Enzo Bianchi, fondatore della comunità di Bose, lascerà la sua creatura a “tempo indeterminato”. È quanto è stato stabilito dal Vaticano che sceglierà anche la località che dovrà raggiungere nei prossimi giorni. Stessa sorte per i fratelli Lino Breda e Goffredo Boselli che dovranno allontanarsi per cinque anni dalla comunità dove hanno vissuto rispettivamente per 38 e 27 anni. E così sarà per sorella Antonella Casiraghi, ma saranno tutti e tre destinati a monasteri diversi. Probabilmente a Praglia, a Bardolino o a Chevetogne, in Belgio.
D’altro canto, sembra che il decreto imposto da Roma impedisse loro di fondare nuove comunità. La decisione di obbedire alla sentenza definitiva e inappellabile della Santa Sede è arrivata lunedì sera dopo ore di trattative “delicate e complesse” tra i quattro, Roma e l’attuale priore Luciano Manicardi. Un accordo accettato obtorto collo, tanto che fin dal 13 maggio scorso, il giorno in cui Padre Amedeo Cencini, nominato Delegato Pontificio ad nutum Sanctae Sedis, con pieni poteri ha consegnato il decreto singolare, solo Lino Breda ha accettato da subito di adeguarsi alle disposizioni del Papa.
Per 19 giorni si è cercata una soluzione diversa, si è auspicata una sospensione del decreto e i nervi all’interno della comunità sono stati molto tesi soprattutto tra il fondatore e l’attuale priore Luciano Manicardi che in queste settimane non ha mai aperto bocca. Lo stesso Bianchi, il 27 maggio, con un comunicato stampa (non pubblicato sul sito della comunità ma inviato alle agenzie) aveva provato a cercare la clemenza della Santa Sede: “Invano, a chi ci ha consegnato il decreto abbiamo chiesto che ci fosse permesso di conoscere le prove delle nostre mancanze e di poterci difendere da false accuse. In questa situazione, per me come per tutti, molto dolorosa, chiedo che la Santa Sede ci aiuti e, se abbiamo fatto qualcosa che contrasta la comunione, ci venga detto. Da parte nostra, nel pentimento siamo disposti a chiedere e a dare misericordia. Nella sofferenza e nella prova abbiamo altresì chiesto e chiediamo che la comunità sia aiutata in un cammino di riconciliazione”.
La proposta fatta era quella di inviare qualcuno da Roma per sei mesi, un anno per avviare un cammino di riappacificazione e serenità. Un tentativo vano. Il Vaticano non ha fatto alcun passo indietro rispetto a quanto deciso sulla base della relazione fatta a seguito della visita apostolica avvenuta nello scorso dicembre da parte di Padre Abate Guillermo León Arboleda Tamayo, Padre Amedeo Cencini, e alla Madre Anne-Emmanuelle Devéche, Abbadessa di Blauvac.
Una “ispezione” disposta dal Santo Padre Francesco a seguito “a una serie di preoccupazioni pervenute da più parti alla Santa Sede che segnalavano una situazione tesa e problematica nella nostra Comunità per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità del Fondatore, la gestione del governo e il clima fraterno”. Parole respinte da Bianchi nel suo comunicato del 27 maggio: “In quanto fondatore, oltre tre anni fa ho dato liberamente le dimissioni da priore, ma comprendo che la mia presenza possa essere stata un problema. Mai però ho contestato con parole e fatti l’autorità del legittimo priore, Luciano Manicardi, un mio collaboratore stretto per più di vent’anni, quale maestro dei novizi e vicepriore della comunità, che ha condiviso con me in piena comunione decisioni e responsabilità”.
L’ultimo atto è arrivato ieri sera, all’indomani della domenica di Pentecoste. Il comunicato pubblicato sul sito di Bose parla di un’accettazione “seppure in spirito di sofferta obbedienza” e termina con parole tristi: “Ai nostri amici e ospiti che ci hanno accompagnato con la preghiera e l’affetto in questi giorni difficili chiediamo di non cessare di intercedere intensamente per tutti noi monaci e monache di Bose ovunque ci troviamo a vivere. Pregate per ciascuno di noi e per la Comunità nel suo insieme, perché possa proseguire nel solco del suo carisma fondativo, fedele alla sua vocazione di comunità monastica ecumenica di fratelli e sorelle di diverse confessioni cristiane, continui a testimoniare quotidianamente l’evangelo in mezzo agli uomini e alle donne del nostro tempo”.