di Diego Battistessa*

Desaparecidos e America Latina: un binomio tragico, storico e che denuncia una pratica violenta che si basa sull’impunità, sulla clandestinità e connivenza dello stato con forze paramilitari, sulla volatilità e sull’impermanenza dei diritti umani in questa regione del mondo. In Italia negli ultimi anni hanno risuonato nei media diversi casi simbolo: ad esempio nel 2014, in Messico, il caso dei 43 studenti di Ayotzinapa e nel 2017, in Argentina, il caso dell’attivista per i diritti dei popoli indigeni, Santiago Maldonado.

Questa pratica efferata nasce negli ’60 in America Centrale, per mano delle forze militari. Un metodo repressivo, usato già nel 1932 in El Salvador dal regime di Hernández Martínez ma che trova la sua vera e propria genesi in Guatemala tra il 1963 e il 1966. Ana Lucrecia Molina Theissen, nel suo libro La desaparición forzada en America Latina (La sparizione forzata in America Latina) ci racconta che dopo il suo primo utilizzo massivo, la pratica si estese a macchia d’olio negli stati di El Salvador, Cile, Uruguay, Argentina, Brasile, Colombia, Perù, Honduras, Bolivia, Haiti e Messico.

Amnesty Internacional e Fedefam (Federación Latinoamericana de Asociaciones de Familiares de Detenidos-Desaparecidos) hanno denunciato che in poco più di 20 anni, dal 1966 al 1986, circa novantamila persone siano state vittima di questa orribile pratica in America Latina (che continua ancora oggi). Per i perpetratori è il delitto perfetto: se non si trova la vittima non c’è colpevole e quindi non c’è delitto. Una logica folle e inumana che ha seminato di morte, e continua a farlo, la regione latinoamericana.

Tra i desaparecidos in America Latina, anche l’Italia conta le sue vittime. E proprio per raccontare queste storie e preservare la memoria, e il diritto di verità e giustizia, è nato nel gennaio 2020 a Roma il progetto Archivio Desaparecido. Il Centro di giornalismo permanente di Roma si è proposto di scavare nella vicenda dei desaparecidos italiani in America latina: storie che ci riguardano, che devono far parte della nostra memoria collettiva.

Ma quanti sono i desaparecidos italiani? Che fine hanno fatto? Quali sono le loro storie? I curatori del progetto, Elena Basso, Alfredo Sprovieri e Marco Mastrandrea, un anno fa sono partiti dalle storie e dai dati emersi dal processo Condor, per scoprire le risposte a queste domande e cercare di divulgarle. Le testimonianze già in possesso dell’Archivio Desaparecido sono 13, in grande maggioranza inedite, così ripartite: 8 Argentina, 3 Uruguay, 2 Cile, 1 Brasile.

Si tratta di lunghe interviste documentali, con testimoni diretti di una fase storica per molti versi ancora inesplorata. Mostrano i volti e le storie di parenti di desaparecidos italiani e di esuli politici nel nostro paese, quindi immigrati italiani torturati, uccisi e fatti sparire in America latina nel primo caso e persone che si sono salvate da quel destino atroce grazie all’Italia nel secondo.

Il progetto si basa su una campagna di crowdfunding (che ha raggiunto circa un terzo del suo obiettivo) per sostenere i costi delle ricerche e della gestione dello schedario: campagna di raccolta fondi che sarà attiva fino al 14 settembre 2020. Si legge dalla piattaforma del progetto: “Raccontare queste storie è un dovere e non resta molto tempo per farlo. Perché il testimone passi alle nuove generazioni questo progetto vuole dare voce agli ultimi testimoni rimasti di un crimine contro l’umanità che rischia di rimanere dimenticato…”.

Ancora una volta scopriamo che la nostra storia nazionale e la nostra responsabilità vanno ben oltre i confini del nostro Paese e che tra i doveri delle nuove generazioni c’è quello della memoria, dell’ascolto di chi può insegnarci a non ripetere le atrocità commesse nel passato.

Questo progetto non solo si propone di ridare dignità, voce, protagonismo e attenzione a storie di persone comuni che hanno vissuto sulla loro pelle le peggiori repressioni portate avanti in America Latina: questo progetto ci ricorda un’Italia cosmopolita i cui figli e figlie hanno cercato futuro e fortuna in altre terre, sotto altri cieli.

Mario Benedetti, indimenticato scrittore e poeta uruguaiano, nel suo poema Desaparecidos cristallizza il mondo che circonda questa tragedia. In un dialogo fuori dal tempo, tra chi è scomparso e chi cerca, rende nitido il dolore, rende acuta la sensazione di impotenza: “Nessuno ha spiegato loro con certezza/ se sono già partiti o no/ se sono stendardi o tremori/ sopravvissuti o risposte…”.

Per contattare l’Archivio Desaparecido scrivere a: archiviodesaparecido@gmail.com

*Docente e ricercatore dell’Istituto di studi Internazionali ed europei “Francisco de Vitoria” – Università Carlos III di Madrid. Latinoamericanista specializzato in Cooperazione Internazionale, Diritti Umani e Migrazioni.
www.diegobattistessa.com

Mail: dbattist@inst.uc3m.es
Instagram: Diegobattistessa

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