Tra meno di 48 ore il fondatore di Bose, Enzo Bianchi, dovrà lasciare la sua comunità. Con lui se ne dovrebbero andare altri due fratelli e una sorella molto legati all’ex priore: Lino Breda, Goffredo Boselli e Antonella Casiraghi. In queste ore la tensione in comunità è palpabile. I quattro espulsi dal decreto della Santa Sede stanno vivendo queste giornate a Bose. Bianchi raccolto nel suo eremo risponde a poche persone. Ha deciso di non rilasciare per ora interviste. E’ tempo di silenzio e di trattative. Accordi che si cercano con l’attuale priore Luciano Manicardi e con Roma alla quale si chiede una sospensione del provvedimento. Intanto chi conosce il Vaticano e la comunità prova a spiegare quanto sta accadendo.

“C’è stata l’ingenuità di essersi appellati al Vaticano per dirimere una questione interna. Purtroppo sono loro ad aver legittimato un intervento che di per sé è illegittimo perché la comunità di Bose non è passibile di una visita apostolica. E’ una comunità di laici che segue soprattutto la tradizione ortodossa che al massimo ha come riferimento il Vescovo locale. L’attuale responsabile, Manicardi, e anche qualcun altro che ha autorevolezza hanno legittimato questo intervento. Del caso ha approfittato la curia per normalizzare un’esperienza che non rientrava nei ranghi, difficile da gestire dall’esterno”.

A fare questa analisi è uno dei più importanti teologi italiani, Giuseppe Ruggieri. Le sue parole sono nette e chiare: “Hanno ucciso il padre mediante interposta persona. Capisco il disagio, conosco molto bene padre Enzo: è una personalità debordante, è il fondatore, il padre della comunità; pretendere che rientrasse in un ruolo da vecchio nonno è impossibile. Enzo è il fondatore, quella è una sua creatura. E’ impossibile pensare Bose senza Bianchi”. Ruggieri come ha fatto Alberto Melloni su Repubblica ricorda altri due casi analoghi: quello di Dario Viganò e del capo della gendarmeria vaticana Domenico Giani.

“Papa Francesco – spiega il teologo – ha ceduto in quelle situazioni. Ora che questo sia un caso simile tutto lo fa pensare”. Ruggieri esclude la possibilità che Bianchi possa creare una nuova realtà: “Una comunità contestatrice di chi e di chi che cosa? Un altro figlio contro il figlio che ha generato?”. Di tutt’altro parere Raniero La Valle, giornalista esperto del Concilio Vaticano II: “Non c’è alcuna intenzione punitiva o di repressione nei confronti di Bose. Papa Francesco ha sempre apprezzato il cammino intrapreso dalla comunità piemontese. Se si è resa necessaria una decisione come quella che ci ha addolorato evidentemente non è per porre fine o stroncare questo carisma ma per difenderlo, preservarlo e farlo crescere”.

La Valle non vede alcuna “faida vaticana” dietro questa decisione presa da Roma: “E’ un momento di crisi della comunità perché ciascuno ha la sua personalità. E’ difficile mettere assieme esperienze e sensibilità diverse. Non è in discussione l’esperienza di Bose. Papa Francesco ha capito benissimo l’esperienza di Bose e l’ha incoraggiata. Se adesso ha preso questa decisione con il cardinale Parolin non è certo perché si è fatto influenzare da qualche corrente integralista. Tutte le cose che fa Papa Bergoglio le fa con grande discernimento e preghiera. Su una cosa di questo genere non si è fatto sviare”. Infine azzarda un consiglio all’ex fondatore: “Se sono monaci hanno fatto voto di obbedienza, comunione e servizio è certo che devono andarsene. Che fanno altrimenti: protestano? Fanno una secessione? Devono accettare questa decisione presa con molta circospezione attraverso un colloquio durato più di un mese con tutti i membri della comunità. Dopo potrà anche esserci una riconciliazione ma in questo momento non c’è altro che questa strada”.

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