Cistiti, uretriti, schiaffi sulle chiappe, video porno, uomini che non raggiungono l’erezione. Uno degli aspetti che più ci riempiono di autolesionistica soddisfazione in Finta Pelle (Marsilio) di Saverio Fattori, è che al centro di un romanzo c’è il crudo realismo del sesso. Un sesso inteso in forma houellebecquiana, intriso di un nichilismo esistenziale che esce grondante dalle pagine fin quasi a creare chiazze mnemoniche da Piattaforme. Ale67 e Daphne70. Due nickname di una chat di incontri sessuali. Lui è un magazziniere con un ridondante passato da eroinomane. Lei un’impiegata con marito impotente e due figli. Ale ha già esperienza in materia. Daphne è al primo appuntamento grazie ai consigli di una collega più esperta. Entrambi viaggiano ben oltre i quarant’anni. Entrambi formiche di una brulicante e piatta trasversale provinciale di pianura che collega l’Emilia alla Romagna. L’incontro fugace che apre il libro è poco fuori il casello di Modena Sud. Lo svolgimento è il riavvolgimento del nastro personale dei due protagonisti prima di quell’istante. Uno strazio proletario/piccolo borghese che trova l’ultima possibile via di “uscire dal branco” proprio nella chat del sesso. Fattori lascia che i due si raccontino a capitoli alternati in prima persona (folgoranti e cinici i primi due con gli attimi che precedono l’incontro clandestino): fornisce a lui un retroterra da eroinomane di provincia più strutturato e a lei una vita di coppia anonima nella sua distratta ripetitività priva di orgasmi ed empatia coniugale. Lo sguardo di Fattori è disincantato, implacabile, privo di commento ironico o di giudizio moralista, quasi freddo e distante, in modo che la materia personale incandescente non sporchi con schizzi di vivida materia psicanalitica. Finta pelle è un ritratto antropologico trattenuto di una provincia meccanica e disperata che lascia attoniti e senza fiato. “Nel mondo a bassa pressione si pratica una transazione economica senza moneta di scambio, nel senso che non c’è il denaro di mezzo, è una sorta di baratto. Nessuno mente perché tutti mentono nella vita di superficie, e mentire costa sempre più fatica, essere falso in questo mondo di sotto non avrebbe senso”. Un Radiofreccia (citato nel libro) meno culturalmente mediato e più franco. Coraggioso e deliziosamente ruspante nel descrivere lessico e abitudini di provincia. Voto: 7e1/2