E' quanto emerge dall'ultimo report redatto dai due istituti in cui si evidenzia una divisione dell'Italia in tre macroaree, in base ai tassi standardizzati di incidenza: la fascia a diffusione alta comprende prevalentemente le province del Nord, la fascia media quelle del Centro e quella bassa il Sud e le Isole
Un’Italia divisa in tre. È questo il disegno che emerge dal secondo Rapporto prodotto dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) e dall’Istituto superiore di sanità (Iss) sull’eccesso di mortalità nel Paese. I numeri diffusi dagli esperti parlano di 28.561 morti a causa della pandemia dal 20 febbraio al 30 aprile 2020, con il quarto mese dell’anno che, nonostante una flessione nel numero dei decessi in eccesso rispetto al mese prima (16.283 contro 26.350), conta un numero simile di vittime da coronavirus.
Eccesso di mortalità più alta a marzo. Ma ad aprile l’82% dei decessi in più è dovuto al Covid
In totale, dal 20 febbraio al 30 aprile, i decessi dovuti al Covid, secondo l’analisi Istat-Iss, sono stati 28.561, di cui il 53% a marzo e il 47% ad aprile. Questo nonostante il netto calo nei numeri sull’eccesso di mortalità: si è passati dai 26.350 di marzo ai 16.283 di aprile, ma con 14.420 vittime da Covid nel terzo mese e 13.426 nel quarto.
La riduzione della quota di eccesso di mortalità totale non spiegata dal Covid-19 “è un risultato molto importante documentato nel rapporto – si legge – Con i dati oggi a disposizione si possono solo ipotizzare due possibili cause. È aumentata la capacità diagnostica delle strutture sanitarie e quindi sono stati diagnosticati in maniera più accurata i casi di Covid-19, oppure è diminuita la mortalità indiretta, non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero nelle aree maggiormente affette. Quest’ultima componente, infatti, migliora man mano che si riduce la pressione sui sistemi sanitari“.
Il dato rimane comunque alto in alcune delle zone più colpite dalla pandemia: “L’eccesso di mortalità si mantiene ancora alto ad aprile 2020, su livelli simili a quelli di marzo, nelle province di Pavia (135% di decessi in più rispetto alla media 2015-2019), di Monza e Brianza (+101%) e di Milano (+98%)”, aggiungono. Nonostante questo, anche a causa dei numeri assoluti nettamente più elevati e al picco raggiunto alla fine del terzo mese, da marzo ad aprile la diminuzione “più importante in termini di decessi e di variazione percentuale si osserva in Lombardia. I morti per il totale delle cause diminuiscono da 24.893 a 16.190 e l’eccesso di decessi rispetto alla media degli stessi mesi del periodo 2015-2019 scende da 188,1% a 107,5%”.
“Questo risultato positivo – continua il report – è dovuto alla diminuzione della mortalità di aprile in molte delle province che per prime sono state più colpite dall’incremento dei decessi nel mese di marzo. Bergamo e Lodi sono le aree in cui la diminuzione della mortalità è stata più accentuata, l’eccesso di mortalità scende da 571% di marzo a 123% di aprile a Bergamo e da 377% a 79,8% a Lodi”.
Va comunque evidenziato che in alcune delle province ad alta e media diffusione del virus si registra ad aprile un aumento di mortalità più consistente di quello del mese di marzo, rispetto alla media degli stessi mesi del periodo 2015-2019. È il caso, ad esempio, di Sondrio (93% di decessi in più ad aprile contro il 78% di marzo) o di Trento (83% ad aprile rispetto al 69% di marzo).
E ad essere più colpiti sono gli uomini nelle due fasce d’età tra i 70 e i 79 anni e tra gli 80 e gli 89 anni, “per i quali i decessi cumulati dal 1 gennaio al 30 aprile 2020 aumentano di oltre 52 punti percentuali rispetto allo stesso periodo della media 2015-2019. Segue la classe di età +90, con un incremento del 48%”. Più contenuto, invece, l’incremento della mortalità nelle donne, in tutte le fasce d’età: “Raggiunge alla fine di aprile il 42% in più della media degli anni 2015-2019 per la classe di età +90, che risulta essere la più colpita dall’eccesso di mortalità. Segue la classe 80-89 con un incremento del 35% e la 70-79 (31%)”.
L’Italia divisa in tre: “Maggioranza dei casi al Nord. Diffusione limitata al Sud e nelle isole”
In Italia, dall’inizio dell’epidemia (20 febbraio) fino al 25 maggio (data di aggiornamento della base dati per il rapporto), sono stati segnalati al Sistema di sorveglianza integrato 227.719 casi positivi di Covid-19 diagnosticati dai laboratori di riferimento regionale, di cui 209.013 fino al 30 aprile. Il picco di casi segnalati si ha nel mese di marzo, con 113.011 contagi ufficiali, e diminuisce dal mese di aprile (94.257) e ancora più marcatamente nel mese di maggio (18.706).
“La diffusione geografica dell’epidemia di Covid-19 è eterogenea – spiega il rapporto – e per questo motivo le Province italiane sono state suddivise in tre classi sulla base della distribuzione dei tassi standardizzati di incidenza al 30 aprile: la prima, definita a diffusione ‘bassa’, comprende le province con valori del tasso inferiore a 60 casi per 100mila residenti (34 province, principalmente Sud e Isole), la seconda, definita a diffusione ‘media’, comprende le province con valori del tasso tra i 60 e i 150 casi per 100mila residenti (32 province, in gran parte Italia Centrale), la terza classe, a diffusione ‘alta’, include le province con valori superiori ai 150 casi per 100mila residenti (41, in gran parte dell’Italia settentrionale)”.
Considerando i casi e i decessi Covid-19, il 75% dei casi segnalati e l’82% dei decessi si trovano nelle province definite a diffusione alta, il 17% dei casi e il 13% dei morti in quelle a diffusione media e rispettivamente l’8% e il 5% nelle province a diffusione bassa”.