“I can’t breathe”, non respiro, e “black lives matter“, le vite dei neri contano. Ancora una volta decine di migliaia di persone sono scese in strada in tutta l’America per marciare contro il razzismo e la violenza della polizia nei confronti degli afroamericani, al grido di quelli che sono diventati gli slogan simbolo di quest’ondata di proteste. Ovunque, grandi metropoli e piccole città, va in scena il rito di inginocchiarsi per 8 minuti e 46 secondi, esattamente l’interminabile tempo durante il quale un poliziotto di Minneapolis ha tenuto il suo ginocchio premuto sul collo di George Floyd, provocandone la morte.

Per la prima volta in nove giorni di manifestazioni, non ci sono stati violenze né scontri con la polizia: la marcia più attenzionata era quella di Washington, dove la protesta più che in ogni altra città viene sentita anche come una sfida al presidente Donald Trump, che si è isolato nella Casa Bianca protetto dagli uomini dei Servizi Segreti. I manifestanti, raramente così tanti nella capitale federale, hanno sfilato in corteo dopo essersi radunati davanti all’iconico Lincoln Memorial e a Capitol Hill, sede del Congresso. Tutti hanno marciato pacificamente verso l’area di Lafayette Plaza, di fronte a una Casa Bianca blindatissima, di fatto isolata dal resto del mondo.

Il presidente Trump ha rotto un silenzio durato ore twittando quello che ormai è diventato il suo motto, “Law and order!”, ordine e legalità. E poi ancora in serata ha commentato sprezzante: “Molta meno folla a Washington di quanto previsto“, ringraziando la Guardia nazionale, il Secret Service e la polizia del District of Columbia per il loro “fantastico lavoro”. Nessuna parola però sulle ragioni e i motivi della protesta, atteggiamento che ha spinto l’ex presidente Usa George W. Bush e il senatore Mitt Romney, nello Utah, lasciar trapelare che non sosterranno la sua rielezione, come riporta il Il New York Times, citando “persone che hanno familiarità con il loro modo di pensare”.

A insidiare i consensi di Trump c’è anche il retroscena rivelato dalla Cbs citando un alto funzionario della Difesa americana, secondo cui la Casa Bianca voleva dispiegare fino a 10mila soldati per rispondere alle proteste programmate a Washington e in altre città del paese nei giorni scorsi. La fonte ha spiegato che il segretario alla Difesa Mark Esper e il capo degli Stati Maggiori riuniti, generale Mark Milley, hanno contrastato l’idea di servirsi dei militari. Esper ha comunque trasferito 1600 soldati nell’area della capitale per mobilitarli nel caso se ne fosse presentata la necessità, stando alla stessa fonte. Ma le 5mila unità della Guardia Nazionale già presenti non hanno richiesto assistenza e i soldati hanno iniziato il rientro giovedì sera.

In migliaia anche per le strade di New York, dove un corteo ha attraversato il ponte di Brooklyn per dirigersi a Manhattan verso City Hall, la sede del comune dove si trovano gli uffici del sindaco Bill de Blasio. Mentre un altro corteo è partito dallo storico punto di raccolta di Union Square. Una folla enorme anche a Chicago, Philadelphia, Atlanta, Miami, Los Angeles, Seattle, Denver, Minneapolis. In migliaia in strada a Buffalo e Tacoma, le due città teatro degli ultimi due video shock delle violenze da parte della polizia.

Analoghe manifestazioni si sono tenute sabato in tutto il mondo, da Londra a Sydney, da Tunisi a Seul, da Torino a Tokyo. E in Canada il premier Justin Trudeau ha partecipato al corteo organizzato a Ottawa, inginocchiandosi assieme agli altri partecipanti. Trudeau è arrivato a Parliament Hill con le guardie di sicurezza, indossando una mascherina nera sul viso. Restando nelle prime linee di pubblico, ha applaudito gli oratori, uno dei quali ha sottolineato che sulla questione non c’è via di mezzo: “O sei razzista, o sei antirazzista”.

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