Calcio

Domeniche Bestiali – Dal golden gol con l’Under 21 campione d’Europa alla scuola calcio per bambini in Puglia: la classe senza età di Orlandini

La rubrica del giovedì con il bestiario di ciò che accade nelle serie minori del pallone italiano. Le perle nei comunicati della giustizia sportiva regionale, quelle dei calciatori in campo e dei giornalisti in tribuna stampa. In questa puntata l'intervista a uno dei giocatori più eleganti e tecnicamente dotati degli ultimi 30 anni. Che ora ha una scuola calcio nel Salento, dove ha smesso di giocare dopo una carriera con molti alti e altrettanti bassi

“Se gioco ancora? Ma no, solo per divertirmi quindi tornei di beneficenza o amichevoli con gli amici: campionati dilettantistici no, a 50 anni mettermi a discutere su dove sono stato e cosa ho fatto non è divertimento”. E dire che con quei piedi in grado di pennellare cross e spolverare incroci dei pali ancora oggi, a 50 anni e con qualche chiletto in più allieterebbe le “domeniche bestiali” di tifosi e compagni. Piedi, quelli di Pierluigi Orlandini che hanno fatto diventare l’Italia under 21 campione d’Europa, col suo golden gol, il primo della storia, in finale col Portogallo nel 1994.

Qualche stagione tra i dilettanti a fine carriera l’ha fatta Orlandini: uno che nel tridente stava con Bergkamp, per dire, ma ora niente più cross per i compagni, niente più tiri nel sette. Oggi Gigi Orlandini è in Puglia e dopo aver allenato per un po’ i grandi oggi ha una scuola calcio, insegna ai bimbi il campo, prima che il calcio: “Mi piace allenare e coi ragazzini è gratificante: sono spugne, apprendono molto di quello che cerchi di trasferirgli mentre con gli adulti fai fatica, è più difficile perché hanno già delle convinzioni che fai fatica a smussare, se sbagliate. E certo, mi aiuta aver giocato a certi livelli: l’esperienza e anche la possibilità di confrontarmi”.

E se ai tempi in cui i campi e gli spalti erano popolati (male, ma popolati) abbiamo visto che nelle categorie giovanili i genitori onorano in pieno il nome di questa rubrica, Gigi sfata un mito: “Avevo immaginato anche io che la principale difficoltà sarebbe arrivata dai genitori ma devo dire che non è così, o almeno non completamente. Bisogna capire che non si può pretendere che un genitore prenda il bambino e ti dica ‘tienilo, io vado fuori dalle scatole’: ti sta affidando ciò che ha di più prezioso. Devi dare regole anche a loro: quando vengono a iscrivere figli gli spiego il programma cui dovranno attenersi i ragazzi e anche loro. Poi però non devono minimamente entrare in discorsi tecnici, sia chiaro, altrimenti diventano limitanti e in ogni caso è qualcosa che non accetto. Si vedono troppo spesso bambini che in campo sbagliano e si girano verso i genitori per valutarne la reazione: non va bene”.

E un no secco anche alla vendita di illusioni: “Pensare che uno ti prende il bambino e lo trasforma in calciatore di Serie A è come pensare che esistano le bacchette magiche. Se si pensa questo potremmo dire che il modello Atalanta è fallimentare perché non tutti quelli che entrano nelle giovanili nerazzurre (di cui lo stesso Gigi è un prodotto ndr) diventano calciatori di successo, e invece è il migliore d’Italia se non d’Europa. I bambini non devono diventare campioni per forza”.

Starebbe ore a parlare dei suoi bimbi Gigi, molto più che a rivangare vecchi ricordi di campo, ricordi comunque più gradevoli rispetto al calcio di oggi: “Mi annoio parecchio, dico la verità: è un calcio molto diverso dal mio. All’epoca si guardava al gesto tecnico, alla prodezza: al bello. Oggi sento solo parlare di errori e non di chi ha giocato bene, di arbitri e non del resto della partita. Non è granché e nemmeno l’idea di calcio proposta: si scimmiottano mister come Guardiola, e intendiamoci, è uno che ha innovato il calcio, ma è difficile fare il suo gioco senza quel tipo di calciatori, quindi a che pro imitarlo?”. E infatti Orlandini cerca di uscire dai dogmi, pur avendo avuti allenatori importanti: “Ho imparato qualcosa da tutti, quindi non mi ispiro a nessuno in particolare. Se devo proprio nominare qualcuno allora dico che la miglior persona incontrata è stata Carletto Ancelotti”. Inutile chiedere del compagno più forte, se hai giocato con Roberto Baggio non serve.