I dati di Quorum/YouTrend per SkyTg24 - Un partito del premier rafforzerebbe una coalizione formata sull'attuale area di governo attirando non solo pezzi cospicui di votanti di M5s e Pd, ma pescando anche dall'elettorato cosiddetto moderato. Negli indici di fiducia dei leader il capo del governo è secondo (di due punti) solo all'ex presidente della Bce Draghi. Il primo capo partito è la Meloni al sesto posto dietro ai governatori Zaia, De Luca e Bonaccini
Un partito “terzo”, indipendente da M5s e Pd, guidato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, potrebbe valere più del 14 per cento. Una forza politica che non rivoluzionerebbe lo scenario politico, ma cambierebbe parecchi equilibri, non solo nel centrosinistra e nell’area di governo. Il dato è stato elaborato da un sondaggio Quorum/YouTrend diffuso da SkyTg24.
Gli effetti potenziali che saltano all’occhio tra le intenzioni di voto “reali” e quelle virtuali con la Lista Conte sono due: la prima è che l’alleanza Pd-M5s (sulla cui necessità le divisioni si vedono in entrambi partiti) sarebbe rafforzata dal partito del premier, tanto che il centrodestra sarebbe lontano di meno di un punto dando vita insomma a un testa a testa, 47,4 contro 46,5; la seconda è che la Lista Conte pescherebbe prevedibilmente dal M5s e dal Pd, ma anche a sorpresa da Italia Viva (sempre impegnata ogni giorno a sottolineare le differenze di vedute con il presidente del consiglio) e dal centrodestra, ovviamente la parte più moderata, quella di Forza Italia.
In questo scenario modificato, dunque, la Lega si confermerebbe primo partito e pure rafforzato. Il Pd resterebbe la seconda forza ma al 16 circa, 5 punti in meno rispetto al quadro attuale. I Fratelli d’Italia sarebbero a quel punto il terzo partito, più o meno stabile, seguito proprio dalla Lista Conte. A pagare il conto più salato sarebbe il M5s che con la concorrenza del partito del presidente scenderebbe sotto al 10 per cento. Come sarebbe composto il 14 per cento? E’ difficile dirlo, ma se si indaga su quanto perderebbero i vari partiti si sommano i 5 punti del Pd e i 6 del M5s. Gli altri 3 punti per la Lista Conte? E’ qui che spunta il calo sensibile sia di Italia Viva (che perderebbe più di un punto) sia di Forza Italia (che sarebbe deprivato di quasi un punto). Questo confermerebbe l’interesse per Conte da parte dei segmenti di un elettorato che apprezza uno stile istituzionale e moderato con un occhio all’area del cattolicesimo democratico a cui il presidente del Consiglio ha spesso fatto riferimento.
Le considerazioni finali sul punto sono in particolare due. La prima è che Conte ha sempre negato di essere interessato e men che meno in procinto di fondare un suo partito distaccato dal M5s che lo ha portato come noto a Palazzo Chigi. La seconda è che esiste sempre un po’ di illusione ottica in rilevazioni come queste e l’eventuale consenso elettorale potrebbe subire significative oscillazioni. C’è un precedente che arriva in aiuto: quello di Mario Monti, diventato capo di un governo di larghissime intese, stimato da una larga fetta dell’opinione pubblica, che veniva accreditato di un pacchetto di voti intorno al 20 per cento fino a poche settimane prima delle Politiche e poi nelle urne non andò oltre l’8-9 per cento.
C’è un altro esperimento che Quorum/YouTrend ha tentato di fare con il suo sondaggio: misurare la forza del M5s se il leader fosse proprio Conte (al posto del reggente Vito Crimi e successore di Luigi Di Maio, quindi). I Cinquestelle ne verrebbero certamente rafforzati, ma non sarebbe certo un’esplosione: sfiorerebbero il 20 per cento, con un incremento del 4-5 rispetto al 15-16 per cento di cui sono accreditati in queste settimane. In questo caso si può dire che si limiterebbe tutto a un travaso di voti tra il Pd e Leu e il M5s. Addirittura l’eventuale accordo stabile centrosinistra-M5s ne uscirebbe svantaggiato: i punti di distanza dal centrodestra sarebbero 6.
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Infine, se ci fosse una crisi di governo, quale sarebbe strada da percorrere secondo gli intervistati di Quorum/Youtrend? Una maggioranza relativa (uno su 3) vuole andare direttamente a nuove elezioni politiche da tenersi in autunno. Risposta “falsata” dal fatto che prima di andare alle urne serve obbligatoriamente passare prima dal referendum costituzionale per confermare o meno il taglio dei parlamentari. Questa consultazione sarà fissata verosimilmente nella seconda metà di settembre. Un governo di unità nazionale, tecnico o di larghe intese guidato appunto da Mario Draghi in questo momento ottiene il consenso del 17 per cento. Ancora più minoritarie le ipotesi di un nuovo governo Pd-M5s (magari con un altro premier, come sostengono alcuni retroscena giornalistici) o di un governo “sovranista” con Lega, Fdi e un pezzo di M5s.
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