Se l’Italia dovesse prorogare il metro di distanza "allora non voleremo da voi - dice l’ad -. Ma sarebbe dannoso per la ripresa: il Paese rischia di restare indietro"
EasyJet ha annunciato di essere pronta a tagliare il 30% dei suoi dipendenti a causa del blocco dei voli e del calo della domanda a lungo termine come conseguenza dell’emergenza covid. Si tratta di 4500 posti di lavoro a rischio dal momento che, come ricorda Bloomberg, la società ha circa 15mila addetti. La compagnia inglese, il secondo maggior operatore europeo low cost, comincerà le consultazioni coi lavoratori sui tagli nei prossimi giorni, come si legge in una nota.
In un’intervista al Corriere della Sera, l’amministratore delegato Johan Lundgren ha spiegato che le incognite per la ripartenza sono molte, oltre a quella per l’obbligo a bordo del distanziamento di un metro tra i viaggiatori. In ogni caso, la ripresa “sarà graduale – dice Lundgren -: prima con voli domestici, poi continentali. Aumentano le prenotazioni, ma soprattutto le ricerche via web, in particolare sull’Italia, per le vacanze estive. Ci aspettiamo che l’obbligo di distanziamento finisca il 15 giugno perché è quello che sostengono le evidenze mediche e le raccomandazioni di Easa e Icao. E’ impossibile per le compagnie operare potendo vendere soltanto un terzo dei sedili”.
Se l’Italia dovesse prorogare il metro di distanza “allora non voleremo da voi – dice l’ad -. Ma sarebbe dannoso per la ripresa: il Paese rischia di restare indietro”. E quanto ai tre miliardi ad Alitalia, “non discuto la nazionalizzazione – afferma -. Ma il supporto deve essere disponibile per tutti, altrimenti si genera una distorsione. Gli aiuti stanziati in Europa rischiano di andare a vettori inefficienti. L’Italia è uno dei mercati principali per easyJet: da voi abbiamo dipendenti, trasportiamo quasi gli stessi passeggeri di Alitalia, diamo il nostro contributo al Paese. Ritengo inaccettabile che si aiuti solo un’aviolinea”.
“Non sono contrario ai supporti – continua -, ma questo deve avvenire a condizioni di mercato, come per i fondi chiesti da noi. Non possono esserci favoritismi”. E sui 130 milioni per gli altri vettori italiani, “perché – si chiede Lundgren – lo Stato deve dare contributi sulla base della nazionalità? Abbiamo aerei basati e paghiamo le tasse da voi. Anche noi siamo italiani. Chiediamo più trasparenza nei meccanismi di accesso a quei sussidi. E chiediamo anche altri interventi per aiutare tutto il nostro settore, come la riduzione della tassazione aeroportuale e di creare un fondo per gli scali da usare per incentivare le compagnie a volare in Italia. I blocchi tra i Paesi hanno reso impossibile gli spostamenti. Ora, passata l’emergenza, il governo deve supportare il trasporto aereo, senza distinzioni”.