“Clinicamente non esiste più”. Il giorno dopo la tempesta scatenata dalle valutazioni di Alberto Zangrillo, primario di Anestesia e rianimazione generale del San Raffaele di Milano, coinvolto in prima linea nella lotta contro Sars Cov 2, è ancora tempo di spiegare perché e come il medico abbia usato una espressione così forte. Innanzitutto i dati che registrano un calo costante dei ricoveri in generale e in particolare quelli in terapia intensiva e poi uno studio in via di pubblicazione a firma dei professori Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dello stesso San Raffaele, e Guido Silvestri, virologo e docente alla Emory University di Atlanta e autore su Facebook di una seguita rubrica intitolata “Pillole di ottimismo”.

LO STUDIO DEL SAN RAFFAELE SULLA CARICA VIRALE – L’analisi condotta evidenzia, secondo l’ospedale e istituto di ricerca milanese, che tra marzo e maggio la quantità di virus presente nei soggetti positivi si è ridotta notevolmente: la cosiddetta carica virale si è affievolita producendo in alcuni casi effetti meno devastanti sulle persone colpite. Sul fatto che le misure di igiene personale, come il lavaggio costante delle mani, l’uso delle mascherine, il distanziamento sociale, e temperature più alte associate a minore umidità, abbiano contribuito a questo risultato scienziati, ricercatori e medici sembrano più o meno d’accordo, come sulla necessità inderogabile di continuare a rispettare le buone pratiche acquisite. “Abbiamo analizzato 200 nostri pazienti paragonando il carico virale presente nei campioni prelevati con il tampone. Ebbene i risultati sono straordinari: la capacità replicativa del virus a maggio è enormemente indebolita rispetto a quella che abbiamo avuto a marzo. E questo riguarda pazienti di tutte le età, inclusi gli over 65″ spiega Clementi al Corriere della Sera.

Su Facebook interviene anche Silvestri, citato dal professor Zangrillo, che non fa commenti “sulla modalità di espressione” del collega che “si può discutere”. Tuttavia, “sull’aspetto specifico per cui Zangrillo mi chiama in causa, cioè l’osservazione che la carica virale nei tamponi naso-faringei positivi per Sars-CoV-2 è più bassa adesso che a inizio epidemia, si tratta di dati di laboratorio molto solidi e in corso di pubblicazione“. Quanto alla “famosa previsione dei 150.000 ricoveri in terapia intensiva entro l’8 giugno – commenta il docente italiano in Usa su Facebook – penso che sarebbe utile usare questa vicenda come un’opportunità per spiegare al pubblico, con onestà e umiltà, i limiti concettuali dei modelli epidemiologici, e i problemi che nascono nel caso ci siano punti deboli nei presupposti ‘biologici’ di tali modelli”. Infine, “sulle beghe ‘politiche’ tipicamente italiane che influenzano le valutazioni degli aspetti medico-scientifici di Sars-CoV-2 e Covid-19 – conclude Silvestri – ripeto una volta per tutte che mi interessano poco. In questa pagina si cerca solo di capire come stanno le cose usando il metodo e i dati della scienza”.

IL VIRUS NON È MUTATO (O ALMENO NON C’È ANCORA PROVA) – Che la carica virale sia diminuita non significa che il virus sia mutato o almeno non esistono evidenze scientifiche che lo dimostrino, al momento. Serviranno altri studi per comprendere il comportamento del coronavirus che provoca Covid. Al momento “non vi è alcuna prova o studio scientifico pubblicato che dimostri che il nuovo coronavirus Sars Cov 2 sia mutato” ribadisce il direttore dell’Istituto azionale per le malattie infettive Spallanzani di Roma, Giuseppe Ippolito. “Fortunatamente in Italia – rileva -abbiamo ora meno casi gravi e ciò dimostra che le misure di contenimento adottate hanno dato i loro frutti. Ad oggi non c’è alcuna prova né alcuno studio scientifico pubblicato che il virus sia mutato. E si può parlare solo sulla base di studi scientifici riconosciuti e pubblicati”. Di solito, avverte, “i virus si attenuano nel corso di vari anni, ma non bisogna essere catastrofisti o ottimisti a tutti i costi”. “Dal punto di vista clinico i casi attuali sono oggettivamente meno pesanti. Bisogna capire se il virus sia davvero mutato”. Alcuni studi avrebbero mostrato delle “varianti meno aggressive, ma non sappiamo quanto potrebbero essere diffuse” ha sostenuto il virologo Fabrizio Pregliasco in un intervento durante la trasmissione Agorà su Rai3. “Anche nel nostro ospedale vediamo meno casi e meno pesanti”. Tra le ipotesi “potrebbe essere che questa prima ondata abbia toccato in modo più massiccio le persone più fragili e con più comorbidità”. Ciò non significa che possiamo star tranquilli. “Questo virus ci ha presi alla sprovvista. Quindi è giusto pensare al peggio” dice il ricercatore all’Università statale di Milano.

Che qualcosa possa essere cambiato viene evidenziato anche da altri studiosi. “A marzo c’era una sfilza di ambulanze che arrivavano al pronto soccorso. Avevamo di fronte a noi una tigre assassina e feroce che spesso ci ha sopraffatti, oggi abbiamo un gatto selvatico addomesticabile. È evidente che – sottolinea all’Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova e componente della task force Covid della Regione Liguria – è successo qualcosa; il virus è meno virulento, quindi c’è meno carica virale e questo è stato dimostrato dal laboratorio del San Raffaele. È anche mutato come avrebbe verificato il laboratorio di Brescia”. Il condizionale è d’obbligo e il riferimento è allo studio in via di pubblicazione annunciato da Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), che ha spiegato nei giorni scorsi come nei laboratori di Microbiologia e Virologia della Asst Spedali Civili di Brescia, sarebbe stata isolata una variante del coronavirus “estremamente meno potente” e “più lenta”. Non è ancora chiaro però se si tratti davvero di una mutazione del virus e quanto sia diffusa questa variante. L’unica sicurezza è che l’incidenza dell’epidemia sta diminuendo “grazie alle misure di distanziamento fisico”. E, secondo il virologo, anche grazie al clima primaverile. “Quello che sta succedendo, come per tutti i virus respiratori, è imputabile a una stagionalità dell’infezione – spiegava Caruso. – Con l’avvio della stagione tardo-primaverile/estiva questi virus tendono a scomparire per motivi che ancora oggi non conosciamo di preciso, come pure non sappiamo perché partono a novembre-dicembre”.

Resta un passo indietro e in attesa dell’unica cosa che conta nella ricerca ovvero dati certi, confermati e validati dalla comunità scientifica Ippolito, anche componente del comitato scientifico: “Quando avremo le informazioni che il virus è sparito, che il virus è diventato buono, lo leggeremo sui giornali scientifici. Per ora non abbiamo prove” sottolinea in una intervista a Il Messaggero. Il fatto che ci siano meno casi gravi è “una cosa differente. Semplicemente il virus circola di meno. E se il virus circola di meno, ci sono meno persone che se lo prendono e così ci sono meno casi gravi. Attualmente non c’è nulla che faccia pensare che il virus sia cambiato. Appena saranno disponibili nuove informazioni, sarà un piacere poterle commentare. Io sono molto contento che i casi diminuiscano“, tiene a precisare il ricercatore che è persuaso che i casi “diminuiscono perché abbiamo messo in campo misure draconiane di contenimento. Ma non risultano dati scientifici “da quasi 35mila sequenze al mondo che ci facciano pensare che il virus sia cambiato“. Per Ippolito la minore gravità dei nuovi casi di Covid-19 non è nemmeno una questione di distanze e mascherine: “Non sono convinto che sia un problema di precauzioni. Il virus circola di meno e così la gente ha esposizione a minori quantità di virus”.

IL BIOLOGO BUCCI E LA SPIEGAZIONE CON LA PIRAMIDE – Una spiegazione sulla diminuita potenza della carica virale arriva da biologo Enrico Bucci, ricercatore in Biochimica e Biologia molecolare e professore alla Temple University di Philadelphia, che in un post su Facebook lo spiega con “la piramide”. “Al vertice ci sono i casi più gravi, che sono pochi”, mentre “alla base ci sono i casi asintomatici o lievemente sintomatici, che sono molti di più”. Ebbene, “quando eravamo nel massimo dell’epidemia – sottolinea su Facebook lo scienziato italiano in forze negli Usa – si faceva il tampone solamente ai casi con sintomi respiratori o peggio“, invece “chi aveva sintomi lievi veniva rimandato a casa. Si campionava cioè il vertice della piramide. Oggi per fortuna i pazienti ‘rimasti’ sono quelli con sintomi meno gravi” e “si fanno anche più tamponi, permettendosi il lusso di campionare addirittura degli asintomatici”. E siccome “è noto da tempo – ricorda Bucci citando un lavoro pubblicato su The Lancet – che per Covid la carica virale nei casi severi, quantificata sui tamponi, è mediamente 60 volte superiore a quella dei casi lievi o asintomatici“, nei tamponi eseguiti oggi, su persone con pochi sintomi o nessuno, quando il virus c’è è comunque meno presente. “Come ho già scritto abbondantemente, e come credo sia sotto gli occhi di tutti – osserva – oggi negli ospedali abbiamo sempre meno casi gravi in percentuale sul numero complessivo dei casi, che in ogni caso è pure esso calante. Siamo cioè nella coda dell’ondata epidemica, dove ci si aspetta di vedere gli effetti di harvesting (mietitura dei più fragili, ndr) e di protezione dei soggetti più sensibili, e dove quindi la clinica in ospedale appare cambiata. Senza necessità che sia cambiato il virus anche se questa resta una possibilità aggiuntiva“. “Se confrontassimo 200 tamponi raccolti nel pieno dell’epidemia con 200 presi a caso oggi – evidenzia il ricercatore – certamente ci aspetteremmo di trovare una carica virale molto più bassa. Questo dato, quando arriverà, sarà un’ulteriore importante conferma della correlazione tra severità dei sintomi e carica virale, al netto di una serie di variabili da controllare, che sono nell’ordine: data di esecuzione del tampone rispetto al primo sintomo dichiarato; data di esecuzione del tampone rispetto all’eventuale ospedalizzazione; sesso, età e quadro clinico (gravità dei sintomi e loro tipo) dei soggetti paragonati. Aspettiamo quindi con fiducia di poter aggiungere questo tassello di informazioni alla nostra conoscenza del virus quando saranno pubblicati i lavori opportuni“.

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