Il direttore per la produzione statistica, Roberto Monducci, in audizione in commissione Lavoro al Senato ha spiegato che "la limitazione delle attività produttive fino a tutto aprile determinerebbe su base annua una riduzione dei consumi del 4,1% e del valore aggiunto dell’1,9%". Intanto a maggio l’indice del clima di fiducia delle imprese, a 51,1, registra "il valore minimo dall’inizio della serie storica"
Nel 2020 gli occupati in Italia caleranno di circa 400mila unità come conseguenza del Covid e del lockdown. La stima arriva dall’Istat, che in audizione sul decreto Rilancio quantifica per la prima volta l’impatto atteso delle misure di contenimento sul mercato del lavoro. Impatto che per ora non traspare dai dati, visto il blocco dei licenziamenti. Il direttore per la produzione statistica, Roberto Monducci, in audizione in commissione Lavoro al Senato ha spiegato che “la limitazione delle attività produttive fino a tutto aprile determinerebbe su base annua una riduzione dei consumi del 4,1%, del valore aggiunto dell’1,9%, con un’impatto sull’occupazione in base d’anno di circa 385 mila occupati”.
Nel primo trimestre 2020, secondo l’Istat, “le condizioni della domanda e le misure di contenimento dell’epidemia determinano una forte diminuzione del fatturato delle imprese dei servizi. La flessione ha raggiunto, su base tendenziale, valori simili a quelli registrati durante la crisi del 2008-2009, mentre il calo congiunturale non ha precedenti (le serie storiche disponibili hanno inizio nel 2001)”. I cali hanno colpito in misura diversa i principali comparti e sono più pesanti nelle attività maggiormente interessate dai provvedimenti di chiusura per il contenimento dell’emergenza sanitaria, “quali quelle legate alla filiera del turismo.”
Intanto a maggio l’indice del clima di fiducia delle imprese, a 51,1, registra “il valore minimo dall’inizio della serie storica”. Le stime evidenziano una caduta della fiducia, rispetto a marzo (in aprile le rilevazioni sono state interrotte) nel settore dei servizi di mercato – da 75,7 a 38,8 -, del commercio al dettaglio – da 95,6 a 67,8 – e delle costruzioni – da 139,0 a 108,4. Nella manifattura, l’indice di fiducia registra una flessione “relativamente più contenuta”, passando da 87,2 a 71,2, mantenendosi comunque “su livelli storicamente bassi.
L’indice di fiducia dei consumatori invece è sceso a 94,3, il livello più basso da dicembre 2013. L’indagine era stata interrotta ad aprile. Le preoccupazioni delle famiglie sembrano più che altro concentrate sulla situazione presente e sul contesto generale. Tengono meglio gli umori riferiti a quel che accadrà nei prossimi mesi e ciò che attenete la sfera individuale. “Il confronto dei dati di maggio con quelli relativi a marzo segnala – scrive l’Istat – flessioni per tutte le componenti del clima di fiducia dei consumatori; la diminuzione è marcata per il clima economico e corrente mentre il clima personale e quello futuro registrano diminuzioni contenute. Il clima economico passa da 94,4 a 71,9, il clima personale cala da 102,4 a 100,9, il clima corrente cade da 104,8 a 95,0 e il clima futuro decresce solo lievemente, passando da 93,3 a 93,1”.