La Croce Rossa italiana è costretta a prorogare fino a fine giugno l’indagine epidemiologica nazionale finalizzata a mappare la diffusione del coronavirus. La risposta dei cittadini selezionati dall’Istat per effettuare i test sierologici è stata a dir poco insufficiente. Sul campione di oltre 150mila soggetti selezionati in 2mila comuni e tutti contattati dalla Cri, solo il 24% ha infatti risposto positivamente al primo contatto e di questi oltre la metà ha effettuato già il prelievo. Un 63% di persone è invece da ricontattare perché, per vari motivi, non ha ancora risposto. Il 13% ha infine espresso un rifiuto temporaneo, che la Croce rossa cercherà di “trasformare in risposte positive”.

L’indagine, partita lo scorso 25 maggio e che sarebbe dovuta durare appena due settimane, è stata quindi prorogata fino a fine giugno. Varie le cause dello scarso entusiasmo degli italiani, a partire dal timore di dover effettuare un periodo di quarantena. “Onestamente – ha affermato il vicepresidente della Croce rossa Rosario Valastro – ci aspettavamo più adesioni, più che altro perché c’era stata una grande mobilitazione popolare”. Tra le spiegazioni della bassa disponibilità dei cittadini a sottoporsi ai test, “abbiamo pagato lo scotto di un acuirsi delle fake news sui social, una presenza eccessiva di varietà di test, alcuni dei quali sono stati poi ritirati dal commercio, mentre questi attuali sono i più sicuri, e poi anche a causa di una non completa informazione, dal momento che la campagna di comunicazione è stata avviata parallelamente all’avvio delle telefonate. Tant’è che poi l’adesione è andata un po’ crescendo”, argomenta Valastro.

Ma, sopratutto, a pesare è la mancanza di tempi certi tra il test sierologico e la somministrazione dei tamponi: proprio “i tempi incerti rappresentano una paura ricorrente. Abbiamo chiesto in tal senso al ministero della Salute nel tavolo comune – ha precisato il vicepresidente della Cri – ma questo dipende probabilmente dalle differenze territoriali”. Nel momento in cui il cittadino riceve infatti i risultati del test sierologico, l’eventuale presenza di anticorpi viene segnalata all’azienda sanitaria che impone la quarantena alla persona finché non si farà il tampone che rivelerà se è positivo o si è negativizzato. Ma quanto ai tempi dell’intera procedura, “noi – ha precisato Valastro – non possiamo dare alcuna scadenza perché dipende dai sistemi sanitari regionali, quindi non sappiamo i tempi entro cui i cittadini vengono poi sottoposti al tampone”.

Per questo, dalla Cri arriva un nuovo appello agli italiani selezionati: “L’appello che lanciamo a coloro che hanno ricevuto un sms di preallerta è che quando arriveranno le telefonate sappiano che non si tratta di pubblicità o altro, si tratta di un prelievo fatto in una struttura accreditata ed entro 15 giorni avrete i risultati della presenza o meno degli anticorpi”. Ma come si fa a riconoscere che non sia una truffa? Le chiamate, ricorda il ministero della Salute, provengono dal numero di Croce Rossa le cui prime cifre sono 06.5510, e tale numero è inserito anche nello spot che andrà in onda sulle reti Rai.

Intanto, a fornire una prima fotografia della diffusione del virus in una delle aree più colpite è un’altra indagine, sempre con test sierologici, promossa dall’Azienda sanitaria Ats di Bergamo: dal 23 aprile al 3 giugno sono state sottoposte al test 20.369 persone, di cui 9.965 cittadini e 10.404 sanitari. Per i cittadini, la percentuale di positività è del 57%, mentre tra il personale sanitario scende al 30%. La rilevazione fornisce un primo quadro territoriale della ‘quantità’ di cittadini che hanno sviluppato anticorpi al virus. L’obiettivo, con l’indagine nazionale, è di allargare la mappatura a tutto il territorio. I tempi, però, si allungheranno a questo punto inevitabilmente.

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