"Ci preoccupavamo della Cina, ma centinaia se non migliaia di persone infette entravano da questi due paesi in Uk tra fine febbraio e inizio marzo", ha detto Neil Ferguson, epidemiologo di riferimento del governo poi licenziato perché aveva incontrato l'amante durante il lockdown
I suoi modelli sono stati decisivi per convincere il premier ad adottare – seppure con un certo ritardo – le restrizioni del lockdown a partire dal 23 marzo nel Regno Unito. E ora Neil Ferguson, epidemiologo dell’Imperial College di Londra ed ex consulente del governo di Boris Johnson licenziato perché aveva incontrato l’amante durante il lockdown, sostiene che il coronavirus è arrivato in Gran Bretagna “dalla Spagna e in qualche misura dall’Italia”. Un paese, il nostro, inizialmente sottostimato rispetto al timore d’importare contagi dalla Cina.
“Ci stavamo preoccupando della Cina e di altri Paesi asiatici – ha affermato Ferguson in un’audizione alla Camera dei Lord ripresa oggi dai media – mentre ora è chiaro che centinaia se non migliaia di persone infette stavano entrando nel Regno Unito dalla Spagna, e in una certa misura dall’Italia, tra fine febbraio e inizio marzo, prima che un sistema di sorveglianza fosse messo in piedi”. Un fattore sfuggito in un primo tempo non solo ai controlli, ma anche ai calcoli delle sue previsioni.
Secondo il team di Ferguson – costretto il mese scorso a dimettersi dal Sage, l’organismo medico-scientifico chiamato a consigliare l’esecutivo sull’emergenza – le restrizioni, se adottate con rigore prima di fine marzo, avrebbero dovuto consentire di contenere i morti per Covid nel Regno attorno a 20mila. Invece il totale è già salito a quasi 40mila secondo i conteggi del ministero della Sanità dei soli casi certificati dal tampone e a quasi 50mila secondo le stime dell’Ons, l’Istat britannico: record europeo in cifra assoluta, nonché secondo dato peggiore al mondo dopo gli Usa.
E il rischio, a dispetto del controverso avvio di un alleggerimento del lockdown sull’isola deciso dal governo Johnson, è ancora significativo secondo l’accademico dell’Imperial College: ma questa volta a causa dell’effetto – tutt’altro che esaurito nelle sue parole – dei focolai interni creatisi in ospedali e case di riposo. Focolai che – nonostante la flessione della curva complessiva dei nuovi casi delle ultime settimane, peraltro non uniforme in tutti i territori del Regno – continuano a mietere vittime Oltremanica a una media di oltre 200 morti al giorno. Ben più, ormai, che in Spagna o in Italia.