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Parigi, nuova perizia su giovane di banlieue morto in gendarmeria infiamma le strade

L'esame chiesto dalla famiglia del 24enne morto nel 2016 mentre era in stato di fermo, rivela che Adama Traoré morì per asfissia, determinata da un "placcaggio ventrale" del gendarme che lo immobilizzava

Anche Parigi brucia. “Traoré come Floyd”, “tutti contro la polizia”, “rivolta”. Mentre New York proroga il coprifuoco, in Europa la capitale francese si infiamma per Adama Traoré, il giovane di banlieue morto nel 2016 mentre era in stato di fermo. In migliaia hanno manifestato davanti al tribunale di Parigi sfidando il divieto della polizia. Poi in serata, il risultato della controperizia: Traoré morì per asfissia, determinata da un “placcaggio ventrale” del gendarme che lo immobilizzava.

I manifestanti si sono riuniti numerosi, rispondendo all’appello del comitato di sostegno per la famiglia Traoré, il nero di 24 anni diventato il simbolo della protesta contro le violenze della polizia: “Oggi – ha detto la sorella maggiore davanti ai manifestanti – questa non è più la battaglia della famiglia Traoré, è la battaglia di tutti voi. Oggi, quando si lotta per George Floyd, si lotta anche per Adama Traoré”.

Molti gli slogan contro la polizia e i gendarmi, in un clima incandescente che ha fatto reagire duramente il prefetto Didier Lallement, che ha protestato: “La polizia non è né violenta né razzista. Mi rendo conto del dolore di fronte alle accuse di violenza e di razzismo, ripetute all’infinito dal social network e da certi gruppi di attivisti – ha scritto Lallement in una email diretta ai 27.500 agenti della capitale – nella polizia non ci sono razze, ci sono funzionari che si impegnano per la libertà, l’eguaglianza e la fratellanza e questo tutti i giorni”. Quindi: “Se qualcuno di noi sbaglia nell’esigenza di imparzialità e di eccellenza che fa parte di noi, sarà sanzionato come sempre fatto”.

La vicenda di Traoré, un giovane di 24 anni morto il 19 luglio 2016 in una caserma della gendarmeria nella banlieue di Parigi due ore dopo il suo fermo, avvenuto al termine di un inseguimento, è diventata negli anni una battaglia fra esperti, fra perizie che hanno scagionato gli agenti e controperizie chieste dalla famiglia che li inchiodano. Soltanto la settimana scorsa, alcuni periti giudiziari avevano concluso un rapporto che escludeva la responsabilità dei gendarmi, ma martedì 2 giugno una decisione in senso contrario è arrivata al termine di una controperizia chiesta dai familiari.