Un consorzio di otto colossi - tra cui Facebook, China Mobile e Orange - ha ideato 2Africa, l'infrastruttura sottomarina che vuole colmare il digital divide e rendere fruibili banda larga, 4G e 5G nel continente con il più alto tasso di crescita di utenti internet al mondo. Ma secondo la ong Internet senza frontiere gli obiettivi dichiarati non corrisponderebbero alle necessità reali
Un progetto faraonico: è quello lanciato dai giganti del digitale per migliorare la connettività dei paesi africani. Parliamo di 2Africa, un cavo sottomarino lungo 37mila chilometri, che partirà dalla Gran Bretagna e, toccando il Portogallo, farà poi il periplo dell’Africa, connettendo 23 paesi, di cui 16 africani e due mediorientali. Una delle più grandi infrastrutture sottomarine al mondo.
2Africa sarà uno dei cavi più lunghi al mondo e collegherà Europa, Africa e Medio Oriente, percorrendo l’oceano Atlantico, quello Indiano, il golfo d’Aden, il Mar Rosso e il Mediterraneo. Toccherà, oltre ai paesi africani costieri, anche Oman e Arabia Saudita, per unire infine l’Egitto all’Italia, nella parte finale del periplo.
Nel continente con il più alto tasso di crescita di utenti internet al mondo, la necessità di colmare il digital divide e di fornire un’infrastruttura adeguata alla banda larga e alle reti 4G e 5G sarà raggiunta tramite l’impiego della nuova tecnologia Sdm1, con implementazione fino a un massimo di 16 coppie di fibre ottiche contro le 8 supportate dalle tecnologie più datate, con capacità maggiori e costi di servizio inferiori. Rispetto ai sistemi più vecchi, sarà inoltre accresciuta del 50% la profondità dei cavi, per limitare l’impatto ambientale ed aumentare la stabilità della linea. Secondo i membri del consorzio, il progetto fornirà in maniera duratura nuove capacità informatiche al continente, “in modo equo e giusto”, contribuendo a un “ecosistema internet sano”.
Tuttavia, secondo Qemal Affagnon dell’ong Internet senza frontiere, gli obiettivi dichiarati non corrisponderebbero alle necessità reali: la fibra ottica sottomarina già esistente sarebbe infatti abbondantemente sottoutilizzata, tanto che per l’Africa occidentale Affagnon parla addirittura di un 20% delle capacità di traffico utilizzata. Dunque i paesi africani già oggi “non beneficiano dei vantaggi che dovrebbero fornire queste istallazioni”. Non solo: “Ci sono delle inquietudini sulle garanzie riguardo ai dati che transitano. Perché oggi questi cavi appartengono a imprese private e tutta l’attività che si sta sviluppando rischia, alla fine, di portare maggiori vantaggi agli interessi privati, mentre le popolazioni a cui queste installazioni dovrebbero offrire vantaggi restano costantemente nell’incapacità di accedere ai contenuti online e a volte persino di scaricare documenti”.