Quasi la metà dei fondi europei destinati alla Regione Lombardia per la zootecnia, 120 milioni di euro, sono destinati agli allevamenti intensivi nei comuni con carichi di azoto che eccedono i limiti di legge. Secondo una relazione tecnica della Regione, infatti, 168 comuni (uno su dieci) sono a rischio ambientale per eccessivi carichi di azoto, principalmente imputabili alle attività di zootecnia intensiva. Eppure proprio in quegli stessi comuni gli allevamenti intensivi continuano a ricevere importanti finanziamenti pubblici tramite la Pac (Politica agricola comune), mentre le piccole aziende che producono in modo ecologico scompaiono in silenzio. A rivelarlo è l’indagine ‘Fondi pubblici in pasto ai maiali’, pubblicata da Greenpeace.

Azoto, la Regione Lombardia chiede una deroga – In Lombardia vengono allevati circa la metà dei suini (4,3 milioni di capi) e un quarto dei bovini del nostro Paese. “Un carico di liquami da smaltire eccessivo per i territori che ospitano queste attività – scrive l’associazione – e che non sembra andare verso una diminuzione, dato che la Regione ha fatto richiesta di deroga per innalzare la soglia massima di chili di azoto per ettaro autorizzata. Un atto che sicuramente tende a soddisfare le esigenze dei grandi allevamenti, ma che mette ulteriormente a rischio la salute delle comunità”.

I rischi per l’acqua e per la salute – Attraverso lo spandimento sui campi degli effluenti zootecnici, grandi quantità di azoto e composti azotati finiscono sui terreni agricoli, da cui possono facilmente trasferirsi ai corpi idrici superficiali e alle falde acquifere, mettendo a rischio la qualità delle acque e aumentando la possibilità di esposizione dei cittadini a nitrati con ripercussioni serie per la salute. “Alcune indagini hanno evidenziato una relazione tra l’esposizione cronica a nitrati e una maggiore incidenza di cancro negli adulti” spiega nel rapporto Carlo Modonesi, membro del Comitato scientifico dell’Associazione medici per l’ambiente (Isde). Tanto che l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, emanazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, li ha inseriti nel gruppo dei ‘probabili cancerogeni per l’uomo’. “Il problema sta nell’eccessivo numero di animali allevati, soprattutto a concentrazioni così elevate come in Pianura Padana” spiega Federica Ferrario, responsabile Campagna Agricoltura di Greenpeace Italia, secondo cui “la soluzione non può essere una ulteriore deroga”, ma serve una profonda revisione della Pac e dei criteri con cui vengono assegnati i sussidi pubblici.

La direttiva nitrati – Con la Direttiva Nitrati (91/676/CEE) l’Europa ha fissato il limite di carico di azoto che ogni terreno può assorbire. Bruxelles ha chiesto a ogni Paese di classificare i suoi territori in ‘Zona Vulnerabile da Nitrati’ e non. Le ZVN sono territori caratterizzati da acque già contaminate o che potrebbero diventare tali in assenza di interventi adeguati. Per questo motivo, in queste aree il limite legale di azoto al campo annuo, derivante dalle deiezioni animali, è fissato a 170 chili ad ettaro ossia la metà del limite fissato per i terreni non vulnerabili. L’Italia è già sotto procedura di infrazione da parte della Commissione europea proprio per mancato adeguamento alla Direttiva nitrati. In particolare Bruxelles contesta carenze nella designazione delle ZVN, nei monitoraggi delle acque e nell’adozione di misure supplementari per contrastare l’inquinamento da nitrati.

Le aree dove si superano i limiti – Le ZVN devono quindi essere maggiormente tutelate dal punto di vista ambientale, cosa che invece non sempre accade. Stando ai dati della relazione tecnica di Regione Lombardia, nel 43% dei comuni lombardi in ZNV il carico di azoto supera i limiti fissati. “Il limite di 170 chili a ettaro di azoto è superato in gran parte delle aree agricole di pianura delle province di Bergamo e Brescia – si legge sui documenti ufficiali della Regione – nella parte sudoccidentale e nordoccidentale (al confine con la provincia di Brescia) della provincia di Mantova, nel settore settentrionale della provincia di Cremona e in alcuni comuni della provincia di Lodi”, mentre in alcuni comuni viene frequentemente superato anche il limite di 340 chili a ettaro.

La trasparenza nell’erogazione dei sussidi – L’indagine ‘Fondi pubblici in pasto ai maiali’ ha sovrapposto alla mappa dei carichi di azoto prodotta dalla Regione Lombardia quella dei fondi europei destinati agli allevamenti lombardi, elaborata con i dati ottenuti solo dopo una lunga serie di richieste di accesso agli atti agli organismi pagatori della Pac, andando a rilevare come quasi la metà dei fondi finiscano proprio nei 168 comuni ‘fuorilegge’. “Maggiore trasparenza nell’erogazione dei sussidi e maggiori controlli sulle pratiche agricole sono necessari – aggiunge Federica Ferrario – ma ciò che serve con urgenza è modificare radicalmente il sistema che sostiene i modelli di produzione intensiva e valorizzare invece le tante produzioni di qualità su piccola scala, per renderle ancora più sostenibili e resilienti anche a crisi come quella legata al Covid-19”.

Le richieste alla commissione europea – Per Greenpeace non c’è dubbio: bisogna smettere di finanziare i sistemi di produzione intensivi e di ambire all’aumento della produzione a ogni costo. “Occorre invece ridurre drasticamente produzione e consumi di carne e latticini e destinare i fondi pubblici – spiega la responsabile Campagna Agricoltura di Greenpeace Italia – per aiutare gli agricoltori a una transizione degli allevamenti intensivi verso metodi di produzione ecologici”. Queste le richieste che Greenpeace ha presentato alla Commissione europea in occasione della recente pubblicazione della strategia Farm to Fork, puntando l’attenzione anche su una revisione della Pac che destini realmente l’enorme quantità di fondi disponibili verso produzioni sostenibili.

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