È l’appello lanciato dal Wwf ai 22 Paesi e territori costieri. "Disastri ecologici, temperature in aumento, crisi dei rifugiati, disoccupazione e ultimo, ma non meno importante, la pandemia: la regione mediterranea - spiega il direttore della Wwf Mediterranean Marine Initiative, Giuseppe Di Carlo - è in costante stato di emergenza, incapace di futuro”
Lavorare insieme a ‘un’economia blu’ per il Mediterraneo in grado di generare un valore di circa 400 miliardi di euro l’anno, l’equivalente di oltre la metà del Fondo per la Ripresa proposto dall’Ue. È l’appello lanciato dal Wwf ai 22 Paesi e territori costieri in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani “per la ripresa del Mare Nostrum devastato dalla pandemia Covid 19 e che si avvia faticosamente a una stagione turistica poco promettente”. Secondo il Wwf il valore economico di tutti gli oceani, calcolato tenendo conto della loro produzione diretta (pesca marina, barriere coralline, alghe e mangrovie) e degli eventuali impatti indiretti che producono (commercio, trasporti e altre attività), è di oltre 24 trilioni di dollari. Di fatto, il prodotto marino lordo annuo degli oceani è paragonabile al Pil di un Paese, con 2,5 trilioni di dollari all’anno. Ma l’economia degli oceani e a rischio, così come quella del Mediterraneo, che necessita di un piano per la ripresa. ‘A Blue Recovery plan’ lo definisce il Wwf che pubblica un’analisi nella quale si mostra un peggioramento delle prospettive ecologiche ed economiche del Mediterraneo nel 2020 e si indica una serie di priorità per ecosistemi sani e posti di lavoro entro il 2030. “Il Mediterraneo è un concentrato di biodiversità che tutto il mondo ci invidia, con oltre 17mila specie, paesaggi evocativi, ricco di cultura, tradizioni” sottolinea la presidente del Wwf Italia, Donatella Bianchi.
LA TUTELA CHE MANCA – Eppure, appena l’1,27% del Mediterraneo è effettivamente protetto mentre i maggiori scienziati del mondo concordano sul fatto che almeno il 30% del mare dovrebbe essere tutelato. Le analisi economiche del Wwf 2020 mostrano che tutti i sette principali settori marittimi – dal trasporto marittimo all’acquacoltura, dalla nautica da diporto alla pesca ricreativa e su piccola scala – si basano o competono su aree marine chiave, lasciandole in uno stato di grave esaurimento. L’Italia è uno dei paesi più ricchi in Europa e nel Mediterraneo in termini di biodiversità anche marina che forniscono un capitale naturale elevatissimo: sequestro del carbonio fornito dai nostri mari vale tra i 9,7 e i 129 milioni di euro l’anno, mentre la funzione protettiva delle praterie marine di posidonia contro l’erosione costiera ha un valore stimato circa 83 milioni di euro l’anno. “Nel Mediterraneo – sottolinea il Wwf – i servizi ecosistemici sono a forte rischio: il 33% degli habitat marini italiani di interesse comunitario, tra cui praterie di posidonia, foreste di macroalghe e coralligene, presentano uno stato di conservazione inadeguato”. Questo, spiegano gli esperti dell’associazione ambientalista “a causa delle elevate pressioni cui sono soggetti mari e coste italiani”. Nel 2015 l’Italia era al terzo posto in Europa per volume di traffico merci via mare e al primo per numero di passeggeri, la prima destinazione crocieristica d’Europa, con 700 porti, una flotta di pesca tra le più grandi in Europa e un settore di acquacoltura in fortissima espansione.
NUOVE E VECCHIE EMERGENZE – “Disastri ecologici, temperature in aumento, crisi dei rifugiati, disoccupazione e ultimo, ma non meno importante, la pandemia: la regione mediterranea – spiega il direttore della Wwf Mediterranean Marine Initiative, Giuseppe Di Carlo – è in costante stato di emergenza, incapace di futuro”. Di Carlo ricorda che “il mare è l’unico e più importante tesoro naturale ed economico che possediamo. Ed è qui – sottolinea – che dobbiamo investire se vogliamo avere la possibilità di una ripresa reale e a lungo termine. La recente interruzione di alcune attività marittime a causa di Covid 19 ha confermato che se riduciamo la pressione sul mare, gli stock ittici e gli habitat marini potrebbero ricostruire rapidamente e fornire le risorse necessarie a sostenere il nostro rilancio socioeconomico”.
IL FUTURO DELLA PESCA – La pesca, spiega il Wwf, è un settore chiave. “Anni di pesca eccessiva – afferma il Wwf – hanno reso il Mediterraneo il mare più sfruttato al mondo con conseguenze sul settore: molte attività di pesca sono crollate, le flotte si riducono e i piccoli pescatori sono costretti a lasciare il lavoro mentre i giovani si allontanano dalle comunità”. I pescatori devono, inoltre, condividere il mare con altri settori in crescita: l’acquacoltura è quadruplicata negli ultimi 20 anni e rappresenta già oltre la metà della produzione totale del pescato nel Mediterraneo, mentre il trasporto marittimo potrebbe crescere del 4% l’anno. Anche il turismo, nonostante il possibile rallentamento dovuto alle restrizioni di Covid 19, ha visto una forte crescita negli ultimi anni.