Avevano messo le mani sul business delle scommesse legali, da Palermo fino alla Lombardia. Le indagini della Dda di Palermo, guidata dal procuratore Francesco Lo Voi, hanno portato alla luce un vero e proprio sistema con il quale i clan, con l’aiuto di imprenditori compiacenti, erano riusciti a creare un giro d’affari stimato in oltre 100 milioni di euro. Per questo la Guardia di Finanza ha arrestato 8 persone, mentre altre due sono state raggiunte da divieto di dimora nel palermitano, e sequestrato preventivamente beni per 40 milioni di euro. I dieci sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori aggravato dal favoreggiamento mafioso.
Per chiarire alcuni contrasti, il boss aveva dovuto partecipare alla riunione in cui si discusse la ricostituzione della cupola di Cosa Nostra. Quindici giorni fa avevano acquistato l’ultima agenzia di scommesse, ma da tempo avevano allungato i loro tentacoli su Salvatore Rubino, 59enne imprenditore ben integrato nel settore dei giochi legali, intestatario di licenze e concessioni. A gestire tutto però erano i boss dei mandamenti palermitani di Porta Nuova e Pagliarelli: Francesco Paolo Maniscalco, di 57 anni, e Salvatore Sorrentino, di 55 anni, entrambi già condannati per mafia. Su richiesta dei pm della Dda di Palermo (aggiunto Salvatore De Luca, sostituto procuratore Dario Scaletta) i tre sono stati arrestati, assieme ad altre cinque persone. In carcere anche l’imprenditore Vincenzo Fiore, di 42 anni, e Christian Tortora, di 44 anni, mentre sono finiti ai domiciliari Giuseppe Rubino, di 87 anni, e i due prestanome Antonino Maniscalco, di 26 anni, e Girolamo Di Marzo, di 59 anni.
Con il provvedimento, il gip Walter Turturici ha disposto anche un sequestro preventivo da 40 milioni di euro. Si tratta di otto società con sede in Campania, Lazio, Lombardia e Sicilia, “cinque delle quali titolari di concessioni governative cui fanno capo i diritti per la gestione delle agenzie scommesse”. Ma anche nove agenzie fisiche a Palermo, Napoli e in provincia di Salerno. Due fratelli, Elio e Maurizio Camilleri, “imprenditori collusi vicini” a Sorrentino, sono stati sottoposti al divieto di dimora nel territorio del comune di Palermo. I due avevano acquistato delle quote societarie – per conto del Mandamento – “investimento poi liquidato a causa di dissidi interni, con l’erogazione, in più tranche, di oltre 500mila euro“. Di loro Sorrentino aveva parlato in una riunione con Settimo Mineo, che poi fu arrestato nel blitz Nuova Cupola del dicembre 2018.
L’indagine dei finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria ha tracciato un volume d’affari da oltre cento milioni di euro e stamattina sono state eseguite delle perquisizioni anche nelle altre regioni coinvolte. Non è da escludere che l’inchiesta possa condurre a nuovi sviluppi, principalmente legati ai riferimenti del gruppo all’interno dell’agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Ma il cuore pulsante era a Palermo e nel business ormai inabissato si erano lanciati anche i boss delle famiglie della Noce, di Brancaccio, di Santa Maria del Gesù, Belmonte Mezzagno, in cui erano stati aperti dei centri scommesse, e di San Lorenzo che si erano occupati dei “lavori di allestimento” delle agenzie del gruppo. E che poi restituirono parte dei guadagni, partecipando al “sostentamento dei detenuti” nonché al mantenimento di un “vitalizio” per i familiari del boss assassinato Nicolò Ingarao.
A dimostrazione della trasversalità degli interessi economico-finanziari delle varie articolazioni di Cosa nostra palermitana, l’espansione sul territorio della rete di agenzie scommesse e di corner gestiti tramite le imprese sequestrate è stata garantita dall’ombrello protezionistico delle famiglie mafiose con le quali gli indagati si sono costantemente relazionati ottenendo reciproci vantaggi sia in termini affaristici che di rafforzamento della capacità di controllo economico-territoriale”, scrivono i finanzieri. A febbraio avevano acquistato un immobile trasformato in ufficio amministrativo di una delle società del gruppo. Proseguendo la mimetizzazione degli interessi nel business legale. Per i finanzieri una delle figure centrali era il boss Francesco Paolo Maniscalco, “soggetto di risalente ed indiscusso lignaggio mafioso” già condannato nel 2005 a quattro anni per mafia ed era lui a tenere i contatti con Rubino.
“L’indagine conferma l’approccio di Cosa nostra nell’attuazione della cosiddetta strategia di inabissamento, protesa cioè a mimetizzare le attività criminali all’interno di strutture imprenditoriali inserite nel tessuto economico legale, al fine di non suscitare allarme sociale e limitare gli interventi repressivi”, dice il colonnello Gianluca Angelini, comandante del Nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo. I loro affari tra l’altro non si erano fermati neppure in tempo di Covid, anzi stavano cercando delle opportunità per approfittare dell’immobilità. A febbraio avevano acquistato un immobile nel quartiere Malaspina, trasformato in ufficio amministrativo di una delle società del gruppo. Il 15 maggio invece avevano rilevato l’ultima agenzia di scommesse, proseguendo la mimetizzazione degli interessi nel business legale. Tra gli indagati c’è anche Salvatore Milano, 67enne capomafia di Porta Nuova, e nell’indagine emerge anche Enrico Splendore, noto imprenditore delle scommesse a cui lo scorso anno sono stati sequestrati 7 milioni di euro. Per i finanzieri una delle figure centrali era il boss Franco Maniscalco, “soggetto di risalente ed indiscusso lignaggio mafioso” già condannato nel 2005 a quattro anni per mafia, ed era lui a tenere i contatti con Rubino.
“Salvo te ne devi uscire..anzi dobbiamo uscire il più veloce possibile”, diceva il boss Maniscalco. E ancora “a me non interessa niente, pure di quello che pensi tu, si deve fare in questo modo e basta”, diceva rivolgendosi a Rubino. “Totuccio se l’è portata Serie A..ha fatto il mafioso, mi è piaciuto quello, gli ha detto una bugia a zio Settimo”, continuava riferendosi all’incontro convocato per riformare la cupola dopo la morte di Totò Riina. Poi parlando di uno dei prestanome, il boss Sorrentino chiarisce i rapporti tra i vari componenti del gruppo. “Jimmy si deve ‘calare i cavusi’ (i pantaloni ndr) a fare tutto quello che gli diciamo, denunce non ne deve fare e non deve fare questo, io mi ci afferro… visto che è uomo mio e ne rispondo io, se Jimmy si ‘arrisica’ (rischia ndr) a fare qualche denuncia, io ci rompo le gambe a lui e poi mi vado a consumare con loro”. “Noi sbagliamo, piangiamo le conseguenze – rispondeva un altro degli indagati – e poi ci facciamo uscire il sangue dalla bocca”.
Mafie
Palermo, le mani dei clan sulle scommesse legali. Blitz della Guardia di Finanza: 8 arresti. Tra accuse, associazione mafiosa e riciclaggio
Altre due persone colpite dal divieto di dimora a Palermo, mentre sono stati sequestrati preventivamente beni per 40 milioni di euro. L'indagine dei finanzieri ha tracciato un volume d'affari da oltre 100 milioni di euro e stamattina sono state eseguite delle perquisizioni anche nelle altre regioni coinvolte
Avevano messo le mani sul business delle scommesse legali, da Palermo fino alla Lombardia. Le indagini della Dda di Palermo, guidata dal procuratore Francesco Lo Voi, hanno portato alla luce un vero e proprio sistema con il quale i clan, con l’aiuto di imprenditori compiacenti, erano riusciti a creare un giro d’affari stimato in oltre 100 milioni di euro. Per questo la Guardia di Finanza ha arrestato 8 persone, mentre altre due sono state raggiunte da divieto di dimora nel palermitano, e sequestrato preventivamente beni per 40 milioni di euro. I dieci sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori aggravato dal favoreggiamento mafioso.
Per chiarire alcuni contrasti, il boss aveva dovuto partecipare alla riunione in cui si discusse la ricostituzione della cupola di Cosa Nostra. Quindici giorni fa avevano acquistato l’ultima agenzia di scommesse, ma da tempo avevano allungato i loro tentacoli su Salvatore Rubino, 59enne imprenditore ben integrato nel settore dei giochi legali, intestatario di licenze e concessioni. A gestire tutto però erano i boss dei mandamenti palermitani di Porta Nuova e Pagliarelli: Francesco Paolo Maniscalco, di 57 anni, e Salvatore Sorrentino, di 55 anni, entrambi già condannati per mafia. Su richiesta dei pm della Dda di Palermo (aggiunto Salvatore De Luca, sostituto procuratore Dario Scaletta) i tre sono stati arrestati, assieme ad altre cinque persone. In carcere anche l’imprenditore Vincenzo Fiore, di 42 anni, e Christian Tortora, di 44 anni, mentre sono finiti ai domiciliari Giuseppe Rubino, di 87 anni, e i due prestanome Antonino Maniscalco, di 26 anni, e Girolamo Di Marzo, di 59 anni.
Con il provvedimento, il gip Walter Turturici ha disposto anche un sequestro preventivo da 40 milioni di euro. Si tratta di otto società con sede in Campania, Lazio, Lombardia e Sicilia, “cinque delle quali titolari di concessioni governative cui fanno capo i diritti per la gestione delle agenzie scommesse”. Ma anche nove agenzie fisiche a Palermo, Napoli e in provincia di Salerno. Due fratelli, Elio e Maurizio Camilleri, “imprenditori collusi vicini” a Sorrentino, sono stati sottoposti al divieto di dimora nel territorio del comune di Palermo. I due avevano acquistato delle quote societarie – per conto del Mandamento – “investimento poi liquidato a causa di dissidi interni, con l’erogazione, in più tranche, di oltre 500mila euro“. Di loro Sorrentino aveva parlato in una riunione con Settimo Mineo, che poi fu arrestato nel blitz Nuova Cupola del dicembre 2018.
L’indagine dei finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria ha tracciato un volume d’affari da oltre cento milioni di euro e stamattina sono state eseguite delle perquisizioni anche nelle altre regioni coinvolte. Non è da escludere che l’inchiesta possa condurre a nuovi sviluppi, principalmente legati ai riferimenti del gruppo all’interno dell’agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Ma il cuore pulsante era a Palermo e nel business ormai inabissato si erano lanciati anche i boss delle famiglie della Noce, di Brancaccio, di Santa Maria del Gesù, Belmonte Mezzagno, in cui erano stati aperti dei centri scommesse, e di San Lorenzo che si erano occupati dei “lavori di allestimento” delle agenzie del gruppo. E che poi restituirono parte dei guadagni, partecipando al “sostentamento dei detenuti” nonché al mantenimento di un “vitalizio” per i familiari del boss assassinato Nicolò Ingarao.
A dimostrazione della trasversalità degli interessi economico-finanziari delle varie articolazioni di Cosa nostra palermitana, l’espansione sul territorio della rete di agenzie scommesse e di corner gestiti tramite le imprese sequestrate è stata garantita dall’ombrello protezionistico delle famiglie mafiose con le quali gli indagati si sono costantemente relazionati ottenendo reciproci vantaggi sia in termini affaristici che di rafforzamento della capacità di controllo economico-territoriale”, scrivono i finanzieri. A febbraio avevano acquistato un immobile trasformato in ufficio amministrativo di una delle società del gruppo. Proseguendo la mimetizzazione degli interessi nel business legale. Per i finanzieri una delle figure centrali era il boss Francesco Paolo Maniscalco, “soggetto di risalente ed indiscusso lignaggio mafioso” già condannato nel 2005 a quattro anni per mafia ed era lui a tenere i contatti con Rubino.
“L’indagine conferma l’approccio di Cosa nostra nell’attuazione della cosiddetta strategia di inabissamento, protesa cioè a mimetizzare le attività criminali all’interno di strutture imprenditoriali inserite nel tessuto economico legale, al fine di non suscitare allarme sociale e limitare gli interventi repressivi”, dice il colonnello Gianluca Angelini, comandante del Nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo. I loro affari tra l’altro non si erano fermati neppure in tempo di Covid, anzi stavano cercando delle opportunità per approfittare dell’immobilità. A febbraio avevano acquistato un immobile nel quartiere Malaspina, trasformato in ufficio amministrativo di una delle società del gruppo. Il 15 maggio invece avevano rilevato l’ultima agenzia di scommesse, proseguendo la mimetizzazione degli interessi nel business legale. Tra gli indagati c’è anche Salvatore Milano, 67enne capomafia di Porta Nuova, e nell’indagine emerge anche Enrico Splendore, noto imprenditore delle scommesse a cui lo scorso anno sono stati sequestrati 7 milioni di euro. Per i finanzieri una delle figure centrali era il boss Franco Maniscalco, “soggetto di risalente ed indiscusso lignaggio mafioso” già condannato nel 2005 a quattro anni per mafia, ed era lui a tenere i contatti con Rubino.
“Salvo te ne devi uscire..anzi dobbiamo uscire il più veloce possibile”, diceva il boss Maniscalco. E ancora “a me non interessa niente, pure di quello che pensi tu, si deve fare in questo modo e basta”, diceva rivolgendosi a Rubino. “Totuccio se l’è portata Serie A..ha fatto il mafioso, mi è piaciuto quello, gli ha detto una bugia a zio Settimo”, continuava riferendosi all’incontro convocato per riformare la cupola dopo la morte di Totò Riina. Poi parlando di uno dei prestanome, il boss Sorrentino chiarisce i rapporti tra i vari componenti del gruppo. “Jimmy si deve ‘calare i cavusi’ (i pantaloni ndr) a fare tutto quello che gli diciamo, denunce non ne deve fare e non deve fare questo, io mi ci afferro… visto che è uomo mio e ne rispondo io, se Jimmy si ‘arrisica’ (rischia ndr) a fare qualche denuncia, io ci rompo le gambe a lui e poi mi vado a consumare con loro”. “Noi sbagliamo, piangiamo le conseguenze – rispondeva un altro degli indagati – e poi ci facciamo uscire il sangue dalla bocca”.
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Amsterdam, 3 feb. –(Adnkronos) - E' nell'ottica di una semplificazione "in linea con i cambiamenti comunicati" a dicembre al momento dell'uscita di Carlos Tavares, la riorganizzazione annunciata questa mattina da Stellantis. Un 'aggiornamento' che rafforza il ruolo delle singole regioni, accorpa ingegneria e software, rilancia su qualità e marketing e vede l'uscita di scena di alcuni top manager. Decisioni - si spiega in una nota - che "consentono il giusto equilibrio tra responsabilità regionali e globali, facilitando la rapidità delle scelte e la loro esecuzione" e "rafforzano ulteriormente l’impegno di Stellantis nell’ascoltare i propri clienti" ponendo "le basi per una rinnovata crescita".
A livello di management, Linda Jackson lascia il gruppo e al vertice del brand Peugeot è sostituita da Alain Favey. Abbandona anche Yves Bonnefont, Chief Software Office, visto che "le attività software sono ora integrate in un’organizzazione di sviluppo e tecnologia del prodotto guidata da Ned Curic allo scopo di semplificare il processo di immissione sul mercato di prodotti e servizi innovativi per tutti i brand in tutti i mercati in cui l’azienda è presente". Nuovo responsabile anche per Jeep, con la nomina di Bob Broderdorf, dal momento che Antonio Filosa - che mantiene il suo attuale ruolo di COO delle Regioni d’America - assume la leadership globale dell’ente Quality, definito "fulcro della promessa dell’azienda ai clienti".
Nuovo capo anche per DS, dal momento che Olivier François - che mantiene la responsabilità di Fiat e Abarth - guiderà un nuovo Marketing Office, per seguire meglio le attività di promozione dei singoli brand e "supportarli al meglio, in particolare attraverso la pubblicità, gli eventi globali e le sponsorizzazioni". Gli enti Corporate Affairs e Communications sono stati uniti sotto la guida di Clara Ingen-Housz e Anne Abboud è stata nominata alla guida dell’unità veicoli commerciali di Stellantis Pro One.
Come sottolinea il Chairman di Stellantis John Elkann "gli annunci di oggi semplificheranno ulteriormente la nostra organizzazione e aumenteranno la nostra agilità e il rigore dell’esecuzione a livello locale. Non vediamo l’ora di guidare la crescita fornendo ai nostri clienti una scelta ancora più ampia di straordinari veicoli a combustione, ibridi ed elettrici”. Confermata la linea sul processo di nomina del nuovo Chief Executive Officer che "è in corso, gestito da un Comitato Speciale del Consiglio d’Amministrazione, e si concluderà entro la prima metà del 2025".
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Siamo vicini ad Antonio Tajani, alla sua famiglia e soprattutto a suo figlio Filippo, vittima di un malore durante una partita di calcio. Gli auguriamo una pronta guarigione, e che possa tornare presto in campo”. Lo dichiarano i capigruppo della Lega alla Camera e al Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Esprimo il mio più profondo riconoscimento alla Brigata Sassari per il coraggio, la dedizione e l’alto senso del dovere dimostrato durante tutta la missione Unifil. Ringrazio il generale Messina, con il quale sono sempre rimasta in contatto per essere costantemente informata sullo stato del contingente. I nostri soldati hanno affrontato sfide complesse e delicate, portando avanti il nome dell’Italia con grande professionalità. Il loro impegno ha garantito la stabilità in una regione così fragile, e sono fiera di come abbiano rappresentato la nostra Nazione". Lo ha affermato la deputata di Fratelli d'Italia Barbara Polo, componente della commissione Difesa, al rientro del contingente della Brigata Sassari.
"Da sarda, -ha aggiunto- non posso che essere estremamente orgogliosa nel vedere i miei concittadini impegnati con tanto valore nelle operazioni internazionali. La Brigata Sassari è il fiore all’occhiello del nostro esercito, una realtà che continua a distinguersi per preparazione e coraggio”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Ci mancavano i sedicenti comitati civici che spalleggiano gli occupanti abusivi di immobili a rendere sempre più invivibile il quartiere Esquilino, uno dei più belli di Roma da tempo in mano ad immigrati clandestini e bande criminali. Ne ha fatto le spese un bravo giornalista come Luca Telese aggredito per aver difeso i presidi di legalità che dopo le denunce della Lega le istituzioni stanno predisponendo. Telese chiamato ad un’assemblea pubblica da un sedicente Polo Civico ha avuto l'ardire di affermare che cancellate di protezione dei luoghi di socialità non sono poi da demonizzare. Per difendere la possibilità di vivere in pace e nella legalità all'Esquilino di Roma, come in tutte le periferie d'Italia, è necessario che venga subito definitivamente approvato il ddl sicurezza”. Lo afferma il deputato della Lega ed ex magistrato Simonetta Matone.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Nella loro foga alla ricerca del complotto, di qualcuno su cui scaricare le proprie responsabilità, di uno spauracchio a cui assegnare colpe per nascondere le inadeguatezze del governo Meloni, i colleghi di Fratelli d’Italia hanno nuovamente toccato inesplorate vette di contraddizione. L’ultimo attacco frontale è stato riservato a Gimbe e al suo presidente Cartabellotta, colpevole di aver detto con dati inequivocabili che il decreto dell’Esecutivo sulle liste d’attesa è fermo al palo e che solo uno dei sei decreti attuativi è stato già approvato". Lo afferma Andrea Quartini, capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Affari sociali della Camera e coordinatore del Comitato politico salute e inclusione sociale del M5S.
"Oltre a usare parole estremamente gravi nei confronti di chi porta avanti con serietà e professionalità un preziosissimo lavoro scientifico a tutela della sanità, il senatore Zaffini -aggiunge l'esponente pentastellato- ha però di fatto confermato i ritardi denunciati da Cartabellotta, sebbene secondo lui siano in realtà tempi record. Una contraddizione decisamente bizzarra. E nel frattempo, i medici di medicina generale operano come meglio credono e la proposta di Forza Italia in merito è ancora ben lontana dal concretizzarsi".
"Al presidente Cartabellotta -conclude Quartini- va tutta la mia solidarietà, visto che ultimamente è stato identificato come avversario politico, alla stregua di una forza di opposizione, come persino Bruno Vespa aveva avuto l’indecenza di dire. Questo attacco scomposto, in ogni caso, non fa che confermare la linea di questa maggioranza: è sempre colpa degli altri. Dai magistrati, a coloro che distribuiscono la benzina, fino a Gimbe”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Il nemico del giorno del governo è la Fondazione Gimbe e in particolare il suo presidente Nino Cartabellotta, accusato da esponenti di maggioranza di essere un bugiardo che falsifica i dati perché ‘cavalier servente’ e comunista. Affermazioni di una gravità inaudita contro un organismo indipendente e autorevole come Gimbe, che fa un grande lavoro di raccolta e verifica dei dati sanitari. La colpa di Cartabellotta? Aver fatto notare che a sei mesi dall’approvazione del decreto liste d’attesa mancano ancora cinque dei sei decreti attuativi, cosa tra l’altro confermata dalla stessa maggioranza". Lo afferma Mariolina Castellone, senatrice M5S e vicepresidente del Senato.
"Ancora una volta, questa destra cerca di trasferire su altri le colpe della propria incapacità e si produce in un costante bullismo contro professionisti che fanno il proprio lavoro, cercando di intimorirli. Per fortuna -conclude l'esponente pentastellata- ci sono i numeri a parlare e a smentire la propaganda di governo. E ci siamo noi a tutelare le voci libere e indipendenti”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Quello delle liste di attesa è un tema che riguarda non solo la salute ma anche la dignità della persona. Un tema che richiede senso di responsabilità e che non riscontro nelle dichiarazioni sparate a raffica da esponenti di Pd, 5 stelle e sinistra. Gli stessi che ci hanno consegnato un Servizio sanitario nazionale allo sfascio e per il quale ci stiamo adoperando per rimetterlo in sesto. Il collega Cartabellotta e la Fondazione Gimbe meritano rispetto, in quanto sono giustificati per la mancata conoscenza del lavoro che il Governo ha messo in campo sui decreti attuativi. Non posso al contrario giustificare i colleghi senatori che siedono nella commissione Sanità del Senato presieduta dal presidente Zaffini o i presidenti di Regione che prendono parte alla Conferenza Stato-Regioni". Lo afferma il senatore Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d'Italia in commissione Sanità in Senato.
"Se non sanno -aggiunge- devo purtroppo arguire che dormono mentre se, come penso, sanno e attaccano il presidente Zaffini, che ha solo voluto puntualizzare il lavoro del Governo in risposta alle valutazioni della Fondazione Gimbe, è grave perché si tratta di un comportamento in grave mala fede. Si può anche non conoscere quanto si stia facendo sul tema, ma il senso di responsabilità vuole che prima di sparare a salve ci si informi e ci si documenti . In questo modo si prenderebbe facilmente atto che quanto annunciato dalla Fondazione Gimbe non è proprio puntuale perché -e lo ha spiegato bene il presidente Zaffini- la situazione riguardo ai decreti attuativi è la seguente: Criteri di funzionamento della piattaforma nazionale e regionali delle liste d’attesa: Il decreto è stato trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni. In attesa del parere della Conferenza Stato Regioni alla quale è stato inviato il 13 settembre 2024".
"Funzionamento della piattaforma nazionale di monitoraggio in coerenza con il modello di classificazione e stratificazione della popolazione, risulta ‘fatto’. Poteri sostitutivi del ministero della Salute in caso di inottemperanza delle Regioni e il rispetto agli obiettivi della legge: decreto trasmesso in Conferenza Stato-Regioni il 6 novembre 2024. Linee di indirizzo per l’attivazione dei sistemi di disdetta da parte dei Cup: il decreto è in fase di definizione da attuare con il Piano nazionale delle liste d’attesa in lavorazione predisposto dalla Direzione generale della Programmazione sanitaria già condiviso con Regioni e Mef. Metodologia per la definizione del fabbisogno di personale del Ssn (superamento tetti di spesa): il decreto è in via di ultimazione. Il Piano di azione per rafforzare i servizi sanitari e sociosanitari (nelle Regioni del Sud destinatarie dei fondi del Piano nazionale Equità e salute): decreto trasmesso alla conferenza Stato-Regioni il giorno 8 gennaio 2025".
"In questo confronto tra Zaffini e i nostri avversari politici -conclude Zullo- si può cogliere la differenza tra noi e loro: noi lavoriamo per mettere riparo agli sfasci che ci hanno lasciato in eredità, loro non sanno andare oltre l’irresponsabile e deleteria polemica sterile, dannosa dell’immagine del nostro Servizio sanitario nazionale”.