La crisi scatenata dal coronavirus è destinata ad acuire il divario sociale ed economico delle famiglie italiane. La Banca d’Italia, nel suo Rapporto Annuale, stima infatti che nel primo trimestre 2020 il 20% di nuclei con redditi più bassi abbia subito una riduzione del proprio reddito doppia rispetto alla perdita subita dalle famiglie appartenenti al quinto più elevato”. La disuguaglianza nella distribuzione del reddito da lavoro, misurata dall’indice di Gini, nel primo trimestre 2020 risulta già aumentata di circa due punti percentuali, al 37%. Il valore massimo dal 2009, primo anno della grande crisi economica, i cui record negativi sono via via superati dai dati di queste settimane. Per ora l’impatto è “calmierato” dagli ammortizzatori sociali, ma “nel medio termine sussiste il rischio che l’emergenza Covid-19 accentui le disuguaglianze”.
Bankitalia spiega che “nel primo trimestre del 2020 il reddito disponibile ha risentito della flessione dei redditi da lavoro determinata dall’emergenza sanitaria. Secondo valutazioni coerenti con l’andamento atteso dell’attività economica nei diversi settori e basate su ipotesi circa la sensibilità al ciclo delle diverse tipologie di impiego, la diminuzione dovrebbe essere stata rilevante per i lavoratori dipendenti e ancora più marcata per gli autonomi, anche se con forti differenze che riflettono la diversa incidenza dei provvedimenti restrittivi sulle attività”.
In generale, “gli autonomi sono più concentrati nei settori interessati dai provvedimenti di sospensione adottati in marzo e che potrebbero risentire di una persistente debolezza della domanda nei mesi futuri. La quota di occupati in settori oggetto di restrizioni, o impegnati in mansioni che possono meno facilmente essere svolte a distanza, sarebbe stata maggiore per i nuclei familiari con i livelli più bassi di reddito equivalente da lavoro”.
Nel primo trimestre del 2020, spiega il Rapporto, la disuguaglianza della distribuzione del reddito netto equivalente da lavoro, misurata dall’indice di Gini per i nuclei con capofamiglia di età inferiore ai 64 anni e in cui non si percepiscono redditi da pensione (il 58 per cento del totale), sarebbe aumentata di circa due punti percentuali al 37 per cento, toccando il valore massimo dal 2009, anno di inizio della serie storica utilizzata. Gli effetti sul totale delle famiglie sarebbero comunque “mitigati dall’inclusione dei nuclei che percepiscono redditi da pensione, sostanzialmente stabili”. Inoltre per attutire la caduta del reddito sono stati potenziati gli ammortizzatori sociali ed è stato introdotto il bonus di 600 per gli autonomi, mentre il decreto Rilancio ha introdotto il Reddito di emergenza destinato alle famiglie in condizioni di disagio non beneficiarie di altri sussidi. In aprile un milione di nuclei ha ricevuto il Reddito o la Pensione di cittadinanza, per un importo medio pari a 540 euro.
“Secondo nostre valutazioni”, conclude la Relazione, “gli ammortizzatori dovrebbero essere in grado di ridurre in misura rilevante l’incremento della disuguaglianza nella distribuzione dei redditi da lavoro dovuto all’emergenza sanitaria: l’indice di Gini, calcolato considerando anche i trasferimenti, scenderebbe al 35 per cento nell’ipotesi che tutti i potenziali beneficiari degli ammortizzatori ne abbiano effettivamente usufruito“. Nel medio termine però “sussiste il rischio che l’emergenza Covid-19 accentui le disuguaglianze, sia per la maggiore presenza di lavoratori a basso reddito nei settori con più elevato rischio di contagio e con minore possibilità di lavoro a distanza, sia perché gli ammortizzatori sociali offrono un sostegno di natura temporanea, a fronte di ripercussioni potenzialmente durature sulla capacità reddituale dei lavoratori più coinvolti.”