Diritti

Giornata sclerosi multipla, la pandemia vista con gli occhi di chi ha meno difese: “Mi spaventa l’egoismo di chi non mette la mascherina”. “Tanti pregiudizi su di noi, non riesco a trovare lavoro”

Dalla mancanza di protezioni alla riabilitazione (in molti casi) sospesa fino alle preoccupazioni sul futuro e il ritorno graduale alla normalità. Eleonora, Cinzia e Maria raccontano a ilfattoquotidiano.it come è cambiata la loro quotidianità. Il presidente AISM: "I casi diagnosticati sono sempre di più in Italia, circa 3.400 nuovi all’anno e 50% di questi sono giovani sui 20-25 anni”

Sono rimaste chiuse in casa per settimane a causa del lockdown e ora, tra timori e preoccupazioni, cercano gradualmente di tornare alla normalità. Sono giovani con una patologia cronica del sistema nervoso centrale che viene diagnosticata in particolare a donne (il rapporto è di 2 a 1 rispetto agli uomini) e al momento non esiste cura per sconfiggerla. Eleonora, Cinzia e Maria hanno la Sclerosi multipla (Sm) e stanno affrontando la fase 2 con una certa preoccupazione. Ilfattoquotidiano.it le ha contattate per farci raccontare come stanno vivendo la pandemia nella loro condizione di immuno-depressione. “A causa del Covid-19 tutto è cambiato e adesso ho paura di essere contagiata perché sono un soggetto più debole a livello di difese immunitarie”, dice Cinzia. “Ho dovuto sospendere le sedute di riabilitazione perché hanno temporaneamente chiuso il centro dove andavo, spero che venga riaperto in totale sicurezza il prima possibile. In due mesi inoltre non ho ricevuto nessuna mascherina a casa e mi sono sentita abbandonata”, racconta Maria. “Iniziata la quarantena ho avuto un forte smarrimento, una sensazione negativa simile a quando ho ricevuto la diagnosi di Sm”, afferma Eleonora. Le tre donne raccontano, però, anche “del prezioso supporto” ricevuto dalla loro organizzazione di riferimento. Durante la pandemia l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM) non ha mai smesso di sostenere i propri soci, anche attraverso il numero verde 800 803 028. E oggi 30 maggio celebra la Giornata mondiale della Sclerosi multipla, organizzando dirette e dibattiti online con le istituzioni e gli stakeholder rilanciate in rete con l’hashtag #insiemepiùforti. Insieme più forti è proprio il motto della campagna AISM attivata per l’emergenza Covid-19, insieme a quello della campagna internazionale #MSconncetion. Ecco le storie di tre giovani con Sm durante la pandemia di Sars-Cov-2.

Dal lavoro ai costi dei medicinali, le battaglie dell’AISM – In Italia ci sono almeno 122mila persone con Scleorosi multipla e, mentre aumentano le diagnosi, l’AISM si batte in prima linea contro pregiudizi e discriminazioni soprattutto sul lavoro. “I casi diagnosticati sono sempre di più, circa 3.400 nuovi all’anno e 50% di questi sono giovani sui 20-25 anni” spiega il presidente AISM Francesco Vacca. I problemi riscontrati durante l’emergenza sono diversi, “i soggetti con Sm sono colpiti due volte dalla crisi sanitaria e sociale scatenata dal coronavirus, a causa della fragilità del sistema immunitario, devono adottare ancora più cautela, per loro sono venute meno in troppi casi le essenziali risposte di cura, assistenza e supporto”. Superato il picco della pandemia, ora a preoccupare è il graduale rientro alla normalità. Che per chi ha la Sclerosi multipla rischia di essere ancora più lento. Già prima dell’emergenza l’AISM chiedeva, tra le altre cose: Piani Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA) omogenei in tutta Italia, costi per i medicinali più bassi e il diritto alla riabilitazione. E aiuti per facilitare l’accesso nel mondo professionale: “Abbiamo riscontrato ancora troppe discriminazioni sui posti di lavoro. Quello che serve più di tutto è il lavoro come diritto soprattutto per i giovani con Sm, perché esistono ancora pregiudizi nella ricerca di occupazione per persone che hanno questa patologia. Molti sintomi sono invisibili: la fatica cronica è la nostra compagna di vita, ci alziamo al mattino già stanchissimi, molti non riescono a tenere le otto ore di lavoro in ufficio”. E, ha concluso: “Le barriere in Italia non sono solo quelle architettoniche, ma soprattutto quelle culturali. Perciò dobbiamo aumentare la nostra capacità di sensibilizzare la popolazione sulla Sm e far capire che questa patologia non ti rende l’appendice della società, ma ne rimani parte integrante”.

Maria Alessi: “Sono senza riabilitazione e non ho mai ricevuto Dpi nonostante sia un soggetto ad alto rischio di subire il contagio” – Ha ricevuto la diagnosi di Sm quando era diciottenne e ha scelto di iscriversi a Giurisprudenza tempo fa. Maria Alessi ha 34 anni e si occupa nella sezione Aism Palermo di inclusione dei più giovani. “Mi sono sposata con una persona che sin da subito ha accettato di affrontare la battaglia della mia malattia standomi accanto. Durante la quarantena ho avuto una splendida notizia, quella della gravidanza, arrivata dopo tanti sacrifici a causa delle ricadute della malattia e dei farmaci che ho dovuto cambiare. Sono molto entusiasta ma anche tanto spaventata per la situazione estremamente incerta che si troverà a vivere mio figlio” dice Maria. Non nega che è stato “molto difficile rimanere rinchiusa in casa per tantissimi giorni”, cercando di occuparsi di qualsiasi cosa le venisse in mente e riuscendo a dare alcuni esami. “Penso a come potrò fare per proteggere il mio bimbo da questo virus ma anche a quando potrò riprendere la riabilitazione perché la struttura dove andavo è stata chiusa per via delle disposizioni sul Covid-19”. Maria si lamenta che “non c’è stato nessun adeguamento da parte del centro ad una riabilitazione diversa, ad esempio tramite internet, almeno per le persone che fanno una fisioterapia attiva come me”. Ogni tanto esce di casa usando sempre i Dpi ma “ancora la paura è tanta, nelle rare volte che esco, mi guardo attorno e mi sembra di vedere un mondo nuovo, ho capogiri, senso di nausea, quello che prima era ‘normale’ ora sembra tutto diverso”.

Cinzia Ogu: “La pandemia ha stravolto la mia vita di universitaria fuori sede. Sono anche preoccupata di non riuscire a trovare lavoro nei prossimi mesi” – Abita a Genova, ha 29 anni e studia Scienze della Comunicazione a Savona. “All’inizio il lockdown l’ho vissuto con la sospensione delle lezioni. La vita continuava diciamo normalmente e me la sono presa come un breve vacanza chiusa in casa. Poi tutto si è aggravato, le settimane di fermo aumentavano e il mondo implodeva letteralmente” spiega Cinzia Ogu. “Più ascoltavo i Tg e le numerose rubriche dedicate all’argomento, più avevo paura soprattutto per la mia malattia”. Come reagire? “Non potevo fare nulla”, dice Cinzia, “l’inattività non è mai stata nelle mie corde, quindi ho deciso di dividere la giornata tra allenamento, studio, cucina e ore di videochiamate con gli amici. Non sempre sono stata costante, ma ho cercato di crearmi una routine in modo da trovare un equilibrio”. Nei mesi della quarantena ha ricevuto a casa solo 2 mascherine dalla Protezione civile ma con lei a vivere sono in quattro persone. “Per fortuna ho visto garantita la continuità della mia riabilitazione nel centro nazionale AISM con sede qui a Genova, e faccio coincidere i giorni della terapia con i momenti in cui esco per fare la spesa, perché ho ancora timore e cerco di uscire il meno possibile e sempre con mascherina e guanti. Muovermi in scooter – aggiunge – è qualcosa che mi fa’ pensare alla normalità. In questi giorni vedo più gente in giro ma mi sento comunque sul filo del rasoio”. Cinzia si dice fiduciosa fino ad un certo punto: “Vorrei avere più speranze per il futuro, ma sono preoccupata perché non riesco a trovare lavoro”.

Eleonora Boni: “Con il lockdown mi sono sentita smarrita come quando mi hanno diagnosticato la Sclerosi multipla” – Ha una laurea magistrale in traduzione e lavora nel settore marketing, oltre ad essere anche blogger di giovanioltrelasm.it. Eleonora Boni, 26 anni, non si ferma davanti alle difficoltà della sua malattia e ha iniziato a frequentare un master presso la LUISS Business School. “Essere consapevoli di essere un soggetto a forte rischio contagio non è piacevole e per un certo periodo di tempo ho visto venire meno certezze consolidate negli anni, vivendo momenti di inquietudine per quello che poteva accadermi”, racconta. Non è tanto il Covid-19 o la patologia in sé a farle più paura, ma il cambiamento obbligato che sta stravolgendo le sue abitudini. “Durante la quarantena ho scelto di non andare mai a fare la spesa e mi sono fatta aiutare dai miei genitori” racconta Eleonora. “Questa settimana dopo tanto tempo sono tornata al supermercato ed è stato strano. Mentre cerchi uno yogurt, devi stare attento a non essere troppo vicino agli altri. Quello che mi ha fatto più piacere è il senso di responsabilità che ho percepito. Poi certo – continua Eleonora – ho visto anche chi ancora gira senza mascherina e mi fa’ moltissima rabbia, perché oltre ad una mancata percezione della gravità della situazione, ho notato anche una buona dose d’egoismo. E non nascondo che ho avuto un po’ paura”. Eleonora, che sta lavorando in smartworking ancor prima del lockdown per decisione dell’azienda, si dice “davvero preoccupata per la situazione socio-economica italiana” e si augura che non vengano fatti nuovi tagli ai servizi alla persona. “Questa emergenza ha dimostrato quanto sia fondamentale investire di più sul Sistema sanitario nazionale e l’importanza di avere una rete territoriale di cura e assistenza ai pazienti cronici e immuno-depressi” conclude.