Molti infettivologi clinici hanno notato un apparente calo della virulenza del Sars-Cov-2: il Prof. Alberto Zangrillo ha detto che dal punto di vista clinico il virus non esiste più, e concetti simili sono stati espressi dal Prof. Matteo Bassetti. Sostenere che il virus causa oggi una malattia meno grave non è la stessa cosa che affermare un calo dei contagi, ma apparentemente anche i contagi calano nonostante l’allentamento delle misure di contenimento. Questo andamento è caratteristico della maggioranza delle epidemie: sono eventi transitori, che raggiungono un picco e poi si esauriscono, spesso molto rapidamente.
La cause che determinano il decorso delle epidemie sono molte e tra loro diverse. Anche limitandosi alle sole malattie causate da virus la periodicità delle virosi trasmesse da insetti, che possono dare epidemie molto estese (ad esempio la febbre gialla o la dengue) dipende dal ciclo stagionale dell’insetto vettore. La periodicità delle malattie respiratorie, nelle quali il virus è trasmesso con le goccioline di saliva emesse con la tosse, dipende invece soprattutto da fattori ambientali quali umidità e temperatura, che condizionano la persistenza della gocciolina nell’aria e dalla resistenza del virus all’essiccamento.
Inoltre anche la produzione di muco del nostro apparato respiratorio varia con la stagione e può alterare la sensibilità al contagio. Le malattie trasmesse sessualmente, come l’Aids, non hanno invece una stagionalità perché il virus non si espone mai all’esterno, e risentono soltanto dei cambiamenti del comportamento umano.
Un fattore molto importante nel determinismo della ciclicità epidemica è la varietà genetica della popolazione, che include individui più sensibili ed individui più resistenti. Poiché all’inizio dell’epidemia si ammalano soprattutto i primi, tutte le epidemie nella loro fase iniziale appaiono più gravi di come poi si rivelano in effetti. Questo fattore è particolarmente rilevante quando il virus è nuovo e la popolazione non ha immunità.
Va inoltre considerato che nelle fasi iniziali e del picco epidemico la circolazione virale può essere intensa e il contagio può avvenire con carichi virali elevati; passato il momento di picco la circolazione virale si riduce e molti contagi avvengono con basse cariche virali. La malattia che inizia con basse cariche virali spesso ha un andamento clinico più lieve.
Un altro fattore da considerare è la selezione naturale, che favorisce le varianti genetiche del virus che risultano meno letali per l’ospite e che quindi prolungano il tempo in cui il malato è contagioso: il decesso dell’ospite uccide anche il virus. Il fattore ultimo che determina la conclusione del ciclo epidemico è l’immunizzazione della popolazione, che impedisce l’ulteriore diffusione del virus. Un virus capace di causare una epidemia si adatta a ambienti diversi e popolazioni diverse, nelle quali la sua circolazione è disuguale; per questo motivo, oltre che per fattori casuali, paesi diversi sono diversamente colpiti.
Cosa stia effettivamente succedendo col Sars-Cov-2 non è chiaro, ma è plausibile che il virus abbia un ciclo stagionale simile a quello di altri virus respiratori e che il picco epidemico finisca con l’arrivo dell’estate. In effetti al momento l’epidemia è rampante nell’America meridionale dove l’autunno sta finendo e l’inverno sta per cominciare.
Purtroppo è improbabile che un virus che ha avuto una diffusione così ampia sparisca completamente, ed è plausibile una seconda ondata di contagi nel prossimo autunno; questo però ci dà il tempo di sviluppare e testare il vaccino e i farmaci antivirali.
Soprattutto è importante contrastare sia il panico che la sottovalutazione del rischio e promuovere un atteggiamento responsabile e consapevole della popolazione. L’epidemia passerà o diventerà stagionale come l’influenza e come tante altre epidemie del passato, ed è meno grave convivere col Covid piuttosto che col panico o con le limitazioni delle libertà e dei diritti costituzionali dei cittadini.