Proseguono le polemiche e aumentano i dubbi, condivisi da una parte della comunità medico-scientifica, sull’alleggerimento pur graduale e per ora molto parziale del lockdown avviato dal governo di Boris Johnson in Gran Bretagna, ormai uno dei Paesi più colpiti al mondo. E nel giorno in cui torna a crescere il numero dei morti (+ 324 in più, rispetto ai 111 censiti ieri) viene diffusa da parte dell’Ons, l’Istat britannico, la stima delle vittime: oltre 49.300 rispetto a un totale di 39.369 confermati dal tampone. Stando all’aggiornamento di oggi, riguardante Inghilterra e Galles per tutto il periodo della pandemia fino al 22 maggio, il totale di morti in eccesso rispetto alla media dei 5 anni precedenti è stato di 56.308, un 77% (quasi 44.000) legato verosimilmente al virus. Aggiungendo una proiezione dei decessi ulteriori dal 22 maggio a oggi (e includendo Scozia e Irlanda del Nord) si superano i 49.000. In cifra assoluta il Regno è comunque secondo al mondo e primo in Europa nella classifica delle vittime da Covid; mentre in rapporto alla popolazione è superato in peggio – secondo i raffronti più uniformi possibili della John Hopkins – sia dalla Spagna sia dal Belgio, ed è testa a testa con l’Italia.
A far discutere è fra l’altro che un comitato istituto ad hoc dallo stesso esecutivo ha confermato in questi giorni al livello 4 (ossia contagio in dimensioni ancora elevate) l’allerta nazionale, sulla scala di 5 introdotta un mese fa e illustrata proprio da Johnson al Paese come bussola di riferimento. Il premier Tory aveva evocato la settima scorsa un imminente passaggio al livello 3, grazie alla curva finalmente in costante flessione di casi e decessi. Alla fine non è però avvenuto: secondo una ricostruzione diffusa dalla Bbc, a causa delle resistenze dei consulenti scientifici del governo nei confronti del vertice politico. Il problema è che in cifra assoluta i numeri restano più alti rispetto ad altri Paesi, ma nonostante questo l’esecutivo ha proceduto all’avvio di qualche ripresa di attività lavorative, alla riapertura da ieri delle prime scuole e a limitate concessioni sul fronte dei contatti sociali: scelta in apparente contraddizione col richiamo iniziale di Johnson alla nuova scala di allerta come a un indicatore cruciale. Sul governo Tory pesa inoltre il monito dell’autorità di controllo indipendente sulle statistiche, che sta sollevando ombre sulla completezza e la chiarezza degli ultimi dati forniti dal ministero della Sanità sulla impennata dei tamponi nel Regno fino a una “potenzialità” di 200.000. Un incremento sancito – senza precisazioni sul totale individuale delle persone effettivamente testate – sullo sfondo del lancio del meccanismo di “test e tracciamento” destinato sulla carta a garantire controlli mirati dei contagi nel percorso d’allentamento delle restrizioni verso la Fase 2. Oggi intanto ha riaperto il Parlamento britannico, riconvocato dopo la tradizionale pausa di fine maggio.