Da un lato la volontà di rafforzare l’Alleanza con i francesi di Renault, claudicanti e in attesa degli aiuti di Macron. Dall’altro, la necessità di rispondere con urgenza a un vero e proprio terremoto del bilancio aziendale, il primo da 11 anni a questa parte. È una partita su due fronti quella che deve affrontare Nissan per uscire da una crisi, anche manageriale, che dura da un paio di anni e che il Covid-19 ha finito per tramutare in una vera emergenza.
L’ultimo bilancio è di quelli pesanti: vendite in calo del 10,6% (a 4,93 milioni di unità), ricavi netti scesi del 14,6% a 9.879 miliardi di yen, risultato operativo passato da un utile di 318,2 miliardi a una perdita di 40,5 miliardi e un margine operativo passato dal 2,7% a un -0,4%. Le conseguenze di questi numeri sono inevitabili razionalizzazioni: Nissan intende chiudere lo stabilimento di Barcellona. “Ci dispiace questa decisione di Nissan, che lascia non solo la Spagna, ma l’Europa, un mercato di 700 milioni di consumatori e di concentrare le sue attività in Asia. E questo nonostante gli enormi sforzi permessi dal Governo per mantenere lo stabilimento in attività”, ha detto la ministra degli Esteri spagnola, Arancha Gonzalez Laya. Per il Governo iberico significa perdere in un lampo quasi tremila posti di lavoro, ma secondo i sindacati l’impatto sarà pesante anche sull’indotto. La scampa, invece, l’altro stabilimento europeo di Nissan, quello di Sunderland dove sono e saranno prodotti crossover e Suv.
Numeri poco incoraggianti, si diceva, che con la imminente pubblicazione della strategia di riduzione dei costi della Renault (che potrebbe essere quantificata in 2 miliardi di euro), mettono sull’attenti anche i vertici dell’Eliseo; gli stessi che potrebbero rimettere in discussione il maxi-prestito da 5 miliardi di euro garantito dallo Stato al costruttore della Losanga, qualora quest’ultimo prevedesse la chiusura di stabilimenti in Francia. Uno smacco che lo Stato, azionista di Renault, non può e non vuole permettersi. Sul tavolo dell’Alleanza c’è anche una strategia pensata per mettere a stecchetto gli investimenti sui nuovi veicoli, destinati a scendere del 40% grazie a sinergie più spinte che mai: Nissan guiderà lo sviluppo della guida autonoma, Renault quello delle auto elettriche e Mitsubishi Motors penserà alla tecnologia ibrida ‘plug-in’.
Più nel dettaglio, come spiega Renault in una nota ufficiale, “il rinnovamento del segmento C-SUV dopo il 2025 sarà portato avanti da Nissan, mentre le future evoluzioni del segmento B-SUV in Europa saranno appannaggio di Renault; in America Latina, le piattaforme del segmento B saranno razionalizzate, evolvendo da quattro varianti ad una sola, sia per i prodotti Renault che Nissan”. Qualcosa si simile avverrà anche sui mercati, con Nissan sarà leader in Cina, Nord America e Giappone, Renault in Europa, Russia, Sud America e Nord Africa, Mitsubishi nel sudest asiatico e in Oceania. Il target è produrre il 50% dei modelli con questo schema già entro il 2025.
“Il precedente modello dell’Alleanza era basato sulla crescita dei volumi ma il mercato è cambiato e ci adattiamo. Questo nuovo modello è basato su efficienza e competitività piuttosto che sui volumi”, ha detto Jean-Dominique Senard, presidente della Renault. Un modo per dire che la strategia dell’ex grande capo dell’alleanza, Carlos Ghosn, e basata sulla crescita dei volumi produttivi, è ormai superata: ora l’obiettivo da perseguire è quello della redditività, come più volte detto anche Carlos Tavares, ex numero due di Ghosn ora a capo di PSA.
Da qui la decisione, oltre alla chiusura dell’impianto di Barcellona, di ridimensionare la capacità produttiva, con un taglio del 20% dell’output a 5,4 milioni di unità l’anno, e contestualmente spremere al massimo le potenzialità delle fabbriche. Mentre la gamma passerà da 69 a meno di 55 modelli, prevalentemente globali – di segmento C e D – oltre che sportivi ed elettrici o elettrificati. Per questi ultimi l’obiettivo vendere oltre un milione di pezzi entro il primo trimestre 2023. Il tutto con l’idea di tornare a un margine operativo del 5%.
“Il piano, che prevede la razionalizzazione dei costi e l’ottimizzazione del business, cambierà la strategia dell’azienda rispetto a un passato in cui si è concentrata su un’espansione gonfiata”. Il contenimento dei costi passerà per la “razionalizzazione della capacità produttiva, della gamma prodotti e delle spese. Il nostro piano di trasformazione mira a garantire una crescita costante anziché un’eccessiva espansione delle vendite”, ha rimarcato l’amministratore delegato Makoto Uchida. Parole che il Tavares del “Performance matters more than size” sottoscriverebbe.