Inaccettabile, inadeguato e spropositato, non soddisfacente e non realizzabile. Il governo e i commissari straordinari stroncano il piano industriale presentato da ArcelorMittal che prevede 5mila esuberi tra licenziamenti e mancato reintegro degli operai già in carico all’amministrazione straordinaria di Ilva. Ma davanti ai sindacati – che il piano, di fatto, non lo hanno visto perché ritenuto “riservato” – non arriva alcuna delucidazione sui dettagli né quali saranno le mosse che l’esecutivo intende architettare per frenare i tagli e i rinvii di ammodernamenti e ambientalizzazione che la multinazionale ha messo nero su bianco, facendo coriandoli dell’accordo firmato il 4 marzo per mettere fine alla guerra legale innescata a novembre nel tentativo di restituire gli impianti.

Sindacati: “Tempo scaduto, risposte rapide” – Una strategia per la fuga che si sospetta ArcelorMittal – assente all’incontro perché “quel piano non si può neanche discutere”, ha spiegato un ministro – continui a perseguire tutt’ora, comprando tempo in attesa di novembre quando grazie a una clausola del contratto potrà abbandonare le acciaierie di Ilva pagando 500 milioni di euro. Anche perché sotto il profilo tecnico e finanziario, lo ha detto chiaramente il commissario Alessandro Danovi, il piano “non è realizzabile”. Fiom, Uilm e Fim esprimono insoddisfazione e delusione per la mancanza di “verità”, dice il segretario della Uilm Rocco Palombella ricordando che ci sono migliaia di operai “disperati” con un assegno da 900 euro al mese, mentre la segretaria della Fiom Francesca Re David chiede “risposte rapide e concrete” per costruire un “percorso” che chiuda una vicenda aperta da 8 anni e imprima una “svolta radicale” alla vertenza. “Il tempo è scaduto, la situazione è esplosiva. Bisogna uscire dal ricatto”, è la richiesta dei sindacati. Ma mentre negli impianti cresce la tensione, la strada appare sempre più tortuosa perché il governo non ha un piano alternativo alla presenza di Mittal a Taranto.

Mise e Tesoro: “Piano inaccettabile, c’è un contratto” – Non a caso al di là delle bordate, il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli rimarca come sia intenzione del governo “portare avanti” l’accordo del 4 marzo che prevedeva un “coinvestimento” per tutelare i livelli occupazionali e guardare alla “produzione con idrogeno che può essere un elemento importante da qui a 5 anni”. Per questo il piano post-coronavirus di ArcelorMittal risulta “inaccettabile” e “si allontana radicalmente” dall’intesa raggiunta appena due mesi fa. E assicura: “Non c’è nessuna intenzione di portare avanti la loro proposta”. Una strategia “inadeguata”, la definisce il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, perché “va ben oltre l’adattamento agli effetti del Covid-19” e “si distacca sostanzialmente” dall’accordo. “C’è un contratto, ArcelorMittal si deve assumere le sue responsabilità. Siamo consapevoli che ci sono effetti legati alla pandemia, ma il piano è spropositato”, ragiona il titolare del Tesoro aggiungendo che “se la controparte ha modificato posizione, ne trarremo le debite conseguenze” ma avverte anche che “non esistono soluzioni semplici”, a maggior ragione ora che il rilancio di Ilva passa attraverso i tempi e le risorse del Green deal europeo. “Oggi abbiamo la possibilità, mai avuta prima, di mettere in campo importanti investimenti, anche grazie ai fondi Ue, per andare verso una transizione ecocompatibile”, è il ragionamento di Patuanelli che ha annunciato un nuovo incontro la prossima settimana anche con l’azienda “per trovare una soluzione”.

I commissari: “Impegni violati” – Investimenti e risorse di fronte ai quali i 5mila esuberi, aggiunge la ministra Nunzia Catalfo, sono una soluzione occupazionale “non accettabile”. La stessa sintesi dei commissari straordinari di Ilva in amministrazione straordinaria, che resta proprietaria degli impianti: “I 7.500 dipendenti ipotizzati e la possibile ripresa nel 2025, con il rientro di lavoratori, rappresenta una violazione degli impegni”, spiega il commissario Danovi. Né maggiore luce c’è, aggiunge, “sui numeri finanziari, eccessivamente sintetici”. A preoccupare, prosegue, è che “ci sono condizioni verso i soggetti terzi che dovrebbero finanziare anche le perdite”. Il piano presentato, sintetizza, “non può essere realizzato, abbiamo un contratto e cercheremo di farlo rispettare”.

Re David: “Situazione esplosiva, qual è il progetto?” – Ma se governo e commissari cercano spazi di manovra, per i sindacati non c’è più tempo. “La situazione negli impianti è esplosiva, non è più gestibile ed è impensabile andare avanti così”, avvisa la Fiom. “Si sciopera per conquistarsi un tavolo per discutere di cassa integrazione, c’è un clima di incertezza che dovrebbe essere obiettivo di tutti fermare”, dice Francesca Re David chiedendo chiedendo “cosa significhi concretamente” ritenere il piano inaccettabile. “Quali sono i tempi? A carico di chi è la clausola di salvaguardia per chi è in amministrazione straordinaria? Esiste un progetto alternativo a Mittal? L’incontro dovrebbe avere questo obiettivo – attacca – Sono dieci anni che andiamo avanti così, servono risposte da parte del governo all’interno di un piano di settore per la siderurgia. Va costruito rapidamente un percorso, i lavoratori sono sull’orlo della sopportabilità della situazione”.

Uilm: “Lavoratori disperati, usciamo dal ricatto” – Per Rocco Palombella è necessario un “incontro verità” perché Mittal “puntualmente stringe accordi e poi non li rispetta”. La multinazionale, dice il segretario della Uilm, “continua a prendere i fondelli tutti”. L’attacco del sindacalista è frontale: “Ci sono lavoratori disperati sono in cassa integrazione a 900 euro al mese e impianti fermi e che cadono a pezzi. Vi dovete interessare della vita dei lavoratori, ci sono gravi responsabilità della politica. Dovete dire come volete tutelare 20mila lavoratori. Il tempo è scaduto. Usciamo dal ricatto di Mittal, prendete 1,5 miliardi e investiteli sui lavoratori, mettendoli in sicurezza e tutelando la loro occupazione”. L’allarme dei sindacati è confermato dalla tensione palpabile fuori dai cancelli dell’acciaieria di Taranto, dove gli operai si sono riuniti in presidio durante l’incontro. “Ci portiamo avanti questo problema dal 2008. Siamo stanchi”, è il messaggio che rimbalza di bocca in bocca. “Con ArcelorMittal sembrava tutto sistemato ma dopo meno di due anni ci ritroviamo con gli stessi problemi, anzi le cose sono peggiorate. Lo stato d’animo? Stando a casa con 800 euro di cassa integrazione cosa dobbiamo dire? Hanno buttato la chiave e non stiamo lavorando più”.

Twitter: @andtundo

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