Cerimonia senza la tradizionale parata nella Festa della Repubblica. Il capo dello Stato si è poi recato in Lombardia, nella prima città colpita dal coronavirus. Il messaggio ai prefetti: "Le istituzioni e i cittadini dovranno ancora confrontarsi a lungo con le sue conseguenze e con i traumi prodotti anche nelle dimensioni più intime della vita delle persone". E avverte: "Economia più esposta e vulnerabile ai tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata"
Per ripartire dopo l’emergenza servono ancora una volta “unità, responsabilità e coesione”. Oggi come nel 1946. Tre parole che Sergio Mattarella ha ripetuto più volte durante i tre mesi di pandemia. E che ripete ancora una volta nella prima – e si spera unica – Festa della Repubblica al tempo di coronavirus. Una giornata articolata tra la Capitale, Roma, e la città-simbolo dell’emergenza, Codogno. Cancellata la tradizionale parata, di prima mattina il presidente ha deposto la corona d’alloro all’altare della Patria, alla presenza delle massime cariche dello Stato. Poi è arrivato a Codogno, il Comune lombardo dove si sono registrati i primissimi contagi di coronavirus, per incontrare i sindaci e rendere omaggio alle vittime: “Qui è presente l’Italia della solidarietà, della civiltà, del coraggio. Da qui vogliamo ripartire”, ha detto il Capo dello Stato parlando della “forza morale” del Paese. “Dobbiamo tutti raccogliere l’invito a collaborare – scrive il presidente del Consiglio Giuseppe Conte su Facebook – pur nella distinzione dei ruoli e delle posizioni politiche. È necessario che ognuno faccia la propria parte, come è sempre stato nei momenti più difficili della nostra storia. L’Italia, la nostra comunità, è la nostra forza”.
L’omaggio all’Altare della Patria – Il presidente della Repubblica, il premier Giuseppe Conte, i presidenti di Camera e Senato Roberto Fico e Maria Elisabetta Casellati si sono recati all’Altare della Patria per rendere omaggio alla festa del 2 giugno. Presente anche la presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia. A causa dell’emergenza pochissimi i presenti quest’anno per ricordare il compleanno della Repubblica: decine di curiosi sono rimasti ad assistere al passaggio delle Frecce Tricolori all’inizio di piazza Venezia, all’incrocio con via del Corso, salutando Mattarella al passaggio del corteo di auto presidenziali. La crisi non è finita, anzi: tutto il Paese dovrà “ancora confrontarsi a lungo con le sue conseguenze e con i traumi” provocati dal coronavirus. Sia nella dimensione “più intima” che a livello generale: come dimenticare, per esempio, che dopo il lockdown gli operatori economici sono “più esposti e vulnerabili ai tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata“? Per superare quelle che sono le “difficoltà mai sperimentate nella storia della Repubblica” occorrerà affidarsi al”senso di responsabilità e resilienza” che ha animato la comunità nel momento più duro dell’emergenza.
La visita a Codogno – Poco dopo le 11 il Capo dello Stato era già in Lombardia, a Codogno, tra gli applausi dei cittadini. Ad accoglierlo il sindaco Francesco Passerini, presidente della Provincia di Lodi, il presidente della Lombardia Attilio Fontana, il prefetto Marcello Cardona. Prima un incontro privato con i sindaci dei comuni della zona rossa del Lodigiano, il vescovo e alcuni rappresentanti dei volontari. Poi la deposizione di una corona di fiori sulla targa dedicata alle vittime del coronavirus. Qui, la notte del 21 febbraio, la prima diagnosi di Covid in Italia. Una data che adesso il sindaco vuole dedicare al ricordo delle persone scomparse. “Da Codogno, dove è iniziato il nostro percorso di sofferenza – ha ricordato il presidente – vogliamo ribadire i valori della Costituzione, ricordando nuovamente i tanti nostri concittadini morti per il coronavirus e rinnovando grande solidarietà ai loro familiari e alle loro comunità”. Durante i mesi del lockdown, in Italia si è “manifestato un patrimonio morale, spesso sommerso – ha detto – che va fatto emergere, che va esaltato”. Mattarella ha poi ringraziato la “generosa abnegazione” di medici infermieri, volontari e di tutto il personale sanitario. In particolar modo di coloro che sono rimasti “vittime del loro senso del dovere“. Infine ha augurato pronta guarigione a chi invece “sta ancora lottando”.
Conte: “Sforzo condiviso per rialzarci, no a inutili divisioni” – Anche il presidente del Consiglio ha centrato il suo messaggio sui temi dell’unità e della coesione: “Uniamo e concentriamo tutte le nostre energie nello sforzo condiviso di rialzarci e ripartire con la massima determinazione – scrive su Facebook – Scacciamo via la tentazione di inutili rincorse, di dividerci in questo momento di grande difficoltà”. Il post si apre con un’immagine poetica: “Non c’è tempesta che possa piegare questa bandiera” e poi ricorda la data storica del 2 giugno 1946 come “il giorno di un nuovo inizio“, quando “una intera generazione di donne e uomini, pur severamente provata dalla guerra, intraprese l’opera di ricostruzione del Paese”. Quest’anno l’anniversario cade in un momento “in cui avvertiamo forte la sofferenza per le persone care che abbiamo perso, ed è quantomai viva l’angoscia per i sacrifici personali, sociali ed economici che siamo chiamati ad affrontare”. Perciò, conclude, “Non dimentichiamo quel senso di condivisione che ci ha guidato quando sembrava impossibile contenere la pandemia e intravvedere una uscita dalla fase più acuta dell’emergenza”.
Mattarella scrive ai prefetti – Prima degli appuntamenti ufficiali, l’inquilino del Quirinale ha inviato il suo messaggio ai prefetti. “Nella prima fase dell’emergenza, voi Prefetti siete stati fortemente impegnati a garantire da un lato l’attuazione delle misure di contenimento del contagio, dall’altro la continuità delle filiere produttive e dei servizi essenziali nonché, più in generale, la tenuta sociale ed economica dei territori”, è l’incipit scelto dal presidente. “Affiancando e sostenendo, con generosità e abnegazione, l’azione dei Sindaci, delle Autorità sanitarie e di tutte le componenti del sistema di Protezione Civile, siete stati un sicuro punto di riferimento per le Istituzioni locali e i singoli Cittadini”, continua il capo dello Stato.
“Difficoltà mai sperimentate nella storia della Repubblica” – Se ieri nel suo discorso – in occasione del Concerto dedicato alle vittime del coronavirus – Mattarella aveva inviato un richiamo severo alle forze politiche che, come nel 1946, devono “superare le divisioni” in nome dello spirito di unità nazionale, nella lettera ai prefetti li invita a usare il 2 giugno per riflettere “sui valori fondativi repubblicani“. “Nell’anniversario della fondazione della Repubblica rivolgo a voi – e, per il vostro tramite, agli amministratori locali e a tutti coloro che ricoprono pubbliche funzioni – l’augurio più sincero affinché questa data sia occasione per una rinnovata riflessione sui valori fondativi repubblicani”, scrive il presidente. Che poi si sofferma sul momento attraversato dalla Nazione. “La ricorrenza del 2 giugno coincide quest’anno con un momento particolarmente difficile per il Paese, che si avvia alla ripresa dopo la fase più drammatica dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Le dimensioni e la gravità della crisi, l’impatto che essa ha avuto su ogni aspetto della vita quotidiana, il dolore che ha pervaso le comunità colpite dalla perdita improvvisa di tante persone care, hanno richiesto a tutti uno sforzo straordinario, anche sul piano emotivo”. E il capo dello Stato è tornato a predicare il superamento delle divisioni, visto che “l’eccezionalità della situazione ha determinato difficoltà mai sperimentate nella storia della Repubblica, ponendo a tutti i livelli di governo una continua domanda di unità, responsabilità e coesione“.
“Crisi non è finita, dovremmo confrontarci con le sue conseguenze” – E in effetti è vero: in 74 anni di Repubblica mai l’Italia ha attraversato un momentro drammatico come l’epidemia. E infatti Mattarella avverte: “La crisi non è terminata e tanto le istituzioni quanto i cittadini dovranno ancora confrontarsi a lungo con le sue conseguenze e con i traumi prodotti anche nelle dimensioni più intime della vita delle persone“. Qui il presidente scatta una fotografia del Paese dopo tre mesi di lockdown: dai legami sociali dimenticati alla nascita dei cosiddetti nuovi poveri. “La necessità di frenare la diffusione del virus – scrive l’inquilino del Quirinale – ha imposto limitazioni alla socialità, sacrificando l’affettività e i legami familiari; i più giovani sono stati temporaneamente privati dei luoghi in cui si costruisce e rafforza il senso civico di una collettività, primi fra tutti la scuola e lo sport; distanze e diffidenze hanno accresciuto le situazioni di solitudine e di marginalità delle persone più deboli, esposte a nuove forme di povertà, deprivazione e discriminazione, quando non di odioso sfruttamento”. Poi, ovviamente, c’è il delicatissimo fronte della crisi economica: “Allo stesso tempo – continua il presidente – la sospensione delle attività produttive e commerciali ha acuito le difficoltà degli operatori economici, rendendoli, inoltre, più esposti e vulnerabili ai tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata; nuove emergenze e incertezze incombono sulle prospettive occupazionali di molti comparti da cui dipendono il benessere e la serenità di intere aree del Paese”. In chiusura della sua missiva il primo cittadino della Repubblica individua la ricetta per la ricostruzione: “Il senso di responsabilità e le doti di resilienza che hanno animato le comunità nei momenti più drammatici della crisi vanno ora trasposti in un impegno comune verso gli obiettivi del definitivo superamento dell’emergenza e di una solida e duratura ripresa“.
Il messaggio alle Forze Armate – Quella che stiamo attraversando viene invece definita dal capo dello Stato come “una crisi sanitaria, sociale ed economica senza precedenti“, nel messaggio alle forze armate. La missiva inviata al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Enzo Vecciarelli, ringrazia i militari per la “quotidiana testimonianza di generosità e abnegazione attraverso uno sforzo encomiabile nelle corsie degli ospedali, sulle strade e nel territorio per la sicurezza, in cielo e in mare per il trasporto logistico-sanitario”. Quindi il presidente rivolge un “un deferente pensiero” a tutti coloro che “hanno sacrificato la propria vita in Italia e all’estero, in pace e in guerra”.
Casellati: “Uniti sotto la stessa bandiera”. Fico: “Nessuno lasciato indietro” – Anche la presidente del Senato Elisabetta Casellati, presente all’Altare della Patria, parla di un “2 giugno davvero particolare” e fa appello alla “collaborazione” delle forze politiche “Nella pandemia, come nelle guerre, tutti devono essere uniti sotto la stessa bandiera per la difesa della propria vita personale e dell’economia”. Di fronte alla drammaticità degli ultimi mesi, continua “è inaccettabile che le ragioni delle contrapposizioni superino quelle del dialogo e del confronto“. Di fronte alle difficoltà economiche del Paese, Casellati ricorda il valore della Costituzione che “oggi più che mai rappresenta la strada maestra da seguire, perché la nostra Repubblica è fondata sul lavoro“. Il presidente della Camera Fico ricorda invece che nel 1954 gli italiani, dopo la guerra, “furono capaci di guardare avanti e costruire un futuro migliore per sé stessi e per le generazioni a venire“. Anche oggi, in un momento “delicato e complesso” dobbiamo lavorare affinché “la situazione emergenziale non crei – nella scuola come nella società – ulteriori disuguaglianze”. I valori della Repubblica, conclude “si realizzano quando facciamo tutto il necessario perché nessuno venga lasciato indietro“.