Le proteste contro l'omicidio di George Floyd si moltiplicano: migliaia di americani scendono per le strade, scontrandosi con la polizia. Trump: "Non permetterò ad orde arrabbiate di dominare". Il consigliere per la sicurezza O'Brien: "I poliziotti razzisti sono solo poche mele marce". E a Minneapolis viene prolungato il coprifuoco
Passano i giorni ma negli Stati Uniti la protesta, anziché ammorbidirsi, si espande. Dilaga, travolge piccole e grandi comunità che riversano per le strade la rabbia per – l’ennesimo – omicidio di un afroamericano. L’uccisione di George Floyd a Minneapolis ha innescato reazioni a catena in decine di Stati ed è già stato trasformato in arma politica dal presidente Usa Donald Trump. Almeno 25 città hanno imposto il coprifuoco, da Los Angeles ad Atlanta, mentre la Guardia Nazionale è stata inviata in circa dodici Stati e nel Distretto di Columbia, oltre che lungo il perimetro della blindatissima Casa Bianca, dove centinaia di manifestanti si sono dati di nuovo appuntamento dopo le minacce del presidente, che ha promesso “cani feroci contro i manifestanti” se avessero violato il perimetro della residenza. E dopo le due notti di coprifuoco decise in vista del week end, il governatore del Minnesota Tim Walz rinnova la misura anche per la notte tra domenica e lunedì nella speranza di placare la rabbia. Una situazione simile è stata presa anche da Keisha Lance Bottoms, sindaco di Atlanta, in Georgia. Anche Nike si è schierata contro il razzismo, lanciando il claim “Per una volta, non lo fare”. “Per una volta non lo fare, non far finta che non sia un problema in America, non girare le spalle al razzismo”, è l’appello lanciato da uno dei marchi sportivi più famosi al mondo.
Scontri, saccheggi e incendi – A Minneapolis, nelle ore notturne tra sabato e domenica, gli agenti in assetto antisommossa hanno fronteggiato per la prima volta i manifestanti che sfidavano il coprifuoco lanciando lacrimogeni e granate stordenti per tenerli lontani dalla caserma di polizia numero 5, dopo che nei giorni scorsi era stata data alle fiamme la caserma numero 3, quella in cui lavorava l’ormai ex agente della polizia ora in carcere con l’accusa dell’omicidio di Floyd. A Ferguson, nel Missouri, città dove nel 2014 Michael Brown, 18enne afroamericano, era stato ucciso a colpi di arma da fuoco da un ufficiale di polizia bianco, l’edificio del dipartimento di polizia è stato danneggiato ed evacuato dopo che fuochi d’artificio, mattoni, pietre e bottiglie sono stati lanciati contro gli ufficiali. A Jacksonville, in Florida, invece, un poliziotto è stato “pugnalato o ferito al collo ed è attualmente in ospedale”. E il sindaco di Nashville, John Cooper, ha dichiarato lo stato di emergenza nella capitale del Tennessee, dopo che i manifestanti hanno dato fuoco all’edificio che ospita il tribunale della città. In Virginia, in Mississippi, North e South Carolina sono stati vandalizzati alcuni monumenti confederati, simbolo dell’epoca schiavista e suprematista bianca. Proprio per evitare che il proprio negozio venisse saccheggiato, secondo le dichiarazioni dei presenti, un uomo è stato gravemente ferito dalla folla a Dallas mentre brandiva un machete. Nelle immagini sui social lo si vede mentre cerca di allontanare i dimostranti, anche inseguendone alcuni, prima di essere braccato, gettato a terra e colpito brutalmente con calci e pugni. Migliaia di persone, inoltre, hanno protestato anche a Trafalgar Square, a Londra.
“Non è razzismo sistemico” – A negare l’ipotesi di un “razzismo sistemico” tra le forze dell’ordine americane è stato il consigliere per la sicurezza nazionale Usa Robert O’Brien che in un’intervista alla Cnn ha detto: “Non c’è dubbio che ci siano alcuni poliziotti razzisti” ma “penso che siano la minoranza, poche mele marce che dobbiamo sradicare. Il 99,9% dei nostri agenti sono grandi americani. Molti di loro sono afroamericani, ispanici, asiatici, lavorano nei quartieri più difficili e hanno il più difficile dei lavori da svolgere in questo Paese. Penso che siano fantastici, grandi americani”. Lo stesso ha poi sostenuto che le proteste violente siano guidate dall’organizzazione Antifa che lo stesso Trump, domenica, ha annunciato che “sarà dichiarata terrorista”.
Morti e feriti nelle proteste – La sua riflessione è giunta nel giorno in cui a Indianapolis un uomo è morto nelle proteste, portando così a tre il numero delle vittime dall’inizio dei disordini. Mentre a Jacksonville, in Florida, un poliziotto è stato “pugnalato o ferito al collo ed è attualmente in ospedale”. Altri agenti sono stati attaccati durante le proteste con pietre e mattoni – 33 quelli feriti nella sola New York – e 47 mezzi della polizia sono stati danneggiati o distrutti. Altri 60, tra dirigenti e agenti del Secret Service, sono invece rimasti feriti tra venerdì e domenica per le proteste davanti alla Casa Bianca, colpiti, secondo una nota dell’agenzia che tutela il presidente e le alte autorità dello Stato, quando “i manifestanti hanno lanciato mattoni, sassi, bottiglie, petardi e altri oggetti”. “Il personale è stato anche aggredito direttamente e fisicamente mentre veniva preso a calci e pugni ed esposto a fluidi corporei”, precisa il comunicato. Quasi 1400 persone sono state arrestate.
La famiglia: “Omicidio premeditato” – Sul fronte della battaglia giudiziaria, l’avvocato della famiglia Floyd, Benjamin Crump, alla Cbs ha spiegato di non condividere l’accusa di omicidio colposo per l’agente Derek Chauvin e parla di “omicidio premeditato”. “Pensiamo che avesse l’intenzione… ha tenuto per quasi nove minuti il suo ginocchio sul collo di un uomo che implorava di respirare e per quasi tre minuti dopo che aveva perso conoscenza. Non capiamo come non sia un omicidio di primo grado”, ha detto, chiedendo inoltre come mai non siano stati arrestati anche gli altri tre agenti.
“Fermerò la violenza di massa” – Donald Trump è di nuovo intervenuto sugli scontri degli ultimi giorni da Cape Canaveral, dove si trovava per il lancio della capsula Crew Dragon della SpaceX. “La morte di Floyd è stata una grande tragedia, non doveva succedere. Ha gettato tutta la nazione nell’orrore, nella rabbia e nel dolore. Ho espresso alla famiglia di George Floyd il dolore di tutta la nazione”, ha detto. Ma il fratello delle vittima, Philonise, parlando a Msnbc ha spiegato che il presidente, nel corso della telefonata, non lo ha neanche lasciato parlare. Trump ha poi difeso “il diritto a manifestare pacificamente” ma ha avvertito che “la mia amministrazione fermerà la violenza di massa. Coloro che accampano scuse o giustificazioni per la violenza non aiutano gli oppressi”.
“Orde arrabbiate non domineranno” – L’inquilino della Casa Bianca ha promesso che “non permetterà ad orde arrabbiate di dominare“. E anche il candidato democratico alla presidenza Joe Biden ha condannato la violenza delle proteste scoppiate, sottolineando tuttavia che gli americani hanno diritto di manifestare. “Protestare contro tale brutalità è giusto e necessario. È una risposta assolutamente americana – ha dichiarato – ma incendiare le comunità e distruggere inutilmente non lo è. La violenza che mette in pericolo la vita non lo è. La violenza che distrugge e chiude le attività che servono alla comunità non lo è”.
Attacchi ai giornalisti – Decine di giornalisti accusano la polizia di essere stati colpiti mentre stavano facendo per strada il loro lavoro. Tra loro c’è anche una troupe di Fox News, che è stata presa di mira da un gruppo di dimostranti che hanno circondato il reporter Leland Vittert mentre era in diretta e lo hanno inseguito mentre si allontanava con i suoi collaboratori, prendendoli a pugni e lanciando oggetti. Tensioni e scontri con la polizia anche a New York, dove in molti sono scesi in strada partecipando a marce organizzate a Harlem, Brooklyn, Queens e nelle vicinanze delle Trump Tower. I dimostranti hanno occupato strade, bloccato il traffico e preso di mira le auto della polizia con graffiti. Un giornalista dell’Huffington Post, Chris Mathias, è stato inoltre preso in custodia dalla polizia a Brooklyn e poi rilasciato all’una di notte mentre seguiva per le proteste a New York.