Dopo la proposta avanzata dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen relativa al Recovery Fund, le forze di governo e molti commentatori di sinistra si sono lanciati in proclami trionfalistici, in cui a fronte della modifica delle politiche europee ci sarebbe finalmente una via di uscita dal tunnel della crisi italiana.
Dall’altra parte Matteo Salvini, che aveva puntato tutte le carte sulla vittoria delle posizioni dei suoi amici nazionalisti e razzisti, fa finta che non sia successo nulla. Ritengo queste posizioni entrambe infondate: rappresentano le rispettive e divergenti illusioni.
In primo luogo a me pare che le classi dominanti, guidate dal governo francese e tedesco, abbiano fatto una scelta precisa di rafforzamento dell’Europa. Nel 2008-2013 quelle stesse classi dominanti hanno usato la crisi per gerarchizzare e disciplinare gli stati nazionali, obbligandoli a destrutturare welfare e diritti dei lavoratori. Per farlo hanno rischiato la disgregazione dell’area dell’Euro.
Oggi, nella crisi della globalizzazione innescata dalle politiche di Trump e suggellata dagli effetti del coronavirus, quelle stesse classi dominanti scelgono l’Europa come terreno strategico. Il senso dell’accordo tra Merkel e Macron sta qui, nella consapevolezza che il terreno europeo è necessario ad entrambi per competere nella nuova situazione caratterizzata dalla crisi della globalizzazione e dalla neoregionalizzazione dell’accumulazione.
Non a caso M&M hanno scelto di puntare sulle politiche economiche e industriali europee, sulla competitività e sulla sovranità economica dell’Europa, mettendo in soffitta i tratti più estremisti della competitività interna al continente. Questa scelta di fondo è un dato rilevante e si porta dietro il Recovery Fund, indispensabile a far sentire tutti sulla stessa barca.
Da questo punto di vista Salvini racconta balle quando dice che non è accaduto nulla. Lui e la Corte costituzionale tedesca, cioè le ipotesi delle destre nazionaliste, sono in questo momento in minoranza e l’ala marciante della borghesia ha scelto, a livello europeo, un’altra strada.
Questo significa che allora si è realizzato il sogno europeo, che finalmente Spinelli la smetterà di rigirarsi nella tomba e che l’Italia potrà finalmente uscire dalla drammatica crisi in cui è immersa?
Nemmeno per idea. L’accordo franco-tedesco punta sull’Europa, ma non per questo è mosso da ideali di giustizia, eguaglianza e solidarietà. Vediamo meglio.
Le misure proposte in sede Ue sono del tutto insufficienti per far fronte alla crisi italiana. Il Pil italiano quest’anno scenderà del 13%, cioè produrremo 200 miliardi di ricchezza in meno dell’anno scorso. L’anno prossimo il Pil crescerà, ma non tornerà ai livelli pre-crisi. Per fronteggiare questo crollo è necessaria l’immissione di una quantità di risorse “aggiuntive” dell’ordine di 250 miliardi tra 2020 e 2021.
A fronte di queste necessità, il Recovery Fund sarà disponibile nella sostanza solo a partire dal 2021 e spalmato su almeno due anni. Nel 2020 restano disponibili solo le risorse nazionali e l’eventuale ricorso a Mes, Sure, etc. Dal 2021 entrerà in vigore il Recovery Fund con 90 miliardi di prestiti (da restituire) e 81 miliardi a fondo perduto.
Di fronte ad una esigenza di 250 miliardi circa, in due anni ne avremo 80 a fondo perduto e il resto prestiti da restituire alla Ue o agli investitori che avranno comprato i titoli di stato italiani. Le cifre stanziate sono quindi importanti ma del tutto insufficienti a far fronte alla crisi in cui è precipitata l’Italia. Non mancano all’appello alcuni milioni, ma decine di miliardi e nel corso dei mesi la situazione sociale che oggi è grave diventerà drammatica.
Inoltre è del tutto fuori luogo la retorica secondo cui il governo italiano sarebbe il vero vincitore di tutta questa trattativa: se guardiamo al rapporto tra quanto l’Italia contribuisce all’Unione europea e quanto riceve, con questa proposta dal 2021 al 2027 l’Italia godrà di un trasferimento netto di 26 miliardi (meno di 4 miliardi l’anno). La Polonia di 27 e la Spagna di 34, per avere qualche elemento di paragone. Ovviamente è un fatto positivo, ma certo non in grado di affrontare seriamente i nostri problemi.
La proposta dell’Ue non è quindi una stangata o il nulla: nell’ambito del rilancio del progetto europeo è un aiuto che non risolve i problemi italiani, che ridurrà l’apparato produttivo del paese e impoverirà larga parte della popolazione. Con Mario Monti abbiamo rischiato la morte per trauma violento. Con Conte rischiamo di fare la fine della rana della novella cinese: cotti a fuoco lento.
Per questo riproponiamo l’intervento diretto della Bce, unico in grado di mettere a disposizione la quantità di risorse necessarie per far fronte alla crisi sociale ed economica del paese senza che queste debbano essere restituite a chicchessia: