La scorsa estate ha fatto ballare con il tormentone “Yoshi”, contenuto nell'album dei record “Machete Mixtape 4”, al numero 1 della classifica album Fimi per 8 settimane di fila. “Scusate se esistiamo” è il nuovo disco di Dani Faiv, una vera e propria critica sociale per puntare il dito contro haters e social: “Puntiamo al fare, non all'apparire”
La scorsa estate la crew Machete, capitanata da Salmo, ha letteralmente conquistato la classifica degli album con “Machete Mixtape 4”, che ha battuto ogni record, piazzandosi al numero 1 per 8 settimane di fila. Tra i brani più popolari su Spotify della tracklist, “Yoshi” che ha messo a segno 60 milioni di stream, agguantando la certificazione triplo platino. Dietro questo brano c’è il rapper spezzino classe ’93 Dani Faiv, che ha appena pubblicato il disco “Scusate se esistiamo”, anticipato il 30 aprile, in piena pandemia, da “Scusate” con 7 brani scelti per i fan, tra cui l’ultimo singolo “Cioilflow” con Salmo e “In Peggio”.
Tante le collaborazioni: il già citato Salmo, ma anche Gemitaiz e Fabri Fibra, Dani Faiv duetta anche con la sua ragazza Luana. ”Scusate se esistiamo è una risposta di amore all’odio, cosa che non si aspettano gli odiatori. – dice Dani Faiv – Noi diciamo ‘scusa’, inteso come segno d’amore: scusate se esistiamo, scusate se facciamo musica, scusate se proviamo a far emozionare le persone”
Non un album, ma due. Una scelta coraggiosa o ragionata, specie in un momento così difficile a causa della pandemia?
Semplicemente volevo alleggerire il progetto che era composto da 18 tracce. Così per concentrare anche l’ascolto sui testi, abbiamo deciso di spalmare l’uscita in in due date divise. È stata anche una scelta per creare hype attorno al nuovo album, una scelta controcorrente per parlare della musica.
Il tuo album è una critica sociale, punti il dito contro i social. Da dove nasce questa consapevolezza?
È una consapevolezza che nasce sia dal contatto diretto che ho avuto con chi è venuto ai miei concerti, sia dall’osservazione del mondo dei social. Quest’ultima è una dimensione, in cui tutti si sentono in dovere di dire tutto. Non parlo solamente di quello che è stato detto nei miei confronti, ma in generale. È come stare al mercato del pesce in cui tutti screditano il tuo lavoro, a prescindere. Si critica, magari, un artista che ha fatto di tutto per offrire tutta la qualità migliore con il suo disco. Ho capito anche che all’odio non bisogna rispondere con l’odio, un gesto importante come quello di chiedere scusa, regala un’emozione.
“In peggio” è uno sfottò dell’hater medio. Hai avuto episodi spiacevoli?
C’è chi mi ha chiesto scusa, dopo avermi attaccato senza motivo. Ho riflettuto molto sulle motivazioni che spingono un hater a insultare. Secondo me sono due: una è legata al discorso dei bilanci della propria vita e del lavoro che si fa. Capisco sia molto difficile essere soddisfatti di se stessi, soprattutto se si è giovani, pigri e non si vuol far nulla. Così non si trova lavoro e di conseguenza online c’è voglia di ‘sbattersi’ per emergere. La conseguenza è che, per pigrizia, la gente inizia ad insultare senza senso: l’odio nasce dall’invidia e dall’essere, in parte, consapevoli del proprio fallimento. La seconda motivazione è legata alla ricerca dei cinque minuti di fama per essere considerati dalla persona famosa. Quando poi rispondi a queste persone, ti chiedono subito scusa perché non volevano offenderti, “volevo solo una risposta da te”, dicono spesso.
In “Intro (Estinzione)” canti basterebbe amore ma è tutto una gara, per poi diventare il migliore in bara. Cosa vuoi dire?
È il concept di base del disco che fluttua tra amore e odio. Sui social è tutta una gara su chi sa far meglio. I social ti fanno capire che c’è qualcuno che sta meglio, chi è più felice di te, ma tutto questo genera un conflitto sociale. Stiamo tornando indietro, invece di evolverci e in meglio. Sostengo da sempre Internet e credo abbia consentito una evoluzione incredibile ed è stato essenziale per certi versi. Sono anche convinto che se sapessimo usare bene la Rete saremmo una bomba.
Con Fabri Fibra duetti in “Aria”, un manifesto contro le auto-celebrazioni. Perché sei in controtendenza rispetto ad altri tuoi colleghi?
Sono un ragazzo del fare più che dell’apparire e credo di averlo dimostrato anche con la canzone ‘Yoshi’. La crew di Machete mi ha insegnato molto.
Cosa ti hanno insegnato Salmo e tutta la Machete?
La gente oggi vuole solo la verità dal rap e dalla trap. Questo genere non è nostro e tutto quello che c’è oggi. è solo un atto di venerazione verso tutto quello che c’è in America. Noi proviamo a rifare certi stili con tutta l’umiltà del mondo. Mi viene in mente Caparezza che in ‘La zappa sui piedi’ cantava: “Se in America vogliono uscire dal ghetto, in Italia vogliono entrarci”. Penso di parlare un po’ a nome di tutta la crew, siamo molto cresciuti in questi anni. Dai social si può vedere che tipo di persone siamo, siamo ragazzi normalissimi, che amano l’arte.
Parlando del Covid-19 hai dichiarato: “Ci sono scienziati che potrebbero risolvere parecchi problemi, ma non lo fanno o non vogliono farlo”. Cosa intendi?
Non sono una sagoma di intelligenza, non ho studiato medicina e ho solo espresso un parere personale. Esistono già delle cure, non per il Covid-19, ma anche per il cancro, ad esempio, che sono legati ad interessi superiori e lobby farmaceutiche. Ma sono cose che già si sapevano.
Cosa ne pensi del dito puntato sui giovani e sulla movida, in questi giorni. Un modo per distogliere l’attenzione da altro?
È un argomento molto difficile e complesso, preferirei evitare di parlarne. Posso, invece dire una cosa?
Prego.
Sono contento di parlare con voi, vi ho anche citato in un mio vecchio pezzo ‘Giornale Freetyle’: A scuola mi chiamavano ‘Giornale’. Sì perché ero sempre Il Fatto Quotidiano!