrava la fine, non avevamo più posti letto di terapia intensiva e i dirigenti della sanità marchigiana suggerivano di costruire un ospedale dedicato per fronteggiare l’emergenza ed avere pronta una struttura per future minacce pandemiche”. “Personale sanitario precettato? – continua – Di volontari ce ne’erano pochi, non è stato possibile fare altrimenti. Lo so, è il modo peggiore, ma con i sindacati non siamo arrivati ad un accordo. Peccato, avevamo previsto anche degli incentivi che il fallimento della trattativa ha cancellato”.
I tempi per l’avveniristico progetto, fotocopia del flop del Fiera Hospital a Milano, si sono allungati oltremodo. Due mesi sono andati persi, nel frattempo le terapie intensive delle Marche si sono svuotate e il progetto del Covid Hospital è sceso a 82 posti letto. Al momento, dando un’occhiata alle terapie intensive rimaste attive, i numeri sembrano parlare da sé: oltre ai pazienti di Camerino, ne restano uno a Jesi, tre a San Benedetto e quattro all’ospedale regionale di Torrette di Ancona. Nessuno al momento, salvo modifiche delle cartelle cliniche, può essere trasferito, spiegano fonti sanitarie. Quelli di Torrette, in particolare, sono quasi tutti collegati in Ecmo (ossigenazione extracorporea), dunque non vanno neppure sfiorati. E poi c’è un altro dettaglio non di poco conto: “In pratica tutti i ricoverati delle terapie intensive non sono più positivi, il Covid non è più un’emergenza, i problemi sono altri e drammatici e riguardano i danni polmonari, spesso irreversibili”. Filippo (nome di fantasia per non renderlo riconoscibile) è uno degli anestesisti dell’Area Vasta 3 (provincia di Macerata) virtualmente precettati dall’Asur, l’azienda sanitaria unica regionale, per coprire i turni dell'”Astronave”, come è stato ribattezzato il Covid Hospital di Civitanova. Il rianimatore conosce a fondo la sua materia e sa di cosa ha bisogno un paziente in certe situazioni: “I casi trasferiti da Camerino al Covid di Civitanova potevano tranquillamente restare al loro posto – aggiunge – non c’era alcuna urgenza di spostarli. Stiamo parlando di un sessantenne del maceratese, tra gli ultimi ad arrivare con una brutta polmonite verso la metà di aprile, che ha superato la sua fase critica ed è in via di ripresa, si spera confermata nel tempo. Stesso discorso per l’altro, cambia solo l’età, circa ottant’anni, ma anche qui nessun bisogno di essere spostato. Io non mi sono offerto volontario – racconta – dunque sono nella lista dei precettati, ma dubito che io come tanti altri colleghi saremo chiamati a lavorare a Civitanova, quelli che ci sono bastano e avanzano”.
Per i due pazienti ricoverati al Covid Hospitale, l’Asur ha selezionato 7 anestesisti-rianimatori che, divisi in tre turni giornalieri, si occuperanno di loro. Più o meno la metà si sono offerti volontari accettando di spostare temporaneamente il luogo di lavoro nella nuova struttura, realizzata grazie alla raccolta fondi da destinare all’Ordine dei Cavalieri di Malta. I medici saranno affiancati da infermieri, ausiliari, addetti delle pulizie, tecnici e così via. Una quarantina di sanitari in tutto per occuparsi di, al massimo, 3 pazienti. Seguendo il suo istinto, in direzione ostinata e contraria rispetto alle bordate arrivate da ogni dove, il presidente Ceriscioli non cambia idea: “Pentito? Sta scherzando, aver inaugurato una struttura del genere a costo zero per i marchigiani è motivo di grandissima soddisfazione. Noi guardiamo avanti, al rischio di una pandemia di ritorno e adesso abbiamo sanato il gap degli 80 posti mancanti nel Piano Pandemico Regionale che mancava dal 2007. Qualora non dovesse servire tra il prossimo autunno ed inverno in caso di ritorno del Coronavirus, e tutti lo speriamo, abbiamo pronti diversi Piani B: così come lo abbiamo montato, tutto a pannelli a incastro, lo spacchettiamo e magari lo rimettiamo in piedi altrove, dove e quando serve”.