L’industria del sesso a pagamento non si era fermata, nonostante il Covid. A Mestre, in via Felisati, i carabinieri hanno scoperto una casa del piacere – gestita da due cinesi – che non ha mai interrotto la propria attività. Ogni giorno ha accolto fra i 30 e i 40 uomini, che hanno avuto prestazioni intime con cinque donne diverse, dai 30 ai 50 anni. Una violazione delle norme anti-coronavirus e una bomba virale innescata. Secondo quanto è stato accertato dai militari, infatti, il fatturato dell’appartamento “a luci rosse” è cresciuto a dismisura, vista anche la mancanza di concorrenza in città e la scomparsa di prostitute per le strade. Ogni cliente pagava, a seconda delle prestazioni, somme che andavano dai 50 ai 500 euro. I due titolari cinesi, una donna di 35 anni e un suo collaboratore di 42 anni, sono stati denunciati per sfruttamento della prostituzione.

L’attività era cominciata lo scorso novembre, ma era finita nel mirino degli investigatori sulla base di segnalazioni provenienti da residenti del quartiere che avevano notato l’andirivieni di uomini, soprattutto alla sera. La conferma è venuta da un controllo effettuato sugli annunci online. In diversi siti, infatti, le donne davano appuntamento in via Felisati, previa telefonata ai numeri indicati. Le donne identificate sono risultate tutte irregolari in Italia.

I ritmi di lavoro erano molto intensi. L’attività si svolgeva in due camere da letto, con un ingressino che fungeva da reception e sala d’aspetto. A definire il prezzo, in base alle prestazioni richieste, era la maitresse di 35 anni che chiamava una delle ragazze, che poi si appartava in una delle stanze con il cliente. Secondo quanto accertato dai carabinieri, i due titolari della “casa” sfruttavano il fatto che le immigrate fossero irregolari. Non le pagavano, ma davano loro il minimo per vivere e l’alloggio, con la promessa di regolarizzare i documenti. Ad intascare qualcosa come 200 mila euro al mese erano, quindi, solo i due sfruttatori.

Il flusso non si era interrotto neppure con il Covid. Per questo i registri dei clienti verranno confrontati con le liste dei contagiati. Dovessero essere verificate delle corrispondenze, scatterebbe anche l’ipotesi di epidemia colposa. “Trenta, quaranta clienti al giorno in una casa per appuntamenti, durante il lockdown? È un problema grave. Questi signori dovrebbero avere la coscienza civica di andare dal proprio medico, spiegare la situazione e sottoporsi agli esami necessari a verificare lo stato di salute proprio e dei propri familiari”, ha dichiarato a ‘Il Gazzettino‘ il dottor Enzo Raise, già primario di Malattie Infettive dell’Ulss 3 Serenissima, esperto di malattie sessualmente trasmissibili. “Il rapporto sessuale comporta un’enorme produzione di goccioline di saliva a distanza ravvicinata che, com’è noto, è il primo volano per il contagio. Che ci sia stato tutto questo movimento non può che far preoccupare. Queste persone ritornavano dai loro congiunti e siccome le statistiche dicono che il 25 per cento delle infezioni avvengono in un contesto intrafamiliare, chi vive accanto a questi signori potenzialmente potrebbe anche aver contratto l’infezione senza neanche sapere come”. L’invito ai clienti è quello di fare il tampone per verificare eventuale positività e asintomaticità.

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