La notte adesso è perforata da un continuo effetto doppler di sirene che vanno e vengono. Monk supera folle infuriate che si riversano su e giù per tutta la avenue, scagliando mattoni e bottiglie e lattine su un torrente di traffico intontito convogliato tra le volanti. In lontananza, le auto della polizia hanno sbarrato il prossimo incrocio, c’è una sfilza di poliziotti all’erta, con la divisa nera e i fucili. Il cielo scuro sopra Monk sembra frantumarsi in un cicaleccio cupo e vorticoso nell’aria torbida. Alza lo sguardo: il primo “uccello di ghetto” della notte svolazza allontanandosi, quelle pale d’elicottero che fuggono via nell’oscurità, e il faro che fruga per tutto il boulevard come un tunnel incandescente. “Coprifuoco d’emergenza in tutta la città” latra l’altoparlante come Dio dal cielo. “Restate nelle vostre case o sarete dichiarati in arresto.”
Pubblicato negli Stati Uniti nel 2018 e in Italia nel 2019, Odissea americana, opera prima di A. G. Lombardo (traduzione di Matteo Orsini: Il Saggiatore), è un romanzo di grandissima attualità, se letto con un’antenna direzionata a ciò che sta accadendo negli States dopo l’omicidio di George Floyd.
Siamo a Los Angeles, nell’agosto del 1965. Il presidente è il democratico Lyndon B. Johnson, celebre per la bufala del Golfo del Tonchino che porterà all’inutile conflitto vietnamita già alimentato dal suo predecessore, il bonaccione John F. Kennedy. Marquette Frye, un uomo di colore in apparente stato di ebrezza, suo fratello Ronald e loro madre, Rena, vengono arrestati. La folla presente contesta la decisione.
Iniziano così quelli che sono passati alla storia come i “Fatti di Watts”, una sommossa a sfondo razziale durata per oltre sei giorni che ha portato alla morte di trentaquattro persone, oltre mille feriti e più di tremila arresti. Si tratta di una delle rivolte più crude e violente della storia degli Stati Uniti d’America, superata solo dalla rivolta di Los Angeles del 1992 per numero di danni.
Il protagonista del romanzo, Americo Monk, si trova, suo malgrado, a essere testimone degli scontri, dei soprusi e dei saccheggi. Monk è un esploratore urbano, con un taccuino (che a tratti ricorda quello di Lucio Lunfardi, narrato da Vittorio Giacopini in Roma, sempre edito da Il Saggiatore) annota graffiti, murales e tag spruzzati di vernice sui muri del ghetto. Crea una topografia dell’arte di strada, una mappa segreta della megalopoli californiana.
Vive in un palazzo di container con l’amata Karmann e la sua esistenza procede serena e stralunata, ma poi scoppiano i tumulti a Watts e Monk si perde e dovrà ritrovare la strada di casa dove essersela vista con poliziotti arroganti in assetto antisommossa, gang, malavitosi asiatici, streghe moderne, signori delle fogne con un occhio bendato, un particolare Godzilla urbano, adepti della Nation of Islam, mentre barricata dei container Karman attende il suo ritorno circondata da pseudo-amici sciacalli pronti a prendere il posto dello scomparso Monk.
Un romanzo intelligente, ben scritto, con un ritmo e una musicalità efficace, tradotto magistralmente. Un testo che richiama, in parte l’Odissea di Omero, seppur ad Americo Monk manchi l’istinto della vendetta che muove Odisseo-Ulisse quando ritorna a Itaca, e l’unica maledizione che pende sulla sua testa potrebbe essere quella del Dio del Soul, eventualmente, per l’incapacità del protagonista di solidarizzare completamente con la protesta.
Uno spaccato storico, urbano, che attualizza usi e costumi e che mostra Los Angeles in una delle sue più drammatiche tappe. Un testo che richiama all’oggi, mostrandoci un atteggiamento endemico della repressione e del perbenismo a Stelle e Strisce.
“Leviamoci dalle palle subito” sibila un agente al collega motociclista. Marquette, Ronald, Rena sono tutti stipati sul sedile posteriore della macchina, battono i pugni sui finestrini. Mentre i due poliziotti si precipitano nella volante, la folla si solleva tutt’attorno (…) “Proprio come a Selma! Pezzi di merda!”. Ora, nell’istante in cui le gomme fischiano sul cordolo, la folla scaglia una lattina nella luce del crepuscolo, spirali di birra ambrate si librano come la scia di un razzo (…). Il sole è sceso. La folla si stringe. “Hanno colpito quella donna senza motivo!”. La voce acuta di una donna: “Incinta pure!”. Volano bottiglie e una pietra in direzione dell’auto, ma ormai è troppo lontana. Non ci sarà più luce.