Continua il confronto a distanza tra il presidente del Consiglio e i democratici sugli Stati generali per affrontare la ripartenza economica e spendere gli aiuti Ue. Il capo del governo: "L’urgenza non nasce da un mio capriccio ma dalla realtà che preme"
Fare presto e fare bene. Non perdere tempo e non fallire. La partita a ping pong tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il Partito Democratico si gioca su queste due metà del tavolo. “Il clima è migliore di quello che sembra. E anche alcune perplessità del Pd sono rientrate” dice il capo del governo al Corriere della Sera. Ma “non possiamo ritardare il confronto con imprenditori, sindacati, categorie. L’urgenza non nasce da un mio capriccio ma dalla realtà che preme. Bisogna muoversi da subito” aggiunge. “Non c’è nessun attacco politico contro Conte – ribadisce Andrea Orlando sempre al Corriere – C’è la consapevolezza che non si può sbagliare e quindi questo passaggio deve essere finalizzato a far arrivare il Paese pronto all’appuntamento con l’utilizzo delle risorse messe a disposizione dall’Ue”. Il nodo è qui e basterebbe probabilmente solo intrecciare i fili per fare presto e bene, per non perdere tempo ed evitare di fallire un passaggio fondamentale come quello di decidere la strada da intraprendere verso la ripresa economica e con in mano gli aiuti dell’Unione Europea.
Su cosa discutono Conte e Pd? Su come ripartire grazie agli aiuti che arriveranno dal Recovery Fund dell’Ue. Conte vuole partire subito con una fase di confronto con le parti sociali e gli altri segmenti di società fondamentali per la ripresa economica, gli Stati generali da fissare già a metà settimana nella sede del governo dentro Villa Doria Pamphilj. Il Pd gli suggerisce che prima serve un piano del governo, una strategia da concordare dentro l’esecutivo (e non eventualmente del solo capo del governo), su cui innestare i contributi esterni. Anche per un motivo tecnico, per così dire: prima ci sarà un piano di riforme, più ampio può essere il budget che arriverà nei prossimi mesi.
Il compito di Conte sarà dunque, da Costituzione verrebbe da dire, mettere bene insieme il cosa su cui lui spinge e il come su cui ha messo l’accento il Pd. “Sento dire che occorre farlo con calma – dice Conte – Ma quale calma? Ci prendiamo qualche giorno per coinvolgere appieno le forze di maggioranza, e lo facciamo. Poi chiamiamolo patto, chiamiamolo confronto. Ma non va rimandato”. Aggiunge di non riuscire a lavorare “senza una strategia” e quella del “dopo” aveva “cominciato a prepararla già durante l’emergenza”. E dunque cos’è che ha innervosito tanto il Pd da riunire lo stato maggiore con Nicola Zingaretti? Spiega Orlando: “Non c’era niente di concordato nel Pd. Abbiamo tutti letto questo annuncio, e tutti per una reazione di cautela e preoccupazione abbiamo detto che un passaggio come questo, che tra l’altro noi avevamo auspicato, va preparato adeguatamente”. Il maggior tempo chiesto sugli Stati generali serve per “mettere a fuoco le regole del gioco”, da decidere insieme, spiega Orlando, che propone la procedura del libro bianco. “Siamo preoccupati di una dinamica che vediamo ogni giorno: da un lato si dicono delle cose ai tavoli e poi magari si fanno delle interviste che vanno in tutt’altra direzione. Questo non rafforza la coesione del Paese”. Non è detto che la cosa finisca qui: domani alle 11 è fissata la direzione nazionale del partito e magari si leveranno altre voci come quella dell’ex presidente Matteo Orfini: “Leggo retroscena e polemiche sugli stati generali dell’economia lanciati da Conte – twitta – Sommessamente: la convegnistica si fa quando si è all’opposizione, al governo si governa. E per discutere c’è il Parlamento. Non sprechiamo tempo su cose irrilevanti”.
Nel frattempo se il leader di Italia Viva Matteo Renzi in un primo momento aveva adombrato quasi una difesa d’ufficio del premier (“Appena ci mettiamo d’accordo noi con lui, nascono i problemi”), c’è chi nel suo partito riprende il concetto espresso dal Pd. “Gli Stati generali saranno utili per ascoltare – dice il capogruppo Davide Faraone – ma bisogna presentarsi con un’idea di governo: ci vuole una proposta politica forte. La dico con una battuta: ci vuole più Colao e meno Casalino, più sostanza e meno fumo, mi aspetto un’iniziativa concreta che dica ad esempio come utilizziamo i fondi europei , quali progetti corrispondono a queste risorse, cosa faremo per le imprese, i lavoratori, le famiglie, come intendiamo tagliare la burocrazia inutile. Da questa crisi possiamo uscire più forti se riusciamo a immaginare il futuro e non sprechiamo un solo euro”.
Tuttavia, sullo sfondo, una frase del presidente del Consiglio troverà d’accordo molti in maggioranza, se non tutti: “La verità è che quando si arriva alla sostanza delle cose, asciugandole dalle polemiche, ci si rende conto che questa maggioranza è composta da partiti responsabili, che capiscono bene quali siano le priorità del Paese”. Come a dire che poi sui fatti l’intesa si trova sempre nel Conte due. Un concetto che lo spinge a ricordare tutte le volte che è stato dato in uscita da Palazzo Chigi: “In tutti questi mesi ho sentito dire in continuazione: Conte cade, Conte cade. Fa parte del gioco, ho imparato a non meravigliarmi. Ma come si vede e si vedrà, non è così”.