Ogni tanto c’è una buona notizia. Ieri, Peppe Provenzano, ministro per il Sud e la Coesione sociale, ha annullato la sua partecipazione al convegno organizzato dall’associazione culturale Mecenate 90, quando si è accorto che il panel era composto esclusivamente da uomini.
Me ne accorgo solo ora, è l’immagine non di uno squilibrio, ma di una rimozione di genere. Mi scuso con organizzatori e partecipanti, ma la parità di genere va praticata anche così: chiedo di togliere il mio nome alla lunga lista.Spero in un prossimo confronto.Non dimezzato, però pic.twitter.com/cfresbImZU
— Peppe Provenzano (@peppeprovenzano) June 7, 2020
Solamente un mese fa, il governo Conte era stato duramente criticato perché c’erano poche donne nelle task force per la ricostruzione del post coronavirus. Dopo le proteste da parte di senatrici e di attiviste femministe che avevano dato il via alla campagna #datecivoce, Giuseppe Conte era corso ai ripari coinvolgendo un maggior numero di esperte. In quei giorni, Emiliano Fittipaldi scriveva sull’Espresso che le donne, sia durante che dopo l’emergenza coronavirus, erano state tagliate fuori dalla Storia. Non erano nei luoghi dove si decideva come affrontare la pandemia e nemmeno nei luoghi dove si narrava una tragedia nazionale perché gli esperti erano soprattutto uomini.
L’assenza o la scarsa presenza delle donne nei ruoli apicali o di rappresentanza è il segnale di un deficit di democrazia che non concede le stesse opportunità a uomini e donne. Un gap che viene sanato talvolta con le quote rosa, puntualmente criticate in nome della competenza. Se ci fate caso, ci si preoccupa della competenza solo quando si chiedono chance per le donne. Nei luoghi dove ci sono in larga maggioranza uomini, non ci si domanda mai se sono competenti o quali meriti abbiano. La competenza maschile è una virtù incarnata che non deve essere verificata e non importa se ci sono miracolati privi di merito. Pare che gli uomini siano seduti sulla loro fortuna.
Il motivo lo spiega Chiara Volpato in Psicosociologia del maschilismo. I giudizi sulle persone e i gruppi sociali si reggono su due qualità fondamentali (Big Two): una è la capacità di stringere relazioni interpersonali ed è uno stereotipo che si associa generalmente alle donne e l’altro è la capacità di raggiungere gli obiettivi, stereotipo prevalentemente associato agli uomini. Così le donne sono percepite come calde, accoglienti e focalizzate sui bisogni del prossimo e gli uomini sono percepiti freddi, autocentrati e competenti. Nel primo e nel secondo caso si prescinde da una valutazione realistica delle qualità di entrambi.
Il sistema di pregiudizi e stereotipi diventa una profezia che si autoavvera perché se gli uomini sono percepiti più competenti delle donne, è inevitabile che siano favoriti nella scalata ai ruoli apicali interdetti alle donne. I pregiudizi e gli stereotipi pesano nella dimensione pubblica ma anche in quella privata: sulle donne continua a pesare un maggior carico di lavoro di cura con effetti a catena sulla disoccupazione e sui redditi che sono più bassi.
Ben vengano i ministri che non accettano ‘la rimozione di genere’ ma i bei gesti non bastano se poi si fanno scelte politiche che negano pari opportunità e tagliano fondi al welfare tanto poi ci pensano le donne ad occuparsi gratuitamente dei figli, dei malati o degli anziani.
@nadiesdaa