Politica

Fase 3, il rapporto di Colao si pone a distanza siderale dai problemi di emergenza abitativa

Da Vittorio Colao sono giunte proposte abitative nell’ambito delle Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022”, che rappresentano la distanza siderale dai problemi reali delle famiglie italiane. Nelle schede 40 e 41 – Edilizia abitativa ed Edilizia sociale – si afferma che per l’Edilizia Abitativa è necessario “sostenere un piano di investimenti finalizzato a potenziare un’offerta abitativa economicamente accessibile, socialmente funzionale ed ecosostenibile, attraverso la messa a disposizione di immobili e spazi pubblici inutilizzati”, mentre nulla si dice su quelli privati, “da sviluppare con fondi pubblico-privati da offrire sul mercato a prezzi calmierati (ad esempio il modello del Comune di Milano)”.

Questo partendo da una analisi che si fonda sul fatto che “quasi 5 milioni di famiglie e giovani professionisti hanno un accesso difficoltoso alla casa, a causa di redditi troppo alti per case popolari ma troppo bassi per il mercato libero”. Quindi bisogna “sostenere investimenti di social housing per potenziare l’offerta abitativa civile di qualità funzionale adeguata, sostenibile ed economicamente accessibile, attraverso l’Introduzione di quote minime obbligatorie di edilizia convenzionata nei grandi piani privati e pubblici di trasformazione urbana delle città metropolitane” (per loro non esistono i piccoli e medi centri) e la “messa a disposizione di una parte del patrimonio pubblico (ad esempio, ex militare o carcerario) per finalità di social housing, con valori fondiari ed oneri di urbanizzazione calmierati e con l’obiettivo di un’oculata gestione di aree urbane ad oggi spesso sotto-utilizzate”, con “destinazione di risorse pubbliche, nella forma di contributi a fondo perduto per consentire interventi a canoni e prezzi calmierati nelle aree meno agevolate del Paese”.

Una analisi di puro stampo liberista e oggi fuori dal contesto reale. Negli scorsi decenni proprio la svolta verso il social housing (intervento privato con risorse pubbliche) non ha comportato alcun beneficio, basti pensare ai due miliardi di euro destinati dalla Cassa depositi e prestiti che ha generato poche migliaia di alloggi – oltretutto senza alcun impatto né sulle 650mila famiglie collocate nelle graduatorie, né tantomeno sulle 50mila sentenze di sfratto per morosità emesse ogni anno, che potrebbero, nel 2020, aumentare a dismisura a causa degli effetti delle misure per il Covid 19.

Infatti gli “esperti” di Colao neanche si pongono la questione. Non menzionano le famiglie nelle graduatorie né quelle sfrattate, fanno riferimento a quella cosiddetta “zona grigia” di famiglie e professionisti che sono troppo ricchi per le case popolari e che hanno difficoltà. Come se in Italia non avessimo milioni di case sfitte, omettendo che si potrebbe intervenire per queste famiglie intervenendo sulla legge di riforma delle locazioni, per esempio abolendo il canale del libero mercato (sia mai che si limiti il libero mercato). Ma di questo i cosiddetti esperti non parlano, come non parlano, per esempio, delle 600-800mila famiglie che in queste settimane cercano disperatamente contributi affitto.

Per gli esperti di Colao quindi il mercato deve continuare ad imperare e cosa c’è di meglio che regalare a privati caserme o ex carceri per interventi di social housing ambientalmente compatibili e di qualità? Altro che case popolari da recuperare o autorecuperare dal patrimonio pubblico e privato inutilizzato.

La ricetta di Colao è esattamente quella degli ultimi 20 anni: niente case popolari, social housing, mercato che regola tutto, ovvero la ricetta che è parte del problema a causa della quale oggi in Italia abbiamo una vasta precarietà abitativa e un vasto disagio abitativo. La ricetta di Colao aggraverebbe ambedue.