Criniti è pronto ad entrare in campo. Il quarto uomo ha segnalato la sostituzione all’arbitro. Siamo al settantesimo di Catanzaro-Barletta, ultima partita del campionato di B 1989/90. È il 3 giugno. Tutto lo Stadio Ceravolo (ex Militare) si alza in piedi. In verità non c’è tanta gente allo stadio. La squadra calabrese è già certa della retrocessione in C1, ma il tributo che proviene dagli spalti è comunque di quelli importanti. Ad essere richiamato in panchina è un uomo dal baricentro basso e con i baffi alla Roberto Pruzzo. È Massimo Palanca, e sta uscendo dal campo per l’ultima volta. Con la squadra giallorossa ha giocatore per undici anni, ottenendo due promozioni in A e diventando il miglior marcatore di sempre della squadra catanzarese in massima serie. Nel 1987/1988 c’era stata la possibilità anche di un terzo salto di categoria, andato a vuoto a causa di un punto di ritardo e di un suo rigore fallito in Catanzaro-Triestina. Era scoppiato in lacrime in quell’occasione, mentre intorno a lui un intero stadio lo stava applaudendo.
Sono passati sedici anni dal giorno in cui il presidente Ceravolo lo ha prelevato dal Frosinone, dal debutto assoluto in B contro l’Arezzo e dalla prima rete contro Alessandria. Per la prima rete allo Stadio Militare si deve invece attendere dieci giornate. Il match buono è quello contro l’Atalanta. Palanca è uno di quei giocatori che riescono a esprimere il proprio potenziale solo in provincia. Lui, marchigiano di Loreto (nato il 21 agosto 1953), era dovuto scendere fino in Calabria per trovare la propria dimensione calcistica. E Catanzaro ne aveva adottato immediatamente il talento. Ha provato anche a fare il grande salto al Napoli, ma i risultati sono stati mediocri. Poche partite giocate e, sopratutto, poche reti. Il ritorno nel capoluogo calabrese nel 1986 – dopo una breve parentesi al Foligno – era stato quasi naturale. In quel luogo dove per tutti è “O’Rey di Catanzaro”, grazie a quel sinistro minuto (gli scarpini segnano il numero 37) capace di mettere la palla dove vuole. Sopratutto da calcio d’angolo. Ed è da quella posizione che ha sbloccato la partita più importante della sua carriera, giocata undici anni prima. Quella per cui ancora oggi viene ricordato. E non solo dai tifosi del Catanzaro.
È il 4 marzo 1979, Roma-Catanzaro. All’Olimpico ci sono circa 65mila spettatori. Le Aquile arrivano nella Capitale da none in classifica. Un punto di vantaggio sulla stessa Roma. Una sfida tra squadre giallorosse e, proprio per questo, i calabresi si presentano con la casacca blu. È il Catanzaro di Carlo Mazzone in panchina e del capitano Claudio Ranieri. I calabresi partono forte. Al quinto c’è un tiro dalla bandierina. Palanca sistema la palla e calcia. La palla parte veloce, si alza per poi abbassarsi velocemente verso il primo palo. Si infila sotto la traversa con Paolo Conti e Santarini che si ostacolano l’un altro nel tentativo di fermarla. Il Catanzaro è avanti con il marchio di fabbrica di Palanca. In tutta la sua carriera segnerà ben 13 reti direttamente da calcio d’angolo. Un record ancora oggi imbattuto. Più di Maradona e Baggio.
Il pareggio della Roma con un rigore di Di Bartolomei è solo temporaneo. Prima dell’intervallo un errore di Spinosi mette Palanca in fronte al portiere romanista. Sinistro di prima intenzione e nuovo vantaggio del Catanzaro. Nella ripresa la Roma attacca, favorendo il contropiede della formazione di Mazzone. Ed è proprio in uno di questo ribaltamenti di fronte che Zanini trova con un preciso cross dalla destra Palanca. La palla arriva sul destro. Il piede è quello sbagliato. Dettagli, quando si vive giornate così. “O’Rey” attende l’uscita di Paolo Conti, e lo batte ancora di piatto. È la rete che chiude la partita. Il tabellone dell’Olimpico indica la sua storica tripletta. Il bomber di provincia è definitivamente balzato agli onori della cronaca. A fine anno, mentre il Milan festeggerà lo Scudetto della Stella, il Catanzaro si salverà tranquillamente, chiudendo al nono posto (il miglior piazzamento in A arriverà nel 1981/1982 con il settimo posto, ottenuto anche grazie ai soldi ricavati dalla partenza di Palanca). La Roma invece dovrà lottare per non retrocedere.