Un avviso di sfratto. “Pezzi di carta” non ce ne sono e tutti si affrettano a smentire. Ma quella frase, “vi arriverà un ordine di sgombero”, pronunciata durante una riunione in Questura con un gruppo ristretto di militanti, potrebbe concretizzarsi presto in un vero sgombero. Qualcosa si muove nella vicenda della sede di Casa Pound Italia, un edificio in pieno centro a Roma occupato da 17 anni dal movimento di estrema destra. La Questura e la Digos smentiscono categoricamente il lancio dell’AdnKronos: “È una notizia non vera, non c’è alcun provvedimento”. Ma la frase “dovete lasciare lo stabile” viene confermata a ilfattoquotidiano.it da alcuni militanti della tartaruga frecciata, che dicono di averla sentita durante l’incontro a via di San Vitale.
Una conferma indiretta, in realtà, arriva dal Ministero Economia e Finanze, proprietario dell’edificio. Non dall’ufficio stampa del ministro Roberto Gualtieri, a cui “non risulta nulla”, ma dalle viceministra Laura Castelli, che in serata twitta: “Ho appena saputo che è stato ordinato lo sgombero da Via Napoleone III a Casapound. Ci lavoriamo da tanto, finalmente si ristabilisce la legalità”. Gioia condivisa con la sindaca di Roma, Virginia Raggi, la quale solo una settimana fa aveva scritto proprio al titolare del Mef per chiedere di accelerare l’iter: “Finalmente qualcosa si muove, ripristiniamo la legalità”, ha dichiarato la prima cittadina, che lo scorso anno aveva fattorimuovere la scritta “Casapound” sulla facciata del palazzo.
In realtà è difficile prevedere tempi e modi dello sgombero e se verrà effettivamente ordinato a breve. Sul palazzo, formalmente di proprietà dell’Agenzia del Demanio, pende una diffida del Mef impugnata da Cpi prima al Tar e poi al Consiglio di Stato, con quest’ultimo che non si è ancora pronunciato (o comunque non ve ne è notizia). Poi c’è l’inchiesta della Procura di Roma, avviata proprio grazie alla (tardiva) denuncia del ministero. Resta da capire quale sarà la priorità della Prefettura, che per ora tiene lo stabile di via Napoleone III nelle retrovie rispetto alla classifica dei 78 immobili romani occupati: al suo interno, oltre alla sede nazionale della tartaruga frecciata, vi sono 18 famiglie che si dichiarano in emergenza abitativa e per le quali il Campidoglio – una volta verificati i criteri effettivi – si sta adoperando per trovare una soluzione alternativa.