“La situazione pandemica in Egitto è drammatica: o si inverte la rotta o ci aspettano tempi durissimi”. Mona Mina (foto sotto), ex segretaria generale del sindacato dei medici egiziano – in realtà “ex” soltanto dal punto di vista nominale – va dritta al punto e sull’emergenza Coronavirus nel Paese nordafricano ha le idee chiare. Parliamo della figura di riferimento, da anni, della sanità egiziana, sempre indigesta al potere per le sue posizioni intransigenti a favore del mantenimento del miglior standard di servizio pubblico possibile: “La situazione degli ospedali pubblici era critica prima dell’emergenza pandemica, col personale medico e sanitario abbandonato a se stesso e con una ricaduta sulla qualità delle cure prestate – attacca la leader sindacale -. In Egitto sempre più persone possono permettersi cure costose ed efficaci, questo a scapito della maggioranza dei cittadini costretti a sperare di non ammalarsi. Molte strutture sono fatiscenti, mancano strumentazioni, gli standard di qualità sono bassi, il personale medico predica nel buio e molti sono costretti alla dolorosa scelta di lasciare il lavoro e tentare fortuna all’estero, in altri Paesi arabi. Con l’esplosione della crisi da Covid-19 le cose sono ulteriormente peggiorate e il sistema sta andando alla deriva. O saliamo sulle scialuppe di salvataggio oppure rischiamo di finire inghiottiti da un diluvio di proporzioni epiche”.
Il tempo in Egitto all’epoca del Coronavirus più che essersi fermato sembra aver deciso di tornare indietro. Alla fine di febbraio negli aeroporti del Paese i passeggeri in arrivo venivano sottoposti a controlli accurati, tra termoscanner e indagini e le prime misure di lockdown erano già state assunte. Il contenimento dei contagi sembrava sotto controllo, dato suffragato da risultati oggettivi: i nuovi positivi erano poche decine al giorno, le vittime quotidiane si contavano sulle dita di una mano e in generale il virus non sembrava poter fare troppi danni.
Ad aprile le cose sono cambiate, c’è stata un’inversione di tendenza e i numeri hanno iniziato a salire attestandosi attorno ai 300-350 casi al giorno. Il governo, in particolare il ministero della Salute, ha adottato alcune misure di contenimento per certi versi assurde, come ad esempio chiudere le università ma non regolare i trasporti, enorme veicolo di diffusione del contagio. Lo scatto in avanti della curva pandemica si è verificato nel mese della festività islamica del Ramadan, terminato domenica 24 maggio scorso. Oggi si viaggia su numeri cinque volti superiori ad un mese fa: i contagi giornalieri sono circa 1.500 e entro domani verrà superata la soglia dei 30mila, mentre i morti accertati ed ufficiali da Covid sono più di mille. Nulla in confronto ai numeri dell’Italia, ma in Egitto è totalmente sconosciuta la parte ufficiosa del contagio e soprattutto anche quella ufficiale presenta un’impennata preoccupante.
Mona Mina ha un punto di vista netto: “L’errore più grande compiuto dal governo è stato quello di sottoporre tutto il personale sanitario a test rapidi dopo che questi avevano lavorato per due settimane nelle aree in isolamento Covid degli ospedali. L’attendibilità scientifica dei ‘Quick test’ è ridicola, così facendo i sanitari si sono infettati, hanno contagiato altri pazienti, le famiglie a casa, il tutto in un domino che sembra ormai fuori controllo. Bisognava fare analisi virologiche serie, sottoporre i sanitari a tamponi, ma non c’erano reagenti, o test sierologici, si è preferito scegliere strade diverse. Il piano pandemico è stato sbagliato sin dall’inizio, dei 320 ospedali scelti per ospitare aree Covid è stato mescolato tutto insieme, in assenza di un protocollo di sicurezza, linee guida univoche, lasciando medici e sanitari da soli, abbandonati con addosso mascherine chirurgiche, ma senza i necessari dispositivi di protezione. Nei centri di cura le attività programmate sono andate avanti invece bisognava garantire le urgenze e occuparsi del Covid-19. Serviva una leadership per governare tutto ciò e invece ognuno ha deciso per sé. Mi sono sgolata a ripetere certi concetti, cercando di rendere chiari i contorni di una catastrofe annunciata, senza riuscirci”. Per Mina, poi, “un altro errore importante è stato non creare percorsi specifici per i casi sospetti (i cosiddetti ‘grigi’, ndr.), forte bacino di contagio. Nella maggior parte degli ospedali c’è confusione, paura, molti medici hanno protestato dopo le morti dei colleghi. Proprio l’altro giorno sono morti gli ultimi tre che lottavano contro il Coronavirus: Mosira Mahfouz Qudsi, Ishaq Awad Attia e Samir el-Ghandour. La lista si allunga giorno dopo giorno”.
Su cosa avrebbe fatto a livello sanitario se fosse stato a capo del potere decisionale Mona Mina l’ha spiegato. Lei stessa, in una sorta di decalogo presentato alla nazione e sui social, elenca le sue opzioni anche sotto il profilo sociale: “Ridurre ulteriormente le forme di protezione sarebbe la fine, la catastrofe, si metterebbe in ginocchio il Paese sia sotto il profilo sanitario che economico. Agli imprenditori, specie quelli del turismo, dico: meglio chiudere adesso e rispettare le regole per un breve lasso di tempo piuttosto che riaprire tutto senza controlli e poi ritrovarsi in un incubo senza ritorno. In tal senso credo sia necessario tenere aperti soltanto i servizi essenziali, penso a farmacie e negozi per i beni di prima necessità, e chiudere il resto per un certo periodo. Se possibile individuare luoghi dove mettere le persone in isolamento: gli hotel appunto, le sedi universitarie e se non basta attivare strutture rapide di accoglienza nei parchi, negli stadi o nei club privati”.
Più che di pandemia e di rischi collettivi, sui mezzi di comunicazione egiziani il nome di Mona Mina in questo periodo è stato affiancato alla causa della Fratellanza Musulmana, il vero incubo per il regime di Abdel Fattah al-Sisi. Sufficiente da parte della leader dei medici egiziani criticare il sistema per essere tacciata di appartenere al gruppo: “La discussione su media e social è stata stupida, spesso triviale, sfiorando il livello più infimo – commenta Mona Mina -. Io continuo ad ignorare, certe persone non meritano risposte, e penso invece al problema serio che sta correndo l’Egitto. Strano, ma chi solleva queste voci dimentica le campagne d’odio che proprio i Fratelli Musulmani attivarono contro di me in tempi non sospetti”. E intende quelli a cavallo tra la rivoluzione di piazza Tahrir del gennaio 2011 e il Golpe di al-Sisi contro l’ex presidente Morsi nel luglio del 2013.
Mondo
Coronavirus, “in Egitto la pandemia è un domino fuori controllo. Sistema sanitario alla deriva”
Mona Mina, ex segretaria generale del sindacato dei medici egiziano da sempre intransigente sul bisogno di mantenere alto lo standard della sanità pubblica, racconta la crisi innescata da Covid-19. A febbraio i casi sembravano sotto controllo, ma ad aprile i numeri hanno iniziato ad aumentare. Irrazionali le misure di contenimento del governo che non ha regolato i trasporti, enorme veicolo di diffusione del contagio. E la lista dei medici morti si allunga giorno dopo giorno.
“La situazione pandemica in Egitto è drammatica: o si inverte la rotta o ci aspettano tempi durissimi”. Mona Mina (foto sotto), ex segretaria generale del sindacato dei medici egiziano – in realtà “ex” soltanto dal punto di vista nominale – va dritta al punto e sull’emergenza Coronavirus nel Paese nordafricano ha le idee chiare. Parliamo della figura di riferimento, da anni, della sanità egiziana, sempre indigesta al potere per le sue posizioni intransigenti a favore del mantenimento del miglior standard di servizio pubblico possibile: “La situazione degli ospedali pubblici era critica prima dell’emergenza pandemica, col personale medico e sanitario abbandonato a se stesso e con una ricaduta sulla qualità delle cure prestate – attacca la leader sindacale -. In Egitto sempre più persone possono permettersi cure costose ed efficaci, questo a scapito della maggioranza dei cittadini costretti a sperare di non ammalarsi. Molte strutture sono fatiscenti, mancano strumentazioni, gli standard di qualità sono bassi, il personale medico predica nel buio e molti sono costretti alla dolorosa scelta di lasciare il lavoro e tentare fortuna all’estero, in altri Paesi arabi. Con l’esplosione della crisi da Covid-19 le cose sono ulteriormente peggiorate e il sistema sta andando alla deriva. O saliamo sulle scialuppe di salvataggio oppure rischiamo di finire inghiottiti da un diluvio di proporzioni epiche”.
Il tempo in Egitto all’epoca del Coronavirus più che essersi fermato sembra aver deciso di tornare indietro. Alla fine di febbraio negli aeroporti del Paese i passeggeri in arrivo venivano sottoposti a controlli accurati, tra termoscanner e indagini e le prime misure di lockdown erano già state assunte. Il contenimento dei contagi sembrava sotto controllo, dato suffragato da risultati oggettivi: i nuovi positivi erano poche decine al giorno, le vittime quotidiane si contavano sulle dita di una mano e in generale il virus non sembrava poter fare troppi danni.
Ad aprile le cose sono cambiate, c’è stata un’inversione di tendenza e i numeri hanno iniziato a salire attestandosi attorno ai 300-350 casi al giorno. Il governo, in particolare il ministero della Salute, ha adottato alcune misure di contenimento per certi versi assurde, come ad esempio chiudere le università ma non regolare i trasporti, enorme veicolo di diffusione del contagio. Lo scatto in avanti della curva pandemica si è verificato nel mese della festività islamica del Ramadan, terminato domenica 24 maggio scorso. Oggi si viaggia su numeri cinque volti superiori ad un mese fa: i contagi giornalieri sono circa 1.500 e entro domani verrà superata la soglia dei 30mila, mentre i morti accertati ed ufficiali da Covid sono più di mille. Nulla in confronto ai numeri dell’Italia, ma in Egitto è totalmente sconosciuta la parte ufficiosa del contagio e soprattutto anche quella ufficiale presenta un’impennata preoccupante.
Mona Mina ha un punto di vista netto: “L’errore più grande compiuto dal governo è stato quello di sottoporre tutto il personale sanitario a test rapidi dopo che questi avevano lavorato per due settimane nelle aree in isolamento Covid degli ospedali. L’attendibilità scientifica dei ‘Quick test’ è ridicola, così facendo i sanitari si sono infettati, hanno contagiato altri pazienti, le famiglie a casa, il tutto in un domino che sembra ormai fuori controllo. Bisognava fare analisi virologiche serie, sottoporre i sanitari a tamponi, ma non c’erano reagenti, o test sierologici, si è preferito scegliere strade diverse. Il piano pandemico è stato sbagliato sin dall’inizio, dei 320 ospedali scelti per ospitare aree Covid è stato mescolato tutto insieme, in assenza di un protocollo di sicurezza, linee guida univoche, lasciando medici e sanitari da soli, abbandonati con addosso mascherine chirurgiche, ma senza i necessari dispositivi di protezione. Nei centri di cura le attività programmate sono andate avanti invece bisognava garantire le urgenze e occuparsi del Covid-19. Serviva una leadership per governare tutto ciò e invece ognuno ha deciso per sé. Mi sono sgolata a ripetere certi concetti, cercando di rendere chiari i contorni di una catastrofe annunciata, senza riuscirci”. Per Mina, poi, “un altro errore importante è stato non creare percorsi specifici per i casi sospetti (i cosiddetti ‘grigi’, ndr.), forte bacino di contagio. Nella maggior parte degli ospedali c’è confusione, paura, molti medici hanno protestato dopo le morti dei colleghi. Proprio l’altro giorno sono morti gli ultimi tre che lottavano contro il Coronavirus: Mosira Mahfouz Qudsi, Ishaq Awad Attia e Samir el-Ghandour. La lista si allunga giorno dopo giorno”.
Su cosa avrebbe fatto a livello sanitario se fosse stato a capo del potere decisionale Mona Mina l’ha spiegato. Lei stessa, in una sorta di decalogo presentato alla nazione e sui social, elenca le sue opzioni anche sotto il profilo sociale: “Ridurre ulteriormente le forme di protezione sarebbe la fine, la catastrofe, si metterebbe in ginocchio il Paese sia sotto il profilo sanitario che economico. Agli imprenditori, specie quelli del turismo, dico: meglio chiudere adesso e rispettare le regole per un breve lasso di tempo piuttosto che riaprire tutto senza controlli e poi ritrovarsi in un incubo senza ritorno. In tal senso credo sia necessario tenere aperti soltanto i servizi essenziali, penso a farmacie e negozi per i beni di prima necessità, e chiudere il resto per un certo periodo. Se possibile individuare luoghi dove mettere le persone in isolamento: gli hotel appunto, le sedi universitarie e se non basta attivare strutture rapide di accoglienza nei parchi, negli stadi o nei club privati”.
Più che di pandemia e di rischi collettivi, sui mezzi di comunicazione egiziani il nome di Mona Mina in questo periodo è stato affiancato alla causa della Fratellanza Musulmana, il vero incubo per il regime di Abdel Fattah al-Sisi. Sufficiente da parte della leader dei medici egiziani criticare il sistema per essere tacciata di appartenere al gruppo: “La discussione su media e social è stata stupida, spesso triviale, sfiorando il livello più infimo – commenta Mona Mina -. Io continuo ad ignorare, certe persone non meritano risposte, e penso invece al problema serio che sta correndo l’Egitto. Strano, ma chi solleva queste voci dimentica le campagne d’odio che proprio i Fratelli Musulmani attivarono contro di me in tempi non sospetti”. E intende quelli a cavallo tra la rivoluzione di piazza Tahrir del gennaio 2011 e il Golpe di al-Sisi contro l’ex presidente Morsi nel luglio del 2013.
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Washington, 22 dic. (Adnkronos) - Il presidente eletto Donald Trump ha suggerito che gli Stati Uniti dovrebbero prendere il controllo del Canale di Panama, definendolo come una “risorsa nazionale vitale” e chiedendo a Panama di restituire il canale se i “principi, sia morali che legali” degli Stati Uniti che consentono a Panama di gestire il canale vengono violati.
Trump ha raddoppiato la proposta, lanciata per la prima volta sui social media ieri, durante un discorso all'evento Turning Point Usa a Phoenix, sostenendo che gli Stati Uniti hanno un "interesse acquisito" nel far sì che il canale venga gestito senza che Panama addebiti "prezzi e tariffe di passaggio esorbitanti" alle navi gestite da aziende e personale militare statunitensi.
"La nostra Marina e il nostro commercio sono stati trattati in modo molto ingiusto e sconsiderato. Le tariffe applicate da Panama sono ridicole, profondamente ingiuste, soprattutto sapendo la straordinaria generosità che è stata concessa a Panama, molto scioccamente, dagli Stati Uniti", ha detto Trump. "Questa completa truffa ai danni del nostro Paese cesserà immediatamente". "Se i principi, sia morali che legali, di questo magnanimo gesto di donazione non saranno rispettati, allora chiederemo che il Canale di Panama venga restituito agli Stati Uniti", ha continuato. "Quindi, funzionari di Panama, vi prego regolarvi di conseguenza".
Roma, 22 dic. (Adnkronos) - Martina, la studentessa fiorentina di 21 anni ferita con trenta coltellate dall'ex fidanzato a Oslo, in Norvegia, "non sarebbe in pericolo di vita". Lo ha detto all'Adnkronos la Farnesina, aggiungendo che "la famiglia è arrivata a Oslo ieri e che l'ambasciata segue la situazione da venerdì con la massima attenzione, prestando assistenza alla famiglia".
Roma, 22 dic (Adnkronos) - "Maria Ruggia è morta in ospedale, esattamente nell’ospedale Ingrassia a Palermo. L’hanno lasciata su una barella del pronto soccorso dal 10 dicembre al 18 dicembre. Solo il 19 è stata trasferita a Medicina Generale, quando stava già malissimo, il 20 è deceduta”. Lo scrive sui social Davide Faraone, capogruppo di Italia viva alla Camera.
“La figlia ha fatto una denuncia: suppone che potrebbe avere contratto un’infezione in ospedale perché è stata tenuta al pronto soccorso senza somministrarle adeguata terapia antibiotica preventiva, visto che si trattava di paziente fragile, esponendola a un ambiente sanitario non idoneo per troppo tempo, se ne capirà di più con le indagini. Una cosa però è certa", prosegue.
"Una paziente, ancor di più fragile, non dovrebbe stare 10 giorni in barella al pronto soccorso prima di essere trasferito in un reparto o in una clinica. E invece Maria ha vissuto gli ultimi giorni della sua vita nelle stesse condizioni in cui sono costretti a stare i siciliani che hanno la sfortuna di finire in un pronto soccorso", dice ancora Faraone.
(Adnkronos) - "Lo abbiamo documentato con le foto, lo abbiamo testimoniato con i nostri blitz nei pronto soccorso siciliani, abbiamo chiesto interventi urgenti, ma nulla è cambiato, se non in peggio. Per il Presidente della Regione, Renato Schifani, va bene così e in Sicilia regna l’assuefazione, in attesa di scandalizzarsi per il prossimo morto al pronto soccorso”, conclude Faraone.
Roma, 22 dic. (Adnkronos) - "Appena avuta notizia dell'attentato di Magdeburgo, l'ambasciata italiana in Germania ha chiesto alle autorità locali se vi fossero coinvolti degli italiani. Ci è stato risposto che non risultavano cittadini italiani". Lo ha detto all'Adnkronos la Farnesina, parlando di Marco Forciniti - originario di Pietrapaola, in Calabria - "cittadino italo-tedesco, del cui ferimento - ha aggiunto il ministero degli Esteri - l'Unita di Crisi ha appreso dai media. Funzionari dell'ambasciata si sono recati presso l'ospedale per conoscere le condizioni di salute dell'uomo e fornirgli assistenza".
Washington, 22 dic. (Adnkronos) - Elon Musk "non diventerà presidente, questo ve lo posso dire. Ne sono sicuro, sapete perché? Non può esserlo, non è nato in questo Paese". Parlando ai sostenitori durante un evento a Phoenix, il presidente eletto Donald Trump ha affermato che il fondatore di Tesla - che è nato in Sudafrica - ha "fatto un lavoro straordinario" e ha respinto gli attacchi dei democratici che sostengono che Musk si stia comportando come un presidente 'de facto', dopo che la scorsa settimana l'imprenditore ha guidato con successo un tentativo di bloccare un disegno di legge bipartisan sui finanziamenti governativi.
"No, non prenderà la presidenza. Mi piace avere accanto persone intelligenti", ha detto Trump. "La nuova bufala è che il presidente Trump ha ceduto la presidenza a Elon Musk. No, no, non succederà".
Roma, 22 dic (Adnkronos) - "La migliore risposta alla irresponsabilità della magistratura e delle sinistre, che hanno voluto un inutile e persecutore processo a Salvini, sarà la rapida approvazione del disegno di legge sicurezza. Terremo conto di ogni osservazione. Ma ognuno stia al suo posto. Non ci sono altre istituzioni che si sostituiscono al parlamento". Lo dice il presidente dei senatori di FI Maurizio Gasparri.
"Valuteremo le obiezioni, soprattutto quelle autorevoli, e valuteremo eventuali miglioramenti. Ma il disegno di legge sicurezza sarà approvato. Per rafforzare le forze dell'ordine. Noi vogliamo tutelare il popolo in divisa a cui abbiamo dato un nuovo contratto di lavoro. Invece la sinistra ed i grillini stanno dalla parte dei teppisti che aggrediscono le forze di polizia. E anche le altre Istituzioni devono guardare alla difesa della legalità", prosegue.
"Aspettiamo, ad esempio, dal massimo esponente del CSM qualche segnale dopo la sentenza di Palermo. I procuratori che si sono alternati chiedendo condanne senza fondamento resteranno al loro posto? Il CSM discuterà di questa scandalosa vicenda di Palermo? Chi lo guida avrà qualche esternazione da fare anche cogliendo l'occasione di fine anno? O la magistratura può impunemente sabotare le istituzioni politico-parlamentari e tentare di sostituirsi al potere legislativo e a quello esecutivo con la complicità delle sinistre?", dice ancora Gasparri.
(Adnkronos) - "Nelle prossime ore parlerò chiaro anche in Parlamento sullo scandalo della vicenda Open Arms. La mia proposta che feci da Presidente della giunta per le elezioni e le immunità parlamentari era quella giusta: non processare Salvini e arrivare alle stesse conclusioni che dopo anni di ingiustizie e sprechi sono arrivate dal tribunale di Palermo”, conclude Gasparri.
Washington, 22 dic. (Adnkronos) - Una donna è stata bruciata viva stamattina a New York mentre dormiva sul treno F della metropolitana di Coney Island. Lo riportano i media americani che, citando fonti della polizia, riferiscono di un uomo che le avrebbe lanciato addosso un fiammifero acceso, facendola andare a fuoco.
Gli agenti della polizia di New York sono intervenuti in seguito alla segnalazione di un incendio avvenuto poco prima delle 7,30 presso la stazione della metropolitana di Coney Island-Stillwell Avenue e hanno trovato la donna avvolta dalle fiamme mentre era seduta sul treno. È stata trovata circondata da bottiglie di liquore, anche se non è ancora chiaro se abbiano avuto un qualche ruolo nell'incendio.