L’affermazione del professor Alberto Zangrillo per cui l’epidemia di coronavirus non c’è più è stata fortemente criticata un po’ ovunque. Sui social media, poi, come è usanza, le critiche sono state tutte a base di insulti e illazioni su interessi particolari che Zangrillo avrebbe essendo il “medico di Berlusconi”. Francamente, sono le cose che ti fanno perdere la fiducia nell’umanità. Possibile che non si riesca a ragionare sulle cose in un modo almeno un tantino razionale invece di partire subito con l’insulto su base politica?

Allora, vediamo di ragionarci sopra. Zangrillo ha detto che “il virus è clinicamente inesistente, scomparso”. E’ chiaro che vuol dire l’epidemia non si vede più a livello ospedaliero come causa diffusa di malattia grave o mortale. Questo non vuol dire che il virus non ci sia più. Leggiamo ancora quotidianamente di vittime e di casi di infezione, ma sono numeri significativi? Per rispondere a questa domanda, è molto meglio usare dati che insulti. Ma, come sempre, cercare dati richiede un po’ di lavoro in più rispetto a lanciare il primo insulto che ti viene in mente. Però proviamoci.

Per prima cosa, i dati sulla mortalità in eccesso sono quelli più utili e più sicuri. Sono utili, perché quello che ci interessa dell’epidemia è quanta gente muore: se non provocasse altro che un raffreddore non ne saremmo tanto preoccupati. Sono anche quelli più sicuri, perché non sono soggetti all’incertezza di decidere se uno e morto “con” oppure “di” coronavirus. E, ovviamente, il numero di infettati dipende dal numero di tamponi che si fanno. Invece, i morti sono morti e, a meno che non sia venuto di moda seppellire il nonno in giardino, i decessi non si possono occultare.

E’ vero che non è detto che l’eccesso di mortalità sia tutto dovuto al coronavirus, anzi, sembra chiaro che c’è un incremento correlato, ma dovuto ad altre cause, per esempio a trascurare altre malattie. Tuttavia, l’andamento della mortalità in eccesso ci da una buona idea dell’andamento dell’epidemia, soprattutto se prendiamo i dati su una scala di tempo abbastanza lunga, evitando dati parziali scelti apposta per sostenere una tesi (vi ricordate della famosa “pausa” del riscaldamento globale, ecco, quello è un buon esempio).

A questo punto, dove troviamo i dati? Il primo posto dove ci viene in mente è il sito di Istat, ma tenete conto che l’Istat non è nato per gestire emergenze. Gli ultimi dati significativi sull’andamento della mortalità da Istat si fermano al 31 marzo, qualche dato in più arriva al 15 aprile. Già questi dati ci dicono che la mortalità era in calo da metà aprile, ma ci mancano i dati recenti.

Viceversa, potete trovare dati più aggiornati sul sito del Ministero della Salute. Sono dati pensati per monitorare le emergenze causate da ondate di calore, ma proprio per questo sono più aggiornati. Non sono dati completi, ma coprono 19 grandi città italiane e sono certamente significativi. Ci fanno vedere l’andamento della mortalità su una scala di oltre un anno, quindi sono anche completi. E i risultati sono chiari: quest’anno c’è stato un forte aumento della mortalità in corrispondenza dell’epidemia, ma già al 19 maggio questo eccesso era rientrato al livello delle oscillazioni normali per questa stagione dell’anno.

Se volete verificare questi dati, vi consiglio un altro sito molto interessante: quello dell’European Mortality Monitoring (Euromomo), dove trovate dati aggiornati per 24 paesi europei a partire dal 2015. Anche lì, il risultato è lo stesso: vediamo che l’epidemia c’è stata e ha colpito pesantemente, ma ora è praticamente sparita. Vediamo anche che non c’è traccia di una ripresa nella mortalità in nessun paese europeo, nonostante che il lockdown sia stato ormai allentato quasi ovunque ormai da diverse settimane.

Questo non vuol dire che l’epidemia non possa riprendere fiato nei prossimi mesi, ma per ora possiamo concludere che Zangrillo, nonostante gli insulti che ha ricevuto, ha ragione quando dice che potremmo “tornare ad avere da oggi una vita normale”.

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