Gli iscritti agli ordini, dagli avvocati agli architetti passando per dentisti, psicologi e geometri, non possono chiedere il contributo previsto per imprese e partite Iva - per esempio i commercianti - danneggiate dalle misure di contenimento del virus. Il 4 giugno manifestazione virtuale sui social in occasione degli Stati generali. L'indagine: "Dalla crisi del 2008 persi in media oltre 13mila euro di reddito annuo"
Per il 4 giugno hanno annunciato una protesta virtuale sui social. I professionisti iscritti agli ordini, dagli avvocati agli architetti passando per dentisti, psicologi e geometri, sono sul piede di guerra da quando hanno letto la versione finale del decreto Rilancio pubblicata in Gazzetta ufficiale. Che li esclude dalla possibilità di chiedere il contributo a fondo perduto previsto per le imprese e gli altri professionisti che ad aprile abbiano avuto un calo del fatturato di oltre un terzo rispetto allo stesso mese del 2019. La sottosegretaria al Lavoro Francesca Puglisi aveva auspicato una modifica in sede di conversione del testo, ma il ministro Roberto Gualtieri ha rivendicato la scelta e non sembra propenso a cambiare rotta.
Per gli oltre 2 milioni di professionisti iscritti a uno dei 23 ordini professionali resta confermata la possibilità di chiedere un‘indennità di 600 euro alla cassa di previdenza di categoria, che spetta però solo se nel 2018 hanno avuto un reddito inferiore ai 50mila euro. Al contrario non avranno accesso agli aiuti previsti per imprese e partite Iva – per esempio i commercianti – danneggiate dal coronavirus e dalle misure di contenimento. A loro il decreto garantisce un contributo calcolato come percentuale della differenza tra il fatturato di aprile 2019 e quello di aprile 2020. Chi nel 2019 ha avuto ricavi sotto i 400mila euro ha diritto per esempio al 20% della differenza, e in ogni caso non possono essere riconosciuti meno di 1000 euro.
I presidenti dei Consigli nazionali dei consulenti del lavoro e dei commercialisti, Marina Calderone e Massimo Miani, ritengono che l’esclusione da quei contributi sia una “inaccettabile discriminazione” considerato che quelle degli studi professionali sono state ritenute attività essenziali e in quanto tali sono spesso rimaste aperte, affrontando i costi connessi a sanificazione e dispositivi di protezione personale. Chi invece ha preferito chiudere, come molti studi dentistici, ora sta ripartendo lentamente dopo essere adeguato alle nuove linee guida per la prevenzione del contagio.
L’Osservatorio del Consiglio e della Fondazione Nazionale dei Commercialisti, in vista degli Stati generali, ha diffuso uno studio in base al quale dalla crisi del 2008 ad oggi i liberi professionisti hanno perso in media oltre 13mila euro di reddito annuo a fronte di una media nazionale di 2.384 euro. L’offerta di servizi professionali è cresciuta molto più della domanda, con il risultato che il valore aggiunto per occupato è calato di più del 20% contro una media di -3,8%. Secondo Miani “gli ordini professionali sono da tempo in crisi e non è più possibile che dalla politica vengano trattati come delle corporazioni e che i singoli professionisti siano ancora percepiti come dei privilegiati, secondo una visione ormai del tutto obsoleta. L’esclusione dall’accesso al credito a fondo perduto è solo l’ultima dimostrazione di una disattenzione nei confronti di questo pezzo tanto significativo del mondo del lavoro”.