Galeotta fu la fotografia che nel bel mezzo della campagna per eleggere il sindaco di Verona ritraeva, nel 2017, la candidata Patrizia Bisinella seduta al bar con Vito Giacino, ex vicesindaco della città arrestato e condannato per concussione. Un colpo basso perché la senatrice, eletta con la Lega nel 2013, era la compagna di Tosi e si candidava con il movimento “Fare!” fondato dall’ex sindaco, già segretario della Liga Veneta-Lega Nord ed espulso dal partito. Una leggerezza quell’incontro, rimbalzato su Facebook e subito sbandierato dai sostenitori di Federico Sboarina, candidato del centrodestra. Evidentemente Tosi decise di capire chi avesse scattato quella foto. Chi fossero i suoi nemici. E decise di affidare l’incarico a un investigatore privato.

Ecco la premessa del capo d’imputazione numero 70 dell’ordinanza che ha mandato in carcere fior fiore di esponenti della ‘Ndrangheta, accusati di una serie infinita di reati, ma soprattutto di aver ottenuto appoggi autorevoli nel potere amministrativo scaligero. L’ipotesi di peculato riguarda 5.000 euro con cui venne pagata l’investigatrice Angela Stella Sole (pure indagata). Le fu liquidata una fattura da Amia, l’azienda municipale che si occupa di rifiuti, di cui era presidente Andrea Miglioranzi, già esponente della destra in consiglio comunale, che ora è finito ai domiciliari per i rapporti tenuti con esponenti della cosca e per tentata corruzione. A Miglioranzi viene contestato dalla procura, assieme al direttore tecnico Ennio Cozzolotto, il concorso esterno nell’associazione che ruotava attorno ad Antonio Giardino. Anche se sul punto il giudice per le indagini preliminari, Barbara Lancieri, non ha accolto la richiesta.

Ma nell’episodio che riguarda Tosi – che dice “ne uscirò totalmente estraneo, come in tutte le altre occasioni” – l’accusa è che l’indagine di Veneta Investigazioni fu pagata con soldi pubblici, una fattura che simulava un servizio a favore di Amia. Tosi viene indicato come l’”istigatore” del pagamento, Miglioranzi l’esecutore materiale e un terzo personaggio, Nicola Toffanin quale mediatore. Toffanin è noto come “l’avvocato”, referente locale della cosca, che organizza affari. Raggiunto da ilfattoquotidano.it, Flavio Tosi era caduto dalle nuvole. Non sapeva di essere indagato. Eppure il suo nome ricorre in alcune parti significative dell’ordinanza che disegnano i rapporti della cosca con l’ambiente politico veronese.

INFILTRAZIONI – Il giudice si sofferma sui rapporto tra Miglioranzi (oggi di Fratelli d’Itaia) e Cozzolotto con Toffanin e con Francesco Vallone titolare del Centro studi “Fermi”. Amia avrebbe finanziato, stando all’ipotesi degli inquirenti, corsi professionali fasulli, agevolando il conseguimento di titoli per aderenti alla cosca. Toffanin e Miglioranzi avevano le “stesse frequentazioni politiche” scrivono gli investigatori. Vallone, secondo l’accusa, vinceva perché forniva l’offerta più bassa, grazie all’aiuto dei complici. “Toffann e Vallone si sarebbero spartiti i corrispettivi dei corsi mai tenuti”, circa 10mila euro. E Miglioranzi aveva ricevuto subito 3mila euro. Toffanin dice di Miglioranzi: “Lui l’ho preso per le palle!… Ma non solo lui! Ma c’ho anche Tosi per le palle”. Vallone: “In questo momento conta più Miglioranzi che Tosi. Lo portiamo dove vogliamo noi e ci dà sempre da mangiare! Sempre!”. Nei colloqui si parla di soldi e di appalti, anche per sfalcio d’erba o lavoro di interpreti. In prospettiva, un giro ampio. Secondo il gip non ci sarebbero però prove secondo cui i due dell’Amia sapessero che gli altri avevano referenti nella ‘Ndragheta, ma questi ultimi avevano lo scopo di infiltrare la pubblica amministrazione.

FOTO AL BAR – Toffanin lavorava anche per l’agenzia investigativa che aiutò Tosi per le foto. L’1 luglio 2017 alle 17 incontra Tosi in un bar, presente anche Miglioranzi. Poi, intercettato, alla moglie racconta: “… Tosi gli ha detto (a Miglioranzi, ndr) ‘dammi una mano a pagare‘. Perché lui rivendica quel ruolo lì, è lì grazie a lui quindi se ha bisogno di soldi li chiede a lui!… cioè i 5.000 euro li deve mettere lui”. Insomma, la fattura va fatta all’Amia. Ma solo per metà. Il resto lo paga Tosi. Il gip annota: “Toffanin conferma di aver ricevuto la somma dal Tosi e che il denaro era legato con una fascetta con la stampigliatura di Verona-Fiere”. Amia usata come un bancomat? Il giudice aggiunge: “Gli elementi raccolti, seppure possa indubitabilmente affermarsi che aprono uno squarcio piuttosto sinistro sulla condotta del Miglioranzi e sulle eventuali intelligenze con l’ex Sindaco di Verona, Tosi, non appaiono, allo stato, sufficienti a completare un quadro indiziario: potranno e dovranno essere meglio approfonditi in una successiva fase di indagine, mediante una verifica sui bilanci di Amia”.

Toffanin è un personaggio tutto da scoprire. Ad un certo punto si preoccupa che qualche “gola profonda” possa raccontare delle sue frequentazioni con i calabresi. E pensa di procurarsi un salvacondotto. Scrive il gip, sulla base delle intercettazioi: “Toffanin ipotizzava di vendere alla Procura della Repubblica informazioni sul conto dell’ex sindaco di Verona Tosi, facendo intendere di disporre addirittura di audio e di video che inchioderebbero l’ex Sindaco di Verona alle sue responsabilità: materiale che l’uomo sarebbe disposto a mettere a disposizione della Procura in cambio di una loro benevolenza”.

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