Ricercatori dell'Università Nazionale di Singapore hanno messo a punto un nuovo tipo di celle fotovoltaiche, in grado di produrre energia grazie il contrasto tra le zone in ombra e quelle illuminate, con un costo assai inferiore rispetto alle normali celle solari.
Produrre energia solare, pulita e rinnovabile, dall’ombra: sembra un paradosso o una tecnologia fantascientifica, ma non lo è. Quella messa a punto dai ricercatori dell’Università Nazionale di Singapore è invece una tecnologia concreta, che sfrutta il contrasto tra luce e ombra per produrre energia. Attualmente le celle si sono dimostrate in grado di alimentare un semplice smartwatch, ma in futuro, quando la tecnologia sarà matura, potrebbe essere una soluzione perfetta anche per gli impianti fotovoltaici all’aperto, o quantomeno per alimentare i dispositivi in-door, consentendo di produrre energia anche in casa.
Il concetto da cui sono partiti i ricercatori è semplice: “Le ombre sono onnipresenti e spesso le diamo per scontate”, ha infatti spiegato la scienziata dei materiali Tan Swee Ching, dell’Università Nazionale di Singapore. “Nelle applicazioni fotovoltaiche o optoelettroniche convenzionali in cui viene utilizzata una fonte di luce costante per alimentare i dispositivi, la presenza di ombre è indesiderabile, poiché degrada le prestazioni dei dispositivi stessi. In questo lavoro, abbiamo sfruttato il contrasto di illuminazione causato dalle ombre come un fonte di energia indiretta. Il contrasto nell’illuminazione induce una differenza di tensione tra l’ombra e le sezioni illuminate, con conseguente produzione di corrente elettrica. Questo nuovo concetto di raccolta di energia in presenza di ombre non ha precedenti”.
Il SEG (Shadow-Effect Energy Generator) comprende una serie di celle disposte su una pellicola di plastica flessibile e trasparente. Ogni cella è un sottile film d’oro depositato su un wafer di silicio e può essere realizzata a un costo assai inferiore rispetto alle celle solari al silicio commerciali. Il team di ricercatori ha condotto una serie di test per verificare le prestazioni del SEG nella generazione di elettricità e come sensore autoalimentato. “Quando l’intera cella SEG è illuminata o in ombra, la quantità di elettricità generata è molto bassa o nulla. Quando una parte della cella SEG è illuminata, viene rilevata un’uscita elettrica significativa. Abbiamo anche scoperto che la superficie ottimale per la generazione di elettricità è quando metà della cella SEG è illuminata e l’altra metà in ombra, in quanto ciò offre un’area sufficiente per la generazione e la raccolta della carica, rispettivamente”, ha spiegato il professor Andrew Wee.
Sulla base dei dati raccolti in laboratorio, il SEG a quattro celle sembra essere due volte più efficace rispetto alle celle solari al silicio commerciali. Inoltre, il team ha anche dimostrato che il SEG può fungere da sensore autoalimentato per il monitoraggio di oggetti in movimento. Le sue caratteristiche specifiche infatti consentono al SEG di rilevare il passaggio di oggetti, attivandosi proprio grazie all’ombra intermittente proiettata sul sensore.
Ovviamente c’è ancora molto lavoro da fare, prima che le celle SEG siano pronte per il mercato. Gli scienziati in particolare vogliono provare ad abbatterne ulteriormente i costi, probabilmente sostituendo l’oro con un altro materiale. “Con la sua efficienza in termini di costi, semplicità e stabilità, il nostro SEG offre un’architettura promettente per generare energia verde dalle condizioni ambientali per alimentare i dispositivi elettronici, specialmente negli edifici”, scrivono i ricercatori nel loro studio.